I nostri politici, il dolore, quello vero, lo lascino alle famiglie

Altri due militari italiani morti in Afghanistan. Del resto, secondo i dati ufficiali, dall'estate del 2009 ogni giorno vengono uccisi da uno a due soldati della coalizione internazionale, e non si vede perché ogni tanto non dovrebbe capitare agli italiani. E siccome i miracoli in guerra non accadono mai, è certo che ne moriranno altri, sino a che l'esercito resterà in Afghanistan. Ma è necessario? Inevitabile? Per uno Stato l'ineluttabilità della guerra dovrebbe verificarsi soltanto qualora sia minacciata la patria. Altrimenti si pongono problemi d'ordine etico. Anche se fosse vero, infatti, che la presenza dei nostri militari abbia lo scopo di difendere la democrazia di quel paese, viene fatto di chiedersi: lo Stato ha il diritto, sia pure per il più nobile degli scopi, di mettere a repentaglio la vita dei nostri giovani? Inoltre: nel caso in cui la presenza armata in altri paesi, esponga i cittadini al rischio d'attentati, lo Stato deve preoccuparsi del prossimo lontano, oppure di quello vicino? Infine: generosità ed altruismo dei nostri governati persisterebbero qualora si trattasse di andare personalmente a rischiare la pelle, o di mandarvi il proprio figlio? In ogni modo, giacché la morte di tanto in tanto di un soldato italiano è scontata, sarebbe forse il caso che ai funerali i nostri politici non mostrassero facce estremamente commosse, che non parlassero come sempre di “profondo dolore”. Il dolore, quello vero, lo lascino alle famiglie; ai genitori, alle mogli e ai figli. La facce afflitte bisogna farle prima, quando si decide di mettere a rischio la vita altrui.

Francesca Ribeiro

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