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LOCOMOTIVE E RESISTENZA

Con i loro scioperi e i loro sabotaggi i ferrovieri italiani aiutarono efficacemente i partigiani e gli Alleati a sbarazzarsi dei tedeschi invasori e dei fascisti, loro alleati e complici.

di Mario Aniasi (Fiap)

Il sistema ferroviario rappresenta una componente primaria nell’economia e nello sviluppo di un Paese. Esso consente non solo gli spostamenti della popolazione da un capo all’altro di una nazione, ma anche la possibilità di collegarsi con gli Stati confinanti attraverso i trafori alpini; ma ancor più importante degli spostamenti delle persone, in un Paese come l’Italia, povero di strade o con una orografia difficoltosa, assume una importanza vitale per la movimentazione delle merci.
Nonostante l’Italia, nel corso della Seconda Guerra mondiale, non fosse economicamente molto sviluppata, il traffico ferroviario era abbastanza intenso particolarmente nel Settentrione e soprattutto ancor più concentrato nella zona servita dal compartimento di Milano, in quanto qui era dislocata la maggior parte delle industrie.
In questo compartimento, che aveva competenza su tutta la Lombardia e sulla parte occidentale del Piemonte, erano occupati ben 20.000 ferrovieri di cui 13.000 nel solo capoluogo.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 e lo sbarco delle truppe alleate nel sud d’Italia con la conseguente occupazione da parte dei tedeschi di tutta l’Italia settentrionale, il traffico ferroviario invece di diminuire aumentò notevolmente nonostante la scarsità di materiale rotabile. Il trasporto delle truppe tedesche e dei loro materiali verso i fronti di combattimento, il vettovagliamento delle stesse fu la causa principale di questo incremento; a tutto questo va aggiunto anche il trasporto in Germania dei materiali depredati alle industrie italiane ed degli oppositori al regime deportati nei campi di concentramento. Lo stato maggiore tedesco, forte della esperienze maturate negli altri Paesi occupati, aveva costituito uno speciale corpo all’interno della Wermacht.
Prevedendo che sarebbero sorte difficoltà da parte dei ferrovieri italiani, tale corpo fu largamente utilizzato anche in Italia, ma nonostante questi rinforzi i tedeschi non poterono fare a meno di ricorrere anche all’aiuto dei ferrovieri italiani, sottoponendoli a rigidi controlli. Tutti i convogli erano scortati da militari tedeschi, scorta che veniva rinforzata sui treni di interesse strategico. Del controllo dei ferrovieri erano invece incaricati gli alleati fascisti i quali esercitarono questo lavoro con particolare zelo: tutto il personale, viaggiante e non, era tenuto sotto ferrea pressione con frequenti interrogatori; in caso di sospetti, i fascisti erano supportati anche da SS.
Nonostante tutto questo, il sentimento antifascista di gran parte del personale ferroviario aumentava sempre più, come del resto in tutta la popolazione italiana. Dopo un primo periodo di incertezza, i ferrovieri antifascisti, sotto la guida di coloro che erano già entrati nei vari partiti politici clandestini, incominciarono a organizzarsi, prima aderendo ai vari nuclei (Sap e Gap) e poi prendendo contatto con le formazioni partigiane più vicine. Successivamente, questa organizzazione migliorò con la costituzione dei Cln compartimentali e poi con il comando militare ferrovieri.
Naturalmente questo tipo di organizzazione prese corpo all’inizio del ’44, ma bisogna dire che già negli ultimi mesi del ’43 iniziarono azioni di sabotaggio portate a compimento in collegamento con ferrovieri che avevano raggiunto le formazioni partigiane in montagna. Queste prime azioni consistevano all’inizio essenzialmente nel nascondere militari italiani o renitenti alla leva per indirizzarli alle brigate territoriali o nel far circolare messaggi per i partigiani, oltre naturalmente a suggerire sabotaggi alle linee, fornendo indicazioni sui materiali trasportati, sul numero dei militari presenti sui convogli, sui tempi e i modi per intervenire al momento giusto.
I ferrovieri che erano saliti in montagna, inoltre, non mancavano di suggerire ai colleghi rimasti in servizio come era possibile effettuare i sabotaggi. Significativo al riguardo è il volantino diffuso dalla 45° brigata Garibaldi intitolato “Cosa fai compagno ferroviere?” nel quale si consigliavano diversi e semplici modi per boicottare i nazisti. Si andava dal grippaggio provocato delle ruote immettendo negli oli lubrificanti smeriglio o polvere di vetro, al danneggiamento delle locomotive a vapore mediante il surriscaldamento dei tubi e dei locomotori elettrici, bruciando gli indotti dei motori e azionando contemporaneamente avviamento e freni. Si mettevano però sull’avviso i compagni di lavoro sul fatto che queste azioni potevano essere facilmente scoperte: occorreva quindi la massima precauzione, vale a dire i guastatori dovevano essere persone disposte e pronte a darsi subito alla macchia. Invitati alla lotta e al sabotaggio, i ferrovieri passarono subito all’azione: i bollettini di servizio dei vari compartimenti, nei mesi successivi, riportavano numerosi inconvenienti al materiale rotabile e alla rete.
Lungo è l’elenco dei danni provocati dai sabotatori. Con l’aumentare delle azioni di disturbo, aumentò anche la repressione nazifascista che si trovava di fronte ad un dilemma: un’azione repressiva su vasta scala rischiava di sottrarre al servizio molti ferrovieri dei quali soprattutto i tedeschi avevano assoluta necessità: i trasporti, va ricordato erano già in crisi a causa dei bombardamenti alleati; non reprimere d’altra parte significava lasciare che la protesta si allargasse. Il dilemma fu risolto con una forte pressione sulle famiglie arrestando, torturando e deportando i ferrovieri che venivano ritenuti più pericolosi nonché aumentando che trasportavano carichi strategici.
Nel contempo si cercò di alimentare le latenti divergenze di opinione fra le varie componenti politiche dei Cln compartimentali attraverso infiltrati appositamente addestrati. Questo tentativo rischiava di frantumare l’unità fra tutte le forze antifasciste in campo. Per ovviare a questa disgregazione, i ferrovieri affiancarono all’azione politica quella sindacale e su questa ritrovarono l’unità.
Crearono il Sindacato ferrovieri italiani i cui messaggi venivano diffusi attraverso il giornale “Il Ferroviere”. Sotto la spinta del carovita e i generi alimentari che diventavano sempre più scarsi, furono creati comitati di agitazione, formate commissioni che chiedevano di essere ricevute dai dirigenti compartimentali per chiedere miglioramenti nella gestione della mensa, distribuzione di prodotti alimentari, aumenti salariali altre rivendicazioni. Questa nuova tattica consentì di preparare gli scioperi che furono numerosi e diffusi: grazie a questa massiccia partecipazione, gli scioperi divennero una efficace spina nel fianco degli invasori tedeschi e dei traditori fascisti. Scioperi furono organizzati nel compartimenti di Torino e Milano.
A Milano lo sciopero riuscì solo parzialmente in quanto gli scherani fascisti con interventi massicci sulle famiglie costrinsero a lavorare i 2/3 dei ferrovieri. Scioperi furono organizzati a Torino nel settembre ’44 per tagliare le comunicazioni ai tedeschi in ritirata dalla Francia. Lo sciopero del settembre, iniziato a Torino, si estese a diversi compartimenti con tempi e modalità diverse in modo: senza una programmazione precisa essi riuscirono a creare danni, disagi e disfunzioni in quanto era impossibile improvvisare servizi sostitutivi.
Contemporaneamente allo sciopero aumentarono i sabotaggi: a Torino fu lanciata una locomotiva nel vano girevole in modo da bloccarne l’uso per 10 giorni; con varie modalità furono messi fuori uso locomotive e locomotori, furono fatti saltare i binari, interrotte le linee telefoniche, lunghi tratti di linea ferroviaria rimasero inutilizzabili per lunghi periodi, come la linea di Alessandria.
Oltre agli scioperi, gravi disagi furono provocati dai bombardamenti alleati che miravano particolarmente ai ponti mentre i ferroviari e le formazioni partigiane intervenivano per ritardare o impedire la riparazione delle strutture sabotate o bombardate. Altre azioni furono compiute in collegamento con i partigiani. Ad esempio, quando i ferrovieri informarono i patigiani che numerosi vagoni nello scalo di Iselle, al confine italo-svizzero, non contenevano merci varie ma esplosivo che nelle intenzioni dei tedeschi doveva essere collocato nella galleria del Sempione allo scopo di far saltare in aria questa importante via di comunicazione fra Italia e nord Europa.
Il Cln e Garibaldini della Val d’Ossola passarono subito all’offensiva occupando la zona e scaricando a mano l’esplosivo che poi sparpagliarono nei campi facendo brillare. Uno sciopero generale ad oltranza fu poi proclamato in tutto il nord Italia nell’aprile ’45: anche se i ferrovieri non sapevano che sarebbe stata dichiarata l’insurrezione nazionale, obbedirono all’ordine di sciopero proclamato dal Clnai ostacolando la ritirata tedesca e favorendo la definitiva liberazione dagli invasori. Il movimento sindacale dei ferrovieri continuò la sua azione anche dopo la liberazione: lanciò uno sciopero quando il comando alleato tentò di imporre come capi dei compartimenti i dirigenti che avevano collaborato coi fascisti. Tali nomine furono revocate.

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