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Madonna della Scala, Patrona principale di Massafra, tra storia, devozione popolare, realtà  e leggenda

In Puglia, precisamente a Massafra (Ta), domenica 2 maggio si festeggia la Madonna della Scala, principale Patrona della città. Una festa che annualmente, e questo dal 1776, si svolge ogni prima domenica di maggio. E’ importante conoscerne la storia, la devozione popolare, la realtà e le leggende che hanno reso questa Madonna, detta della Scala, unica nel suo genere, e non solo perchè il suo Santuario si trova in una villaggio rupestre, ma anche perchè “soggiorna”, a periodi, in ben tre chiese diverse! Ma andiamo a scoprire il tutto.
Nel giorno della festa la statua lignea settecentesca della Madonna è portata in trionfo. Avviene subito dopo la Santa Messa celebrata dal Vescovo nel Santuario Madonna della Scala, nel quale vi si trova anche l’affresco di stile bizantino del XIII secolo della Vergine col Bambino.
Il Santuario, che invitiamo a visitare, sorge in mezzo ad un villaggio rupestre tra una fitta vegetazione nell’omonima gravina, detta anche “Valle delle Rose”, che una volta si raggiungeva a piedi partendo da Capo di Gravina, nei pressi della Madonna di tutte le Grazie, seguendo un sentiero, oggi detto “sentiero penitenziale” che i fedeli percorrono in parte in occasione dei ”Crugefisse” (i crocifissi) nei venerdì di marzo. Ai nostri giorni, invece, il Santuario si raggiunge con facilità con vari mezzi utilizzando la strada che da Massafra porta in direzione nord, verso Martina Franca. Non mancano, naturalmente, tanti fedeli che raggiungono a piedi il piazzale del Santuario la cui costruzione fu portata a termine nel 1721. Dal piazzale si diparte una scenografica scalinata di ben 125 gradini (la costruzione iniziò nel 1776 e terminò nel 1821) che porta sul sagrato, davanti alla facciata del Santuario. Proprio dal sagrato del Santuario parte la processione con la statua della Madonna della Scala che è da considerare un “simulacro processionale”. “Un simulacro, questo della Madonna della Scala (come dicono lo studioso archeologo prof. Roberto Caprara e l’ispettore onorario ai Beni archeologici avv. Giulio Mastrangelo), che è simile a tanti altri simulacri (come la statua della Madonna del Rosario, ad esempio) che sono stati fabbricati a Napoli fra il 1700 ed i primi decenni del 1800. Alla Madonna della Scala sono state aggiunte la scaletta e la cerva che vi si arrampica sopra. Ma perché viene chiamata “Madonna della Scala”? Le motivazioni sembrano diverse. Due sono le versioni che raccolgono più consensi: il sogno di Giacobbe come scritto nella Genesi (la Scala che dalla terra saliva al Cielo) e la lunga scalinata scavata nella roccia della gravina per raggiungere il Santuario (il nome di Madonna della Scala lo aveva già l’affresco di stile bizantino). Numerosi i fedeli che seguono la statua portata a spalla da decine e decine di portatori, detti “muschieri”, come ha scritto Espedito Jacovelli nel suo volume del 1963 “S. Maria della Scala”, ristampato a cura del Comitato Festa Patronale Madonna della Scala e dell’Archeogruppo “Espedito Jacovelli, che annualmente hanno dato vita ad una raccolta d’opere sul culto, sulle leggende e sulle tradizioni fiorite intorno alla Madonna della Scala. Ricordiamo gli introvabili scritti “Pel centenario della Madonna della Scala di Massafra 1876” (panegirico recitato il 14 maggio 1876 dal massafrese sac. don Cosimo Giannotta nella Chiesa Collegiata di Massafra nell’ottava della Festa Centenaria della Madonna della Scala con correzioni e aggiunte di Portararo); il “Carme” del poeta Giuseppe Nardone (pubblicato a cura del Municipio nel maggio 1876 presso la Tipografia Salvatore Latronico e figlio di Taranto); una cronaca dell’800 sulla “Festa della Madonna della Scala” dell’inglese Janet Ross (tratta dalla sua opera “La terra di Manfredi” pubblicata a Londra nel 1887); “La Municipalità di un Rito” dell’avv. Vincenzo Gallo (stampato nel 1909 dalla Tipografia Martinelli & Copeta di Taranto); la ristampa anastatica di “S. Maria della Scala di Massafra” di Espedito Jacovelli (nel 1963 stampato dalla tipografia dei F.lli Di Lorenzo di Massafra), il volume inedito di Giulio Mastrangelo “La Vergine, la cerva e la scala”, “Il segreto delle Cerve” di Antonio Dellisanti e, quest’anno, in distribuzione gratuita la pubblicazione di 60 pagine con tante notizie sui solenni festeggiamenti della Madonna della Scala e con al centro la ristampa del saggio “La Chiesa e il Monastero delle Benedettine di Massafra” di Espedito Iacovelli, a cura di Giulio Mastangelo, con premessa della riedizione di Roberto Caprara (stampato presso la tipografia Piccolo di Cristiano a cura del Comitato Festa Patronale e dell’Archeogruppo “E. Jacovelli”.
A parlare della Madonna della Scala, del Santuario, del villaggio rupestre e delle grotte farmacia e del monastero, tra storia, tradizione e leggende, oltre ai nomi già citati, da ricordare Cosimo Damiano Fonseca, Roberto Caprara, padre Luigi Abatangelo, don Paolo Ladiana, Paolo Catucci, Gianni Jacovelli, Franco Dell’Aquila, Fernando Ladiana, Antonio Conforti. Come si svolge la processione? Annualmente, partendo dal Santuario, si snoda fino a portarsi all’imbocco di via del Santuario, arrivando all’incrocio con viale Marconi e via Vittorio Veneto, ove avviene l’atteso rito della “Consegna delle chiavi della Città” alla Protettrice. Il sindaco (dott. Martino Tamburrano) affida alla Madonna le “Chiavi della Città” in segno di sudditanza, Il vescovo (mons. Pietro Maria Fragnelli), invece, invoca la sua protezione ed il suo amore.
Alla Madonna della Scala sono legate diverse leggende. Tra queste quella delle cerve, che troviamo anche ai lati dell’altare maggiore nel Santuario ed una cerva anche in atto di arrampicarsi sulla scaletta posta accanto alla statua della Madonna. La leggenda è raccontata in diverse versioni. Una è quella data dallo scrittore massafrese Giuseppe Portararo (nato nel 1859 e morto nel 1947). Questi parla del terremoto del 324 d. C. e del ritrovamento dell’affresco di Santa Maria Prisca grazie ad “alcune cerve che si davano convegno in ginocchio, ogni sabato, davanti ad esso”. Altri scrittori, invece, hanno messo in evidenza scene di caccia. Alcuni cacciatori, inseguendo delle cerve, le videro fermarsi ed inginocchiarsi sopra un sasso. Questo fatto fu riferito al Protonotabile Gustavo, paciere del paese, che il 1° maggio 418 ordinò lo scavo e lo sgombero delle macerie. Venne alla luce l’affresco della Vergine che già si venerava nei primi secoli del cristianesimo. L’immagine era rimasta sepolta per diversi secoli. Il suo antico nome di Santa Maria Prisca, venne poi sostituito con quello di Santa Maria della Cerva e, infine, in quello di Madonna della Scala.
All’inizio il Santuario era una chiesa campestre che nel 1509 venne dotata di una campana, benedetta da mons. Giacomo Michele, vescovo di Mottola, da cui dipendeva Massafra. In seguito, aumentando sempre più il numero dei devoti, il santuario venne costruito, ampliato, tra il 1729 ed il 1731, su progetto dell’ing. Ignazio Scarcia di Taranto. E’ a pianta quadrata e l’interno è articolato in tre navate divise da quattro massicci pilastri, transetto e vano rettangolare di fondo con funzione di abside. Strettamente connessa con il Santuario Madonna della Scala è la chiesa rupestre dedicata alla Madonna della Buona Nuova, che è stata parzialmente demolita agli inizi del 1800, in occasione dell’ampliamento del sagrato del Santuario. Al di sotto, si trova la chiesa rupestre inferiore di Madonna della Scala di due ambienti originariamente distinti: uno doveva essere in origine una abitazione, mentre l’altro spazio una cripta-pozzo con accesso dall’alto, costituito da due vani, in uno dei quali si trovava l’originario affresco di Santa Maria Prisca, sul quale in epoca più tardi fu affrescata la Madonna che attualmente si vede (asportata probabilmente già nel XIV secolo) sull’altare maggiore del Santuario sovrastante. La storia continua con il “Miracolo della pioggia”. A metà della scalinata, che porta al Santuario, si può leggere in una lapide il “Miracolo della pioggia” avvenuto nel 1889. La primavera di quell’anno (come ha scritto lo storico prof. Paolo Catucci) è stata la stagione più avara d’acqua per Massafra. I fedeli organizzarono allora una processione penitenziale (invocando il miracolo della pioggia). La processione, partita dalla chiesa parrocchiale di Santa Maria (dietro alla Croce, portata a turno dai sacerdoti, una folla immensa alternava tra voti e invocazioni, preghiere e canti), giunse al Santuario, ove venne celebrata una Santa Messa propiziatrice, celebrata nel Santuario, mentre i fedeli ritornavano verso casa, giunse la benefica pioggia. A ricordo di questo miracolo, questa lapide sulla quale si legge (parole dettate allora dal can. Giuseppe Madaro): “A perpetua ricordanza della pioggia da lunga pezza desiderata e indi caduta sulle riarse campagne come manna benefica a dissipare il timore di una spaventevole carestia quando un’immensa massa di popolo nel dì 5 e 6 aprile con cuore contrito e con fede vivissima in questo tempio si raccolse per impetrare la grazia dell’Augusta sua Protettrice Maria SS. della Scala i cittadini con animo grato e devoto questa lapide posero”.
Siamo nel 2010 e ricorre il 52° anniversario d’istituzione diocesana del Santuario della Madonna della Scala.
Ogni anno nel mese di aprile (il primo giorno della novena), si svolge la traslazione della statua della Madonna della Scala dalla Chiesa di S. Benedetto al Santuario, Da qui esce in processione la prima domenica di maggio, proprio il giorno della sua festa. Per gli “spostamenti” del Suo simulacro, sono tanti coloro che indicano la Madonna della Scala anche come la “Madonna delle tre chiese”, ovvero “La Madonna in cammino”. La sua “statua processionale” nel corso dell’anno passa, infatti, dal Santuario alla Chiesa di San Benedetto ed a quella di San Lorenzo Martire. Nel giorno della festa la processione si conclude in questa chiesa, nella quale la Madonna rimane esposta alla venerazione del popolo massafrese fino ai primi di giugno (quest’anno fino al 13 giugno) quando, dopo la messa vespertina, sarà riportata in processione nella Chiesa di S. Benedetto (vi rimarrà fino ai primi di febbraio, cioè fino ad una decina di giorni prima del 20 febbraio) per poi far ritorno nella Chiesa di San Lorenzo per festeggiare con un novenario il Patrocinio di Maria.
Alla fine del mese di marzo viene riportata in processione nella Chiesa di S. Benedetto, ove è stata appunto custodita, chiusa nella sua custodia (un cassettone-armadio cosiddetto “stipone”, chiuso con due serrature). In seguito viene portata a spalla dai maestri muratori nel Santuario e, tirata fuori, viene innalzata e posizionata sul trono già predisposto sulla sinistra (guardando dall’ingresso) dell’altare con ai lati le due cerve ed al centro, sulla parete, l’affresco della Vergine col Bambino.
Potrebbe sembrare una leggenda, ma è realtà. Parliamo del “cuonzo” ” (il concio, ovvero pasto sacro), distribuito ai fedeli nel corso della novena. A prepararlo, quest’anno, la signora Caterina Bianco Antonacci con il grano donato dallo stabilimento di Altamura della Barilla S.p.A.. Una tradizione secolare. Si racconta (lo hanno scritto Vincenzo Gallo e Espedito Jacovelli, tra gli altri) che in occasione della festa giungevano due cerve, madre e figlia. Se ne stavano genuflesse e alla vista dei fedeli che plaudivano il prodigio, la cerva adulta si precipitava nel burrone (la minore tornava indietro) e le sue carni, cotte, “crescevano miracolosamente e bastavano a satollare migliaia di persone”. Questo fin quando i sacerdoti del tempo, chiamati Varva, per limitare la ressa dei devoti e per trarre un mezzo di profitto, non posero in vendita i pezzettini della carne della cerva. Da allora le cerve non apparvero più. In seguito il “cuonzo” venne preparato con ceci e chicchi di grano lessi e semi di finocchio. Una tradizione nel tempo interrotta. Dal 2000 è stata ripresa dall’attuale Comitato organizzatore dei festeggiamenti che tra i suoi obiettivi ha anche quello della carità e quello della cultura. Il Comitato è composto dagli assistenti ecclesiastici don Sario Chiarelli (arciprete parroco di San Loreneo Martire) e padre Luca Scuttari (rettore del Santuario Madonna della Scala); da un consiglio direttivo con presidente Pinuccio Palmisano (per il 2010), presidenti vicari Giulio Mastrangelo e Fernando Scarcia; tesoriere Salvatore Scarano. Consiglieri: Candido Dellisanti, Mina Giannotta, Giovanni La Manna, Angelica Pascadopoli e Franco Tinelli. Collaboratori: Alessandro Caponio, Nicola Gioia, Giuseppe Masiello, Antonio Medros, Michele Ranieri, Giuseppe Ricci e Pasquale Tirone. A collaborare gentilmente per il 2010 con il Comitato organizzatore (che ringrazia pubblicamente) il dott. Giovanni Florido (presidente della Provincia), l’avv. Vito Miccolis (assessore provinciale al Lavoro), il dott. Emanuele Fisicaro (vice presidente della Provincia), il prof. Carmine Montemurro (consigliere provinciale), Gaetano Castiglia (consigliere provinciale), il dott. Martino Taburrano (sindaco di Massafra e consigliere provinciale), la Giunta e il Consiglio Comunale di Massafra; il Cap. Lorenzo Ceccarelli, il cap. Domenico Caradonna e i Carabinieri di Massafra; il cap. Giovanni Ferretti e il Corpo di Polizia Municipale di Massafra: il mar. Antonio Petrocca della Stazione dei Carabinieri di Massafra; il Corpo dei Vigili Campestri; il dott. Michele Grippa; il dott. Francesco Resta, gli Agenti dell’Istituto di Vigilanza di Massafra, il Servizio Emergenza Radio, Tele Sud Massafra e, tra gli altri, i giornalisti Nino Bellinvia, Debora Piccolo e Francesca Piccolo.

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