ALBA O TRAMONTO DELLA SINISTRA ITALIANA?

Se i cittadini preferiscono non votare, significa che Sinistra e Centrosinistra non sono in grado di esprimere una proposta politica credibile. La responsabilità maggiore del disastro è del PD, ma ora da sinistra tutti, nessuno escluso, dobbiamo dare una spinta all’uscita dalla crisi del PD. Servono identità forti e precisi orizzonti transnazionali anche per contrastare il localismo della Lega e il provincialismo berlusconiano.

di Felice Besostri

Le elezioni regionali sono state un disastro per il centro-sinistra e la sinistra italiana: bisogna chiamare le cose con il loro nome.
Non si può pretendere trasparenza e verità dalla Chiesa Cattolica per i preti molestatori, nemici dell’infanzia, e non dire la verità per quanto riguarda la nostra parte. Bisogna invece avere il coraggio di dire le cose come stanno: senza fronzoli e facendo se necessario pubblica ammenda per gli errori commessi.
L’esito delle elezioni è che che le destre, oggi, governano la maggioranza delle regioni, con più dei 2/3 della popolazione e poco meno dei 2/3 PIL.
Solo nel Nord, che nelle statistiche economiche nazionali comprende l’Emilia Romagna, si produce oltre il 54% del PIL, e più del 70% nelle regioni governate dalla destra. L’affermazione della Lega in Veneto e Piemonte e il suo contributo decisivo per la vittoria in Lombardia creano, per la prima volta le condizioni – grazie al federalismo fiscale e all’art. 117 penultimo. comma Cost. – di una separazione, funzionale prima e politico-istituzionale poi, dell’Italia settentrionale.
La responsabilità maggiore del disastro è del PD : per la mancanza di un chiaro profilo politico (di cui sono evidente controprova le valanghe di voti persi rispetto al 2008 e al 2009) e per le lotte interne di potere: lotte che in due casi almeno, Piemonte e Mantova, sono state determinanti per la sconfitta.
Ma se Sparta piange, Atene non ride, perché, oltre al PD, esce a pezzi anche la Sinistra, in tutte le sue articolazioni, da quella riformista a quella antagonista. A parte il caso della Puglia, infatti, SEL, Verdi e PSI non recuperano in voti assoluti il consenso di Sinistra e Libertà nelle Europee del 2009. La Federazione della Sinistra non decolla: è una Rifondazione più piccola, come il PSI è uno SDI in formato ridotto. Preoccupante e significativa è stata la mancanza di reazione alla sconfitta nei ballottaggi successivi al primo turno delle comunali. Sarebbe stato normale uno scatto di orgoglio e un desiderio di rivincita: le astensioni sono, al contrario, ulteriormente aumentate.
Sembra chiaro che è pura ipocrisia parlare di disaffezione degli elettori di Sinistra e di Centrosinistra. Si tratta di qualcosa di più grave: una volontà punitiva verso i gruppi dirigenti di tutti i partiti. In alcuni casi, per vero dire ancora minoritari, ma tendenzialmente in crescita, la punizione si è anche tradotta in trasmigrazione verso altri partiti o movimenti, dall’IdV al Movimento Cinque Stelle (cioè i “grilllini”), come pure in passaggi di campo, in primo luogo verso la Lega Nord. Principalmente però lo scontento dei cittadini si è espresso, finora, nelle forma del non voto.
La cosa non è peraltro meno preoccupante. Perché se i cittadini preferiscono non votare, pur in presenza di un quadro generale di grande incertezza e di un Paese malgovernato, significa che la Sinistra ed il Centrosinistra non sono evidentemente in grado di esprimere una proposta politica credibile e convincente.
Non facciamoci illusioni infatti: in un paese politicamente instabile e democraticamente fragile come l’Italia in una situazione di crisi economica e di crescente disoccupazione e in assenza di speranze nel futuro proprio e dei propri figli e nipoti, il dato dell’astensione elettorale costituisce un dato di cui occorre tenere conto. La politica non appare la forza capace di trovare soluzioni e spesso è considerata come una “società civile” a parte, denominata con disprezzo “la Casta”: basterebbe fare il conto del costo sociale dell’apparato politico.
Le prospettive di ascesa sociale si sono drasticamente ridotte, anche per lo stato dell’istruzione pubblica a tutti i livelli, Università compresa. Un impoverimento reale o percepito come imminente colpisce anche, per la prima volta nel secondo dopoguerra, ampi settori della classe media. Piccoli imprenditori, artigiani, commercianti, liberi professionisti e milioni di partite IVA sono stati pesantemente colpiti dalla crisi e da una pressione fiscale insopportabile, malgrado i margini dell’evasione: milioni di nuclei familiari hanno raggiunto pensionati e lavoratori dipendenti, come vittime di un fisco iniquo, che privilegia rendite e guadagni finanziari. Ci sono milioni di cittadini delusi dal Governo, che ha tutelato banche e grandi imprese, ma che a Sinistra non trovano risposte, anzi residui di antiche ostilità, come fossero affamatori del popolo, inveterati evasori o nel migliore dei casi piccoli borghesi da niente. Quando sono al potere, ministri, governatori, sindaci e assessori e nomenklatura di partito preferiscono frequentare finanzieri e costruttori con il contorno di editori, direttori e giornalisti: nell’illusione di essere moderni e apprezzati, mentre sono semplicemente utilizzati per i propri interessi dalla razza padrona vecchia o nuova che sia, ivi compresi, a volte, anche veri propri avventurieri, che siano i “capitani coraggiosi” (della privatizzazione di Telecom) o i “furbetti del quartierino” (delle scalate bancarie ed editoriali).
Chi dispone di auto di servizio non sa come si viaggia nei trasporti pubblici urbani o nei treni dei pendolari. Chi mangia al ristorante a spese della collettività non ha percezione dell’aumento del costo della vita, che colpisce i consumatori ed il piccolo commercio.
Non ci si deve meravigliare se settori popolari consistenti, lasciati a se stessi, vittime di beceri modelli televisivi, senza prospettive di miglioramento o di riscatto e con un basso grado di istruzione, sviluppino pulsioni xenofobe e securitarie: il diverso, l’immigrato regolare o clandestino, viene percepito come la causa di tutti i mali della società, e tutti costoro diventano quindi capri espiatori ideali per scaricare le frustrazioni e l'impotenza a governare il proprio destino.
A fronte del disastro si è negativamente impressionati dalle minimizzazioni del PD, ma anche dalle vanterie dei partiti a sinistra del Partito Democratico (Socialisti compresi) per la propria presunta sopravvivenza qua e là nelle regioni italiane (o nei comuni di medie dimensioni): non in tutte, peraltro, perché nel Nord del Paese, dal Piemonte al Veneto, la Sinistra è semplicemente scomparsa e un consigliere regionale (di SEL) in Lombardia è come una rondine, che non fa primavera. In questa sorta di ipocrita rito autoconsolotario si contano del resto i consiglieri senza distinzione tra eletti e nominati, senza considerare, con ciò, che i candidati in liste bloccate o nei listini del presidente (per quanto persone in sé rispettabilissime) non sono un segno di radicamento sociale e territoriale, ma solo di abilità contrattuale. Oppure si pretende di presentare come un successo i 14 consiglieri regionali socialisti, senza considerare che sono stati eletti o nominati sotto sigle e in combinazioni diverse, e che quindi non sono l’espressione di una posizione politica chiara e condivisa del PSI.
Naturalmente ci si deve rallegrare per queste presenze nelle istituzioni, e si deve sperare in loro, affinché non si omologhino agli stili di una classe politica discreditata e possano essere uno dei nuclei della ripresa socialista.
E’ chiaro, però, che occorre mettere in campo una proposta politica più credibile e seria. La sinistra deve dare un segnale forte di riaggregazione e di rinnovamento, anche per dare una spinta in positivo all’uscita dalla crisi organizzativa e politico-ideologica del PD. Servono identità forti e precisi orizzonti transnazionali anche per contrastare il localismo della Lega e il provincialismo berlusconiano. Il primo nemico da battere è l'autoreferenzialità, con l’idea che il primo (o l’unico) aspetto da tutelare siano gli interessi di un singolo partito o del suo gruppo dirigente. Lo sforzo deve essere, invece, quello di realizzare una Sinistra nuova, plurale, e, possibilmente, unita. Un tempo era il “lavoro” la base sociale spontanea delle adesioni alla sinistra. Oggi occorre proporre una morale pubblica che contrasti l’individualismo sfrenato e distruttivo del nostro tempo. Per questo occorre un volontarismo politico esemplare: senza una nuova immagine della politica e dei politici non ci sarà la necessaria credibilità per ricostituire una base sociale della sinistra, incorporando salvaguardia ambientale, estensione dei diritti umani e di cittadinanza, perequazione sociale e nuove forme di intervento pubblico nell’economia nei “lavori”.
Occorre per questo che a Sinistra si apra un confronto serrato: in cui non ci siano esclusioni a priori, ma, eventualmente, solo auto esclusioni.
In questo processo i Socialisti, che sono un insieme più vasto ed articolato dei soli iscritti al PSI, potranno avere un ruolo importante se lo vorranno giocare. Essi sono infatti i portatori di una cultura politica che per quanto minoritaria nella Sinistra italiana, è certamente maggioritaria in Europa, ed è quindi una cultura politica in grado di dare un respiro e una dimensione europea a una Sinistra in crisi e in difficoltà.
Le sorti del PSI non sono separabili da quelle della Sinistra nel suo complesso, come quelle della Sinistra, se vuole avere un futuro, non potranno prescindere da una forte, riconosciuta ed accettata componente socialista. Non è un caso, né tanto meno il frutto di un destino cinico e baro, se in nessun altro paese d’Europa si ritrova una Sinistra debole come quella italiana: perché in Italia si è evidentemente pensato di realizzare ed aggregare la Sinistra senza fare i conti, anche, con la cultura, la storia e i principi del Socialismo democratico e libertario, oltre che innestare sul corpo della Sinistra tradizionale, socialista e comunista, l'ambientalismo, il femminismo e i diritti civili di nuova generazione. Il processo di ricomposizione della Sinistra italiana dovrà invece necessariamente coinvolgere tutte le sue sensibilità e tutte le sue storie, nessuna esclusa (se non il settarismo). E proprio per questo si impone con la massima urgenza una riscoperta e una rivalutazione del Socialismo democratico, più che riabilitazioni postume di questo o quel personaggio socialista. I socialisti devono contribuire in prima persona alla rivalutazione del socialismo definendo chi sono, cosa vogliono, quali fini perseguono e attraverso quali programmi. Il PSI ha indetto il suo Congresso per il prossimo luglio: è quella l’occasione per fare un congresso dei Socialisti e non dei soli iscritti al PSI.
Le elezioni regionali sono state un disastro per il centro-sinistra e la sinistra italiana: bisogna chiamare le cose con il loro nome.
Non si può pretendere trasparenza e verità dalla Chiesa Cattolica per i preti molestatori, nemici dell’infanzia, e non dire la verità per quanto riguarda la nostra parte. Bisogna invece avere il coraggio di dire le cose come stanno: senza fronzoli e facendo se necessario pubblica ammenda per gli errori commessi.
L’esito delle elezioni è che le destre, oggi, governano la maggioranza delle regioni, con più dei 2/3 della popolazione e poco meno dei 2/3 PIL.
Solo nel Nord, che nelle statistiche economiche nazionali comprende l’Emilia Romagna, si produce oltre il 54% del PIL, e più del 70% nelle regioni governate dalla destra. L’affermazione della Lega in Veneto e Piemonte e il suo contributo decisivo per la vittoria in Lombardia creano, per la prima volta le condizioni – grazie al federalismo fiscale e all’art.117 penultimo. comma Cost. – di una separazione, funzionale prima e politico-istituzionale poi, dell’Italia settentrionale.
La responsabilità maggiore del disastro è del PD : per la mancanza di un chiaro profilo politico (di cui sono evidente controprova le valanghe di voti persi rispetto al 2008 e al 2009) e per le lotte interne di potere: lotte che in due casi almeno, Piemonte e Mantova, sono state determinanti per la sconfitta.
Ma se Sparta piange, Atene non ride, perché, oltre al PD, esce a pezzi anche la Sinistra, in tutte le sue articolazioni, da quella riformista a quella antagonista. A parte il caso della Puglia, infatti, SEL, Verdi e PSI non recuperano in voti assoluti il consenso di Sinistra e Libertà nelle Europee del 2009. La Federazione della Sinistra non decolla: è una Rifondazione più piccola, come il PSI è uno SDI in formato ridotto.
Preoccupante e significativa è stata la mancanza di reazione alla sconfitta nei ballottaggi successivi al primo turno delle comunali. Sarebbe stato normale uno scatto di orgoglio e un desiderio di rivincita: le astensioni sono, al contrario, ulteriormente aumentate.
Sembra chiaro che è pura ipocrisia parlare di disaffezione degli elettori di Sinistra e di Centrosinistra. Si tratta di qualcosa di più grave: una volontà punitiva verso i gruppi dirigenti di tutti i partiti. In alcuni casi, per vero dire ancora minoritari, ma tendenzialmente in crescita, la punizione si è anche tradotta in trasmigrazione verso altri partiti o movimenti, dall’IdV al Movimento Cinque Stelle (cioè i “grilllini”), come pure in passaggi di campo, in primo luogo verso la Lega Nord. Principalmente però lo scontento dei cittadini si è espresso, finora, nelle forma del non voto.
La cosa non è peraltro meno preoccupante. Perché se i cittadini preferiscono non votare, pur in presenza di un quadro generale di grande incertezza e di un Paese malgovernato, significa che la Sinistra ed il Centrosinistra non sono evidentemente in grado di esprimere una proposta politica credibile e convincente.
Non facciamoci illusioni infatti: in un paese politicamente instabile e democraticamente fragile come l’Italia in una situazione di crisi economica e di crescente disoccupazione e in assenza di speranze nel futuro proprio e dei propri figli e nipoti, il dato dell’astensione elettorale costituisce un dato di cui occorre tenere conto. La politica non appare la forza capace di trovare soluzioni e spesso è considerata come una “società civile” a parte, denominata con disprezzo “la Casta”: basterebbe fare il conto del costo sociale dell’apparato politico.
Le prospettive di ascesa sociale si sono drasticamente ridotte, anche per lo stato dell’istruzione pubblica a tutti i livelli, Università compresa. Un impoverimento reale o percepito come imminente colpisce anche, per la prima volta nel secondo dopoguerra, ampi settori della classe media. Piccoli imprenditori, artigiani, commercianti,liberi professionisti e milioni di partite IVA sono stati pesantemente colpiti dalla crisi e da una pressione fiscale insopportabile, malgrado i margini dell’evasione: milioni di nuclei familiari hanno raggiunto pensionati e lavoratori dipendenti, come vittime di un fisco iniquo, che privilegia rendite e guadagni finanziari. Ci sono milioni di cittadini delusi dal Governo, che ha tutelato banche e grandi imprese, ma che a Sinistra non trovano risposte, anzi residui di antiche ostilità, come fossero affamatori del popolo, inveterati evasori o nel migliore dei casi piccoli borghesi da niente. Quando sono al potere, ministri, governatori, sindaci e assessori e nomenklatura di partito preferiscono frequentare finanzieri e costruttori con il contorno di editori, direttori e giornalisti: nell’illusione di essere moderni e apprezzati, mentre sono semplicemente utilizzati per i propri interessi dalla razza padrona vecchia o nuova che sia, ivi compresi, a volte, anche veri propri avventurieri, che siano i “capitani coraggiosi” (della privatizzazione di Telecom) o i “furbetti del quartierino” (delle scalate bancarie ed editoriali).
Chi dispone di auto di servizio non sa come si viaggia nei trasporti pubblici urbani o nei treni dei pendolari. Chi mangia al ristorante a spese della collettività non ha percezione dell’aumento del costo della vita, che colpisce i consumatori ed il piccolo commercio.
Non ci si deve meravigliare se settori popolari consistenti, lasciati a se stessi, vittime di beceri modelli televisivi, senza prospettive di miglioramento o di riscatto e con un basso grado di istruzione, sviluppino pulsioni xenofobe e securitarie: il diverso, l’immigrato regolare o clandestino, viene percepito come la causa di tutti i mali della società, e tutti costoro diventano quindi capri espiatori ideali per scaricare le frustrazioni e l'impotenza a governare il proprio destino.
A fronte del disastro si è negativamente impressionati dalle minimizzazioni del PD, ma anche dalle vanterie dei partiti a sinistra del Partito Democratico (Socialisti compresi) per la propria presunta sopravvivenza qua e là nelle regioni italiane (o nei comuni di medie dimensioni): non in tutte, peraltro, perché nel Nord del Paese, dal Piemonte al Veneto, la Sinistra è semplicemente scomparsa e un consigliere regionale (di SEL) in Lombardia è come una rondine, che non fa primavera. In questa sorta di ipocrita rito autoconsolotario si contano del resto i consiglieri senza distinzione tra eletti e nominati, senza considerare, con ciò, che i candidati in liste bloccate o nei listini del presidente (per quanto persone in sé rispettabilissime) non sono un segno di radicamento sociale e territoriale, ma solo di abilità contrattuale. Oppure si pretende di presentare come un successo i 14 consiglieri regionali socialisti, senza considerare che sono stati eletti o nominati sotto sigle e in combinazioni diverse, e che quindi non sono l’espressione di una posizione politica chiara e condivisa del PSI.
Naturalmente ci si deve rallegrare per queste presenze nelle istituzioni, e si deve sperare in loro, affinché non si omologhino agli stili di una classe politica discreditata e possano essere uno dei nuclei della ripresa socialista.
E’ chiaro, però, che occorre mettere in campo una proposta politica più credibile e seria. La sinistra deve dare un segnale forte di riaggregazione e di rinnovamento, anche per dare una spinta in positivo all’uscita dalla crisi organizzativa e politico-ideologica del PD. Servono identità forti e precisi orizzonti transnazionali anche per contrastare il localismo della Lega e il provincialismo berlusconiano.
Il primo nemico da battere è l'autoreferenzialità, con l’idea che il primo (o l’unico) aspetto da tutelare siano gli interessi di un singolo partito o del suo gruppo dirigente. Lo sforzo deve essere, invece, quello di realizzare una Sinistra nuova, plurale, e, possibilmente, unita. Un tempo era il “lavoro” la base sociale spontanea delle adesioni alla sinistra. Oggi occorre proporre una morale pubblica che contrasti l’individualismo sfrenato e distruttivo del nostro tempo. Per questo occorre un volontarismo politico esemplare: senza una nuova immagine della politica e dei politici non ci sarà la necessaria credibilità per ricostituire una base sociale della sinistra, incorporando salvaguardia ambientale, estensione dei diritti umani e di cittadinanza, perequazione sociale e nuove forme di intervento pubblico nell’economia nei “lavori”.
Occorre per questo che a Sinistra si apra un confronto serrato: in cui non ci siano esclusioni a priori, ma, eventualmente, solo auto esclusioni.
In questo processo i socialisti, che sono un insieme più vasto ed articolato dei soli iscritti al PSI, potranno avere un ruolo importante se lo vorranno giocare. Essi sono infatti i portatori di una cultura politica che per quanto minoritaria nella Sinistra italiana, è certamente maggioritaria in Europa, ed è quindi una cultura politica in grado di dare un respiro e una dimensione europea a una Sinistra in crisi e in difficoltà.
E' importante che sorga una nuova Sinistra, larga, aperta e plurale di cui il Socialismo italiano torni davvero ad essere, per scelta esplicita ed irrevocabile, una fondamentale parte costituente e costitutiva.

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