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La mafia è una montagna di merda

“Mio padre, la mia famiglia, il mio paese! Io voglio fottermene! Io voglio scrivere che la mafia è una montagna di merda! Io voglio urlare che mio padre è un leccaculo! Noi ci dobbiamo ribellare prima che sia troppo tardi! Prima di abituarci alle loro facce! Prima di non accorgerci più di niente!”
Peppino Impastato, dal film “I cento passi”, giornalista nato a Cinisi, provincia di Palermo il 5 gennaio 1948, ucciso dalla mafia per ciò che denunciava con la sua parola, ucciso nella notte tra l'8 e il 9 maggio 1978.

“ Mafia, ndrangheta e camorra: in Italia è in corso un conflitto silenzioso e inarrestabile proprio perchè silenzioso”.
Giancarlo Siani, una vittima dimenticata della camorra, non era un giornalista-impiegato, era un giornalista-giornalista, innamorato della verità e della funzione della notizia che ne deriva: informare la gente su ciò che non va, così da sapere dove sta “il male” e come si organizza.
Assassinato dalla camorra a soli 26 anni, perchè le sue parole erano roventi.
Dal film “Fortapàsc”

Le critiche di Berlusconi a Saviano, ai suoi scritti, e a quelli che come lui osano parlare di mafia, responsabili secondo il Premier, di dare “supporto promozionale” alle cosche mafiose, sono tendenziose, furbescamente ostentate per tentare di screditare chi come Roberto Saviano scrive di mafia. Il presidente del consiglio ha dichiarato in conferenza stampa, che il libro Gomorra è responsabile di “supporto promozionale alle cosche”.
Accusa che sa di ipocrisia, l'ipocrisia e l'arroganza di un presidente irresponsabile, che ha dichiarato in passato che “con la mafia bisogna imparare a convivere”, che torcerebbe il collo ai giornalisti che scrivono di mafia, cosa che a quanto pare gli dà tanto fastidio. Forse perchè frequenta uomini d'onore come Dell'Utri, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, nonché parlamentare del Pdl.
Tempi duri questi per la parola “libertà”, che sfruttata e bistrattata dal Presidente del Consiglio, ora ci tocca sentirla anche da sua figlia Marina, nonché presidente del gruppo Mondadori. Definirei stucchevole la veemenza con cui la discendente del grande statista difende la concezione alquanto eccentrica che egli ha dimostrato più volte di avere nei confronti della libertà, forse la signora Marina Berlusconi dimentica che è proprio suo padre il primo censore delle trasmissioni che ritiene scomode, perchè scomode sono le cose che vengono dette, e che potrebbero compromettere la sua immagine. E che non ci venga a raccontare la signora, che il papà democratico e indifeso, ha solo espresso una “critica”, che non voleva certo screditare Saviano, perchè noi italiani, non siamo tutti imbambolati dal suo sofismo e dal ritornello che “lui” poveretto, è perseguitato da giudici, magistrati, giornalisti maldicenti e comunisti vari. Una buona percentuale degli italiani vuole sapere, vuole leggere e informarsi, purtroppo …. penserà Berlusconi, e non ha bisogno di qualcuno che gli dica cosa è leggenda, cosa è promozionale alla mafia, e cosa non lo è.
Poiché queste eresie vengono dette da un uomo che ricopre un ruolo istituzionale, è oltremodo inaccettabile ciò che dice, ed è altrettanto inaccettabile che sua figlia definisca le sue parole “diritto di critica”. Questo in un paese dove i messaggi intimidatori ai giornalisti che scrivono di mafia, sono sempre più frequenti, si pensi che in Calabria in un mese si è arrivati fino a cinque minacce di morte al giornalista Giuseppe Baldessarro, cronista del “Quotidiano della Calabria”, nonché corrispondente di Repubblica che segue da vicino fatti di cronaca giudiziaria in Calabria. Altre minacce sono state rivolte a un suo collega del “Quotidiano di Calabria” della redazione di Siderno, con tanto di auto incendiata anche per Antonino Monteleone, blogger e collaboratore del quotidiano online locale Strilli.it, e per una giornalista di una agenzia di stampa di una testata locale. Non possiamo certo dimenticare l'aria che tira a Reggio Calabria da gennaio, quando è stato piazzato un ordigno davanti alla Procura generale.
Il non tacere è doveroso, oltre che deontologico, perchè è nell'ordine delle cose che giornalisti e scrittori denuncino i fatti. Si, perchè di fatti si tratta signor Presidente, fatti scomodi e innegabili, che certamente alle mafie farebbe molto piacere tenere nascosti, ed è proprio grazie al coraggio e alla professionalità degli scriventi che l'opinione pubblica ha la possibilità di farsi un'opinione su come stanno veramente le cose in questo paese gattopardescamente immobile, dove l'escalation di intimidazioni contro giornalisti e magistrati è indicativo di quanto il silenzio sia prezioso per il mantenimento del potere criminale delle mafie, le quali alzano il livello dello scontro proprio contro coloro che con il loro lavoro contribuiscono alla difesa della legalità. E che non meni vanto il Premier edulcorando i meriti del governo nella lotta alla mafia, perchè i meriti, è bene chiarirlo, sono dei magistrati e delle forze dell'ordine che lavorano con pochi mezzi, ma con grande dignità nonostante si faccia di tutto per renderli inefficienti, per esempio tagliando i fondi, tentando di impedire le intercettazioni, lasciando le auto senza benzina perchè non ci sono soldi.
Pensi a mettere poliziotti e magistrati nelle condizioni di lavorare al meglio signor Presidente, invece di preoccuparsi cosa gli italiani debbano o non debbano sapere in fatto di mafia, e magari si faccia processare per i tanti capi d'accusa in sospeso grazie al suo abuso di potere, provi a fare gli interessi del paese invece dei suoi, che questo le renderebbe onore e le sue “critiche” forse diverrebbero più credibili, e lasci che i giornalisti siano liberi di parlare del giusto e dell'ingiusto, visto che questo è proprio il loro mestiere.
Troppi cronisti e scrittori scomodi sono caduti sotto il fuoco nemico delle mafie, è una guerra di trincea quella combattuta tra le macchine da scrivere e le armi dei mafiosi, definire le parole di Gomorra “promotrici” del potere mafioso, è volutamente fuorviante, truffaldino e meschino, soprattutto nei confronti di uno scrittore che vive sotto scorta e rischia la vita per aver ostato raccontare i “fatti reali”, e i misfatti di questo paese devastato dalla corruzione. Vien da chiedersi “chi è promotore di chi e di che cosa” signor Presidente, mi consenta.

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