Ru486 solo in ricovero, dal CSS una decisione contro le donne e la laicità 

Per gentile concessione degli autori anticipiamo la prefazione al libro “Ru486. Non tutte le streghe sono state bruciate” di Carlo Flamigni e Corrado Melega (Edizioni L'Asino d'oro, Roma)” che sara in libreria tra una settimana.

di Carlo Flamigni e Corrado Melega

Stavamo, come si dice d’abitudine, per andare in stampa, il libro era terminato, le correzioni completate, restava da scrivere la quarta di copertina e dovevamo scegliere a chi dedicare questo nostro ennesimo lavoro,cosa non poi tanto difficile, abbiamo solo due mogli. A questo punto è arrivata agli Assessorati alla Sanità delle Regioni (non agli Assessori) una lettera del professor Ferruccio Fazio, ministro della Salute, che trasmette in copia il parere del Consiglio Superiore di Sanità (CSS) riguardante le modalità di impiego della pillola RU486.

Il documento del CSS, a parte alcune interpretazioni discutibili dei fatti e alcune scelte che riteniamo peculiari, dice una cosa fondamentale: che al fine di garantire il rispetto della Legge 194/78 su tutto il territorio nazionale è necessario che il percorso dell’interruzione della gravidanza con metodi farmacologici debba avvenire in regime di ricovero ordinario fino alla verifica della completa espulsione del prodotto del concepimento.

Il lettore troverà il testo del documento sul sito http://www.lasinodoroedizioni.it e potrà leggere nel nostro libro le ragioni per cui, a nostro avviso, tutta la campagna orchestrata contro la pillola RU486, compreso questo “falsettone” finale (chi ama l’opera lirica capirà cosa intendiamo) sono, secondo noi, il frutto di scelte moralmente molto discutibili e l’elaborazione di menti abituate a modificare la verità. Per il momento ci limiteremo ad alcune considerazioni critiche, che abbiamo scelto con cautela tra quelle che questo documento ci ha fatto venire in mente. Unica consolazione è il fatto di aver potuto interrompere la ricerca delle persone alle quali dedicare il nostro testo: è stato subito evidente a entrambi che nessuno più dei membri del CSS merita questo riconoscimento.

Ed ecco, in sintesi, le nostre prime osservazioni:

• la decisione non tiene conto del Titolo 5° della Costituzione, che assegna alle Regioni il governo clinico della sanità. È anche possibile, nella fattispecie, chiamare in causa l’articolo 10 della Legge 194 che recita:
«L’accertamento, l’intervento, la cura e la eventuale degenza relativi alla interruzione della gravidanza nelle circostanze previste dagli articoli 4 e 6, ed attuati nelle istituzioni sanitarie di cui all’articolo 8, rientrano fra le prestazioni ospedaliere trasferite alle regioni dalla legge 17 agosto 1974, n. 386 (3/a)».

• Le maggiori Istituzioni che si occupano di sanità nel mondo come l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la Food and Drug Administration, l’EMEA, sono concordi nell’indicare il day-hospital (D.H.) o addirittura il regime ambulatoriale come le procedure da preferire nell’erogazione del servizio.

• Il documento ignora nel modo più assoluto l’autonomia decisionale del medico in campo diagnostico e terapeutico.

Esaminando il testo abbiamo poi rilevato l’esistenza di alcuni passaggi che dimostrano una grande fretta e superficialità da parte degli estensori nonché la mancanza di conoscenze adeguate:

• Nella valutazione dei dati scientifici viene indicato come limite il fatto che la RU486 è stata sottoposta solo a studi osservazionali. Saremmo veramente lieti se il CSS ci indicasse quali, tra i tanti farmaci in commercio nel nostro Paese, sono stati oggetto di studi randomizzati o di studi caso-controllo. A parte ciò, dovrebbe essere noto agli esperti che quando uno studio osservazionale riguarda milioni di pazienti le sue conclusioni sono in ogni caso da ritenere degne di considerazione. Ad esempio, lo studio osservazionale “one million women” ha indotto le società scientifiche di tutto il mondo a rivedere le linee guida delle terapie ormonali sostitutive in menopausa.

• Il documento, dopo avere affermato che i dati relativi alle complicazioni conseguenti agli aborti chirurgici e a quelli medici non sono confrontabili, dichiara che emergerebbe (da cosa?) un profilo di sicurezza inferiore per la RU486. In realtà, come cercheremo di chiarire, i dati relativi agli eventi avversi degli aborti chirurgici (Asherman, sterilità secondarie, persino complicazioni da perforazioni dell’utero) stentano ad emergere mentre per l’aborto farmacologico la sorveglianza, a causa dei conflitti che la procedura ha suscitato, sono stati accuratissimi. È evidente che gli estensori del documento hanno deciso di riportare, su questo argomento, un’ampia letteratura, decidendo al contempo di non leggerne una riga.

• Si parla dei decessi in modo assolutamente superficiale e, pur ammettendo che è difficile attribuirli alla procedura, si tace sul fatto che le statistiche rilevate su milioni di trattamenti non forniscono dati significativamente diversi tra i due metodi.

• Il documento, a proposito degli aspetti gestionali e operativi, afferma che non sono state messe a punto procedure standard relative ad un percorso assistenziale: ignora (?) che dal 2006 la Regione Emilia-Romagna ha messo a punto un protocollo assistenziale, condiviso da professionisti e da Autorità sanitarie, che prevede un percorso circostanziato per donne e medici, una serie di informazioni complete e puntuali sui vari possibili problemi, un consenso particolarmente attento alla salvaguardia della salute della donna.

• Apparentemente nessuno si è ricordato del fatto che condizioni del tutto simili, ma insorte spontaneamente ( i cosiddetti aborti interni), vengono comunemente trattate senza ricoverare le pazienti, che se ne vanno a casa ad aspettare di aver espulso il feto e poi tornano in ospedale per verificare se c’è bisogno di un trattamento.

• Per quanto riguarda l’uso del misopristolo è evidente che il CSS ignora che si tratta di un farmaco usato in tutto il mondo per l’induzione del travaglio di parto e dell’aborto. La letteratura medica su questo farmaco è particolarmente ricca e completa e ciò rende possibile il suo impiego off-label, previa naturalmente consenso informato.

• Il documento riporta un grande numero di voci bibliografiche, praticamente tutte favorevoli all’impiego della RU486 e dell’aborto farmacologico, pubblicate in Paesi nei quali l’intervento è eseguito in day-hospital, in ambulatorio o addirittura a domicilio.

In definitiva, la decisione del CSS è capziosa, ideologica, scorretta e soprattutto rappresenta una vera e propria trappola per le pazienti che certamente chiederanno di essere dimesse (come è loro assoluto diritto) e che, da quel momento, si troveranno sole. A meno che, come è nelle nostre speranze, non ci sia un sussulto di orgoglio dei medici che li solleciti a offrirsi volontariamente a proteggerle e a star loro vicino.

Ma ha senso, ci chiediamo a questo punto, dedicare un libro a Caino, o a Giuda, o a Benedict Arnold, insomma agli uomini cattivi e ai traditori dei quali ci parlano la storia e la leggenda? Si può dedicare questo libro all’Orco delle favole, anche lui contrario alla RU486 perché diminuisce la fornitura dei bambini dei quali si nutre?
In realtà non sappiamo risolvere questo quesito, ma abbiamo ugualmente deciso di dedicare questo libro ai membri del CSS, nei confronti dei quali, in questo momento, non nutriamo buoni sentimenti, anche se siamo ammirati della loro (distorta) buona volontà.

Ci siamo chiesti quali possano essere stati i motivi capaci di convincere un gruppo di brave persone a tradire se stesse, la propria dignità, il mandato medesimo che era stato loro affidato, e purtroppo ci è venuta in mente una sola risposta, una risposta che francamente ci piace molto poco. Questo, naturalmente, è solo il nostro parere e sappiamo di poter sbagliare. Ma ci siamo ricordati che Nicola Abbagnano diceva, di quelle istituzioni che approvano leggi che soddisfano le esigenze delle ideologie e delle religioni, cose terribili, che preferiamo non ripetere qui, ma che non sono poi difficili da indovinare.
Forse è bene che a chi tradisce la laicità del nostro povero Paese queste parole del grande filosofo qualcuno le sussurri in un orecchio, noi abbiamo il forte sospetto di non essere ascoltati.

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