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Sabato 17 aprile: in Piazza con Emergency

Autore Luigi de Magistris

Curare, ma anche osservare e quindi denunciare. Senza opportunismi e filtri. Tenendo a mente solo un principio: il diritto alla cura e all’assistenza per tutti gli esseri umani. Con un vantaggio: la presenza sul posto, solitamente martoriato dal conflitto o dalla violenza, dalla sofferenza e dalla privazione. L’aspetto che maggiormente fa paura dell’attività di Emergency è forse proprio questo: essere in prima linea e da lì non solo fornire cura e assistenza, ma anche una visione di ciò che accade. Testimone scomodo di contesti drammatici. Ed è proprio per questo che Emergency si è guadagnata l’inimicizia trasversale di quanti vogliono imporre la menzogna di una guerra non guerreggiata o chirurgica, di un’occupazione armata camuffata da percorso di democratizzazione o giustificata con la lotta antiterrorismo, di militari portatori di pace e convivenza civile, di un successo strategico. L’Afghanistan è teatro di conflitto vero e il conflitto miete vittime soprattutto civili e in particolare infantili. Se ne macchiano le forze locali come quelle internazionali: la guerra è guerra e non ammette operazioni selettive, perché la strage non è ipotesi possibile ma certezza certa. In Afghanistan non si è vinto da nessun punto di vista: il terrorismo internazionale esiste anche oggi, il potere talebano e tribale sono ancora in piedi e la coesistenza non si è realizzata. Tanto che questo paese, nella strategia occidentale, appare sempre più importante come avamposto logistico, magari di una prossima pericolosa operazione che guarda all’Iran e al suo regime. Emergency ha sempre denunciato il volto della violenza e questa denuncia è scomoda per tutti perché tutti chiama in causa: talebani, Nato, Isaf, servizi segreti, leadership d’Occidente. Per questa denuncia sono stati oggetto di operazioni di discredito e di aggressione inaudite, che oggi si manifestano nelle dichiarazioni di ministri e autorità che vanno da Roma a Kabul. Per questo sabato prossimo il popolo di Emergency sarà in piazza Navona: per chiedere il rilascio di Marco Garatti, Matteo Dell’Aira e Matteo Pagani, ma anche per affermare il valore della pace. E per chiedere al Governo italiano di rispondere alle tante domande che la vicenda dell’ospedale di Emergency a Lashkar-Gah solleva. Quali? In primis perché non ha chiesto all’esecutivo afgano il rilascio dei tre cooperanti arrestati e, visto lo scadere delle 72 ore, attualmente in stato di sequestro? Quali pressioni ha attuato sul Governo e le autorità afgane per chiarire la dinamica dei fatti e le accuse rivolte ai nostri connazionali, che ancora oggi non sono state formulate rendendo non chiara la loro posizione giuridica e impedendogli la nomina di un avvocato difensore? Era stato informato o meno dalle autorità locali o dalle forze multinazionali di questa operazione presso l’ospedale di Lashkar-Gah, che ha visto l’azione congiunta dei servizi segreti e della polizia afgani, ma anche di una rappresentanza militare dell’Isaf-Nato? Perché non viene concessa la dovuta attenzione alle denunce di Gino Strada, che fin dall’inizio ha posto l’accento sul tentativo di discredito e sul sentimento di ostilità verso la ong da parte del potere afgano, ma persino delle forze armate internazionali? E’ normale, soprattutto, che il ministro degli Esteri Frattini e noti esponenti della maggioranza arrivino a delegittimare il lavoro di Emergency, bollando come “politica” la sua posizione pacifista e umanitaria che la porta a curare qualsiasi essere umano senza distinzioni politiche, di razza, religione, cittadinanza, sesso, attuando il diritto e le norme morali? Non è un’esposizione pericolosa dei suoi operatori, che ne mette a rischio l’attività e la vita, delegittimandoli agli occhi di chi li avversa perché ne teme la forza sociale ma anche quella di denuncia di verità scomode?

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