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La fame nel mondo e la miopia della politica

Questo articolo è stato scritto dal sottoscritto nel giugno 2009. Lo ripropongo oggi in quanto del tutto attuale. E' doveroso ricordare ed agire.
L’ultimo rapporto FAO sulla malnutrizione e sulla mortalità nel mondo pone, soprattutto ai Paesi più industrializzati, un problema politico serio che sino ad oggi non si è voluto affrontare in modo degno. E’ non parliamo dell’Italia che ha tagliato drasticamente le risorse destinate alla cooperazione.

Il rapporto FAO ci pone davanti ad un problema globale e tremendamente serio la cui soluzione è del tutto politica. I numeri sono chiari. Oltre un miliardo di persone soffre la fame nel mondo, il che significa che un sesto della popolazione mondiale rischia la morte per denutrizione. Cento milioni di essere umani in più rispetto all’anno scorso.

Questa tragicità avrà sviluppi geo-politici notevoli nel medio lungo termine, e il mondo occidentale ha il dovere morale, da una parte, e l’opportunità strategica, dall’altra, di ricercare una via, una pianificazione certa per lo sviluppo e l’integrazione dei Paesi più poveri. Dovere morale perché la fame ha a che fare con l’intera economia mondiale e, quindi, con gli assetti politici e sociali che influiscono sulla possibilità e sulla capacità delle popolazioni di ricercarsi il cibo. Opportunità strategica, invece, perché la fame, la siccità, le epidemie e le guerre hanno sempre creato flussi migratori che, avvolte, possono risultare incontenibili. Senz’altro pericolosi se non si è pronti politicamente e socialmente ad un tale cambiamento.

Il Progetto 2015 lanciato a Roma nel 1996 aveva l’obiettivo di dimezzare il numero degli affamati entro il 2015. Questa meta è certamente ancora valida sulla carta ma non più realistica. Sicuramente i Paesi ricchi, con l’Italia in testa, hanno disatteso gli impegni presi negli ultimi anni. Ogni tre secondi un essere umano muore di fame e il numero degli affamati è in aumento: il 32% della popolazione dell’Africa sub-sahariana, circa 265 milioni di persone; 642 milioni in Asia; 42 milioni tra Medio Oriente e Nord Africa con un aumento del 13.5%; 53 milioni tra America Latina e Caraibi con un incremento del 12.8%. Inoltre, un aumento del 15%, circa 15 milioni, nei Paesi sviluppati.

Chi soffre maggiormente la fame sono i piccoli contadini dei paesi in via di sviluppo. Sono loro ad aver bisogno maggiormente dell’aiuto della comunità internazionale con investimenti mirati a garantire l’accesso a sementi, fertilizzanti, infrastrutture e schemi di finanza rurale. La situazione dei poveri nelle città, invece, è più legata ad una economia globale in recessione i cui esiti sono una riduzione della domanda delle esportazioni ed una riduzione degli investimenti esteri. Il tutto condito da una “speculazione sulla fame” che ha visto dimezzare il prezzo del grano da 0.36$ a 0.18$ al chilo e aumentare il prezzo dei derivati come il pane (+24% dal 2006).

Libertà ed Eguaglianza preme affinché i 30 Paesi OCSE si sveglino e recepiscano un appello che, ormai, da più parti viene rivolto loro. Usare parte di quanto stanziato ogni anno, 365 miliardi di euro, come sovvenzioni all’agricoltura nei Paesi dell’OCSE per avviare una politica globale di accesso al cibo.

Manuel Santoro
Coordinatore nazionale
Direttivo di Libertà ed Eguaglianza

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