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CRISI: I NODI VENGONO AL PETTINE

di Massimo Donadi

E’ sensato progettare la costruzione di un castello in mezzo ad un’area piena di macerie? E’ sensato parlare di grandi riforme ad un Paese con le gambe rese sempre più doloranti dal peso della crisi economica? E’ quanto, di fatto, sta facendo, al momento questo pittoresco governo, affannato nel tentativo di salvare una faccia, ben lontana dall’arrossire anche di fronte all’evidenza. Di certo ci sono i dati. Ieri l’Istat ha parlato chiaro dei redditi familiari del Paese, i più bassi da vent’anni a questa parte. Poi ci sono le notizie da prendere con la dovuta prudenza, perché rimangono indiscrezioni, per altro smentite dal nostro ministro dell’economia, per quanto provenienti da ambienti governativi: un buco di 4-5 miliardi, cui l’esecutivo penserebbe di porre rimedio con una sorta di manovrina, un anticipo sulla manovra 2011. Ora, provando a schiarirci gli occhi appannati dalla nuvoletta di ottimismo sapientemente messa su dal governo, cerchiamo di avere il massimo dell’equilibrio nell’analizzare la situazione. A dicembre è stata approvata una manovra finanziaria, su cui il governo ha evitato ogni possibile invasione di campo da parte delle opposizioni, trincerandosi dietro la sua arma preferita, quella della fiducia, contro la quale niente è servito. Oggi, ad appena quattro mesi di distanza, circolano voci su una possibile manovrina per pareggiare i conti che non tornano. Tremonti smentisce. Ma è lo stesso Tremonti che, meno di un mese fa, diceva, testuali parole: “Tutti i soldi che avevamo li abbiamo investiti per la tenuta sociale e grazie a questo ora il nostro paese non è percorso da una crisi sociale”. Parole. Solo parole smentite in modo schiacciante dai dati. 1 marzo: dall’Istat si apprende che il Pil del 2009 è il più basso dal 1971. 31 marzo: è sempre l’Istat a rendere noto che a gennaio la disoccupazione ha raggiunto un tasso di 8,6%, il dato peggiore mai registrato dal 2004. Mi fermo qui, perché credo sia sufficiente. Ad occhi ben schiariti e lontani dal voler polemizzare, la conclusione è una sola: a questo punto c’è una ragionevole ed istituzionale esigenza di chiarezza, anche perché i mercati europei non possono certo barcamenarsi nel buio come stiamo facendo noi. Dubbi e incertezze non sono accettabili in un campo come quello dell’economia. Se pure le proteste continuano a provenire non solo dall’opposizione, ma dallo stesso centrodestra, i cui sindaci ieri sono scesi in piazza a lamentare carenza di soldi e chiedere aiuto a chi occupa le poltrone del potere, noi ne abbiamo francamente abbastanza di contestare il comportamento poco ortodosso di questo governo. Almeno intendiamo non farlo a parole. Ora attendiamo che il governo venga a riferire in Parlamento per fare chiarezza su quanto è avvolto dal dubbio. Il ministro Tremonti non può tirarsi indietro. Per motivi istituzionali dovrà ricoprire il suo ruolo, assumersi le responsabilità politiche che gli sono inscindibilmente legate. Una volta per tutte, dovrà far coincidere le parole con i dati.

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