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IN CITTA’ IL CLIMA PUO’ ANCHE MIGLIORARE

Per il clima Dove falliscono gli Stati nazionali ci provano i Comuni. In tutto il mondo si moltiplicano leiniziative per ridurre le emissioni di Co2. Da New York a Modena, passando per Bangkok e Città del Messico

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Normal 0 14 false false false MicrosoftInternetExplorer4 Il convegno“Il clima dellecittà”, tenutosi lascorsa settimanaa Modena,organizzato dalcoordinamentodi Agenda 21,si è occupato distrategie percombattere ilclimate change a livello cittadino

Se gli accordi internazionali sul clima stagnano le città fanno da se. Il fenomeno dei piani per il clima su scala urbana -delle strategie locali di riduzione delle emissioni – sta diffondendosi in tutto il mondo. New York, Toronto, Bangkok, Seul, Città del Messico, sono
tutte metropoli che hanno posto obiettivi concreti per tagliare le emissioni. Ma la vera regina è l’Europa, che nel 2008 ha coinvolto
1000 città nel Patto dei Sindaci, un accordo per promuovere l’adozione dei “piani clima”. Di strategie per stimolare l’adesione
al Patto dei sindaci, come offrire un contributo concreto alla definizione dei piani d’azione comunali per l’efficienza energetica, si
è discusso alla conferenza “Il clima delle città”, tenutasi la scorsa settimana a Modena, organizzata dal coordinamento di Agenda
21, Associazione nazionale comuni italiani e Unione province italiane. Un incontro tecnico per illustrare nel dettaglio le azioni necessarie a strutturare nelle città veri e propri percorsi a favore della tutela del clima, ma anche un’opportunità per divulgare questo nuovo importante strumento per la pianificazione. «Oggi gli enti locali hanno un ruolo fondamentale per ridurre la Co2, visto che la maggior parte delle emissioni viene dalle città – spiega Emanuele Burgin, presidente di Agenda21 – i comuni ci ci sono e vogliono essere attori, non solo con buone pratiche ma adottando una vera e propria pianificazione strategica». Tanti i relatori alla conferenza. Sono intervenuti fra gli altri Edoardo Croci, docente dell’Università Bocconi, che ha illustrato la metodologia adottata per la redazione
del piano per il clima di Milano, Alessandro Zan, Assessore all’ambiente del Comune di Padova, che ha spiegato come considerare il calcolo della Co2 nel conto comunale e Silvia Brini dell’Ispra, che ha sviluppato il tema del supporto fornito dalla rete delle agenzie per la qualità dell’ambiente urbano. Croci, in un’intervista rilasciata a Terra, illustra in dettaglio Emanuele Bompan il piano clima (Pc) «Il Pc è uno strumento complesso. Non esiste uno standard unico, anche se l’Europa sta definendo una propria metodologia. Esistono infatti molte variabili che un municipio può scegliere per determinareil proprio piano clima. Ad esempio se valutare le emissioni dirette o quelle indirette, ovvero quelle importate – pensiamo alle centrali energeticheche operano fuori Milano ma che funzionano per fornire energia ai milanesi». Bisogna poi considerare le emissioni in un determinato momento oppureconteggiare all’intero ciclo di vita di un fenomeno, come ad esempio i biocombustibili che hanno un basso tasso di emissioni quando generano energia ma un alto impatto quando si raccolgono e trasportano. «I dati poi devono essere omogenei e la metodologia deve essere rigorosa e dichiarata apertamente – continua Croci – l’inventario delle emissioni a livello comunale può essere fatto o derivando i dati dalle emissioni regionali o raccogliendoli localmente sommando le emissioni degli edifici, il parco auto, l’uso dei mezzi pubblici, ecc. Una volta che si ha l’inventario delle emissioni serve definire gli obiettivi, ad esempio tagliare le emissioni del 20%entro il 2020. Scegliere l’anno di riferimento d’inizio. Ed infine gli eventuali obiettivi intermedi, ad esempio il 2015, anno dell’Expoper Milano. Infine bisogna definire il trend delle emissioni, che è per natura costantemente in aumento. Il che significa che per ridurre del 20% le emissioni rispetto ai livelli del 2005 in realtà si riduce una percentuale più alta essendo le emissioni incrementalivisto che nel 2010 si emette di più che nel 2005». Solo dopo aver fatto questo si possono individuare i settori dove ridurre le emissioni e redarre unpiano di azione strategica e svolgere un monitoraggio costante, per verificare se si è in linea con gli obbiettivi. I comuni però spesso non hannole risorse per formulare piani così complessi. A chi rivolgersi dunque? A Milano ad esempio il piano clima, in fase di approvazione, è stato affidato allo Iefe (l’Istituto di economia e politica dell´energia e dell´ambiente della Bocconi). Per i comuni èuna strategia consigliabile affidarsi agli esterni. In Italia inoltre manca una strategia nazionale. «Il governo fin’ora non si è visto, – commenta ancora Burgin – al momento solo alcune regioni hanno preso iniziative complesse, come è successo ad esempio con il progetto Cartesio, un network finalizzato a dare delle linee guida per la gestione dei piani per il clima». Mancano poi i fondi, nonostante emerga chiaramente dagli interventi che i piani sul clima possono avere un evidente ritorno economico e occupazionale,
visti anche i sempre crescenti costi dei combustibili fossili. I comuni sono bloccati sul versante degli investimenti, anchea causa del Patto di Stabilità dei comuni, che blocca miliardi di investimenti. Servono nuovi strumenti finanziari e il potenziamento dei network dei comuni verdi. Una cosa, comunque, è certa: i comuni verdi nonconve si fermeranno certo.

Emanuele Bompan

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