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LETTERA APERTA A FRATTINI

Signor Ministro, ritengo opportuno illustrarle il mio pensiero sulla situazione della nostra Comunità fuori dei confini nazionali. Da noi, l’Emigrazione continua a non fare notizia. Dei nostri Emigrati, oggi chiamati “italiani all’estero”, ci s’interessa poco ed ancor meno si fa per il riconoscimento in Patria d’alcuni loro sacrosanti diritti. Con strategica periodicità, ci se ne ricorda al momento del voto. Quando la politica dei numeri rispolvera la loro cittadinanza ed il diritto di contare. Eppure, la nostra Patria è stata per secoli terra d’emigrazione. Terra povera, non in grado di provvedere a tutti i suoi figli. Ora, grazie a Dio, il fenomeno migratorio non esiste più; ma i problemi ad esso correlati ci sono ancora. Forse, se ne sono aggiunti dei nuovi. Ciò che salta agli occhi, se si escludono i “fuochi di paglia” che non abbagliano più nessuno, è l’ambiguo disinteresse della classe politica, in generale, nei confronti della nostra Collettività oltre frontiera. Nonostante le promesse, il loro peso elettorale conta per quel che vale. Cioè assai poco. Ma gli italiani all’estero sono quasi quattro milioni. Senza considerare i loro discendenti con diritto di cittadinanza. Milioni di voti che, se fossero messi nell’oggettiva situazione d’essere globalmente espressi, potrebbero modificare, neppure tanto marginalmente, i problemi di governabilità nazionale. Per arrivare alla meta, ci vorrebbe ben poco. Il voto dall’estero dovrebbe essere elettronico ed esteso anche alle Circoscrizioni Elettorali nazionali. Senza problemi. Problemi che, invece, si pongono tanti politici. Per la nostra Collettività fuori dei confini nazionali non resta così che l’oblio per le realtà lontane a fronte di tanti interessi vicini. E’ sempre stato così. Poco importa il tramonto della Prima Repubblica e l’affermarsi di questa tribolata Seconda. Che manchi la voglia di cambiare, ma cambiare veramente, lo si rileva anche dalla scarsità di strumenti atti ad offrire a chi vive sotto un’altra bandiera gli stessi diritti di chi vive allo sventolare del tricolore. In tanti anni di Democrazia, nessuno si è mai mosso per proporre normative che armonizzino, sotto ogni profilo, con lo status d’Emigrato. Che si equilibrino soprattutto non solo nei doveri fiscali, ma anche nei diritti; gli stessi, in definitiva, degli italiani residenti. Invece, esiste ancora una discriminazione tra diritti e doveri giustificati, questi ultimi, dal concetto d’integrazione e dalle problematiche dei nuovi flussi migratori. Ciò che manca e di cui si sente, prepotente, la necessità è l’impegno d’essere, più che sembrare. Insomma, continua a mancare un effettivo salto di qualità nel tessuto socio/politico nazionale nei confronti dei Connazionali nel mondo. A mio avviso, solo favorendo il concetto d’italianità, anche la nostra Emigrazione potrebbe, finalmente, essere un concreto arricchimento per il Paese. Se il “piatto piange” non si tirino in ballo anche gli italiani all’estero. Chi vive lontano ha già dato molto. Ora pretendere qualche riconoscimento è più di un diritto.

Giorgio Brignola

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