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Ristabilire la verità . Liste: tutti i fatti e le vere cause

Il pasticcio delle liste del Pdl escluse in Lombardia e Lazio e del decreto del Governo per riammetterle, è soltanto un aspetto di una questione più ampia e grave: l'illegalità delle competizioni elettorali in Italia.

Come ha dichiarato Emma Bonino le irregolarità riscontrate in questi giorni sono “una metafora dell’illegalità che attanaglia l’intera vita civile e sociale del Paese”.

Un'illegalità diffusa

I partiti sono abituati a raccogliere le firme in modo illegale potendo contare su complicità e un sistema di illegalità diffusa.

In occasione delle regionali del 2000 i radicali presentarono ricorsi in 83 procure della Repubblica, in tutte le provincie in cui si votava. Le denunce non portarono ad alcuna condanna.

Nel 2005, a seguito dell’esclusione per irregolarità nella raccolte delle firme della lista “Alternativa sociale” di Alessandra Mussolini, il settimanale inglese The Economist scrisse: «La campagna ha mostrato non solo un’allarmante indifferenza nei confronti della legge da parte di entrambi gli schieramenti, ma anche un sistema giudiziario che quasi provoca sdegno – viziato da una legislazione inapplicabile, disonestà legulèica e una indistinta separazione tra il giudiziario e l’esecutivo» (31 marzo 2005).

L'irregolarità nella raccolta delle firme è soltanto una delle tante illegalità dell'intera procedura elettorale. Proprio a causa di queste illegalità – portate all'opinione pubblica dallo sciopero della sete e della fame di Emma Bonino prima del deposito delle firme – la lista Bonino Pannella non è potuta essere presente in 8 regioni su 13.

Cos'è accaduto?

– in Lombardia: Marco Cappato ha presentato un ricorso per l'irregolarità nella raccolta delle firme sul listino del candidato presidente Formigoni “Per la Lombardia” così come per la lista di Penati. La Corte d'appello del Tribunale di Milano ha riscontrato l'irregolare autenticazione di 514 firme sulla lista di Formigoni, che senza quelle firme non raggiunge il numero di sottoscrizioni richieste. E così per il sistema elettorale regionale il candidato presidente e le liste collegate non possono candidarsi alle elezioni. I radicali hanno presentato un ricorso anche presso la Procura della Repubblica dimostrando come le firme depositate da Formigoni fossero state apposte prima della chiusura della lista. La data di autenticazione di molte firme precede infatti il 24 febbraio, data in cui sarebbe stato chiuso l'elenco di candidati secondo le notizie diffuse dalla stampa.

– nel Lazio: il rappresentante del Pdl Alfredo Milioni è arrivato dopo la scadenza delle 12:00, fissata per la presentazione delle liste. Sui giornali si dice che abbia «lasciato l'edificio del Tribunale forse per andare a mangiare un panino o, forse, per cancellare qualche nome dalle liste che stava per presentare su indicazioni, pare, venute molto dall'alto». Da parte sua, Milioni fornisce versioni contrastanti a distanza di pochi minuti. Il militante radicale Diego Sabatinelli, presente in tribunale, ha denunciato il tentativo di depositare le liste fuori tempo massimo e per questo è stato denunciato dal Pdl per il reato penale di “violenza privata”. Durante l’accaduto è stato girato un video che testimonia chiaramente come non vi sia stato alcun genere di contatto e di violenza nei confronti di Milioni e Polesi.

Il decreto

Il 5 marzo il Governo approva un decreto legge per consentire la riammissione della lista Formigoni e della lista del Pdl nel Lazio. Il provvedimento suscita perplessità da parte di molti costituzionalisti. Il TAR del Lazio non lo ritiene valido perché interviene sulle regole di dettaglio delle procedura elettorale la cui regolamentazione è di competenza regionale e non del governo centrale.

I ricorsi

Il Pdl, nella speranza di rimediare a questa situazione, ha promosso svariati ricorsi prima presso la Corte d'appello dei rispettivi tribunali, poi presso i TAR regionali.

Il 9 marzo il TAR della Lombardia ha riammesso la lista di Formigoni non contestando il fatto che le firme fossero irregolari, ma sostenendo che l'Ufficio Centrale regionale non potesse tornare sulla erronea decisione di ammettere la lista 'Per la Lombardia' a seguito del ricorso dei radicali.

Il TAR del Lazio invece, l'8 marzo, ha deciso di non riammettere la lista del Pdl, sostenendo l'inapplicabilità del decreto legge in una materia già regolata da una norma elettorale regionale.

Aiutaci a ristabilire la verità

Silvio Berlusconi ricostruisce così l'intera vicenda in una conferenza stampa con Renata Polverini: «non vi è stata alcuna responsabilità riconducibile ai nostri dirigenti e funzionari (…). E' stata posta in atto una gazzarra da parte dei Radicali, con la scusa che fosse in atto una manomissione delle liste».

Ristabilire la verità spetta a ciascuno di noi. Questo documento rappresenta un tentativo di farlo. Ogni affermazione è comprovata da documenti originali, a cui si rimanda attraverso link. Aiutaci a far conoscere i fatti.

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