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il gazebo leninista

Da oltre 15 anni ci diciamo, scriviamo, leggiamo, ironizziamo e, dal ridere, ci “scompisciamo” (direbbe il grande Totò), di bugie, cafonate, birbanterie, manipolazioni e drittate varie di Berlusconi in virtù delle quali, costui, non meriterebbe di stare a Palazzo Chigi. Anzi, per il D'Alema (anni '90), a causa del conflitto d'interessi, non potrebbe stare neppure in Parlamento. Se, poi, consideriamo i reati per i quali è stato e continua ad essere inquisito, il suo posto dovebbe essere la galera.
In tutti codesti anni, però, non abbiamo analizzato come e perché, nonostante tutto, sia riuscito a conquistarsi la fiducia della maggioranza degli italiani.
Il giornalista Carlo Galli di “La Repubblica”, nel suo editoriale deì giovedì 25 marzo 2010, “IL GAZEBO LENINISTA”, ci dà la dritta.
Il Satrapo di Arcore, del Comunismo (che abbiamo conosciuto e che non ha niente da spartire con quello auspicato da Marx), come si fa con il maiale, ha utilizzato tutto.
Ha adottato: 1°) l'aggettivo comunista (sottointendendo la pessima fama per i crimini consumati in suo nome e lo squallido retaggio che ha lasciato) per demonizzare, leninisticamente, chi non è schierato totalmente dalla sua parte e, berlusconamente, i magistrati non disposti ad entrare nel suo libro paga;
2°) il culto e la devozione assoluta per il capo; 3°) ideali di libertà come schermo per coprire calcoli e manovre finalizzati al perseguimento di obiettivi personali di potere; 4°) il concetto di “maggioranza” (“bolscevismo” in lingua russa), inteso come diritto della maggioranza sia ad esercitare il potere assoluto, sia ad annullare la minoranza anche all'interno dello stesso partito. (Ne sa qualcosa Gianfranco Fini)
5°) il legame fraterno con Putin, che non è un superstite dei Gulag, ma uno che nei Gulag vi spediva i comunisti che non si riconoscevano nel bolscevismo.
In altri termini, il bolscevico di Arcore ha costruito la propria fortuna usando per dritto e per rovescio i nomi e i metodi, appunto, del bolscevismo russo: tant’è che il suo seguito è composto da chierici e fedeli simili a quelli che acriticamente osannavano Stalin ed erano pronti ad aggredirti se soltanto mettevi in dubbio il credo bolscevico e la sacralità del capo.
Quei chierichetti mi sembra di rivederli nei volti dei Gasparri, dei Cicchitto, dei Capezzone e del Bondi. Quest’ultimo, peraltro, proviene direttamente dall’allevamento del PCI. Partito nel quale anch’io ho militato e attorno al quale, sia pure criticamente, ho sempre orbitato.
Una consolazione, però, la trovo nella speranza che siccome ad affossare il comunismo leninista è stato il fideismo cialtronesco dei chierici, gli stessi chierici affossino anche il bolscevico d’Arcore. Ma per liberarci completamente della pandemia berlusconiana occorre che gli elettori vedano in alternativa un “antidoto” affidabile e non un brulicume di misture varie, senza un volto ed una identità ben definiti.
Pasquale Iacopino

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