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Silvio Berlusconi: "Ora riformo giustizia e fisco"

Veltroni e Franceschini: Bersani cambi linea

Dopo aver espresso grande soddisfazione per i risultati elettorali, Berlusconi assicura che i prossimi tre anni saranno quelli buoni per fare le riforme e cerca di spazzare via fantasmi di competizione al Nord sottolineando che l'alleanza tra Pdl e Lega è “robusta”. Il Cavaliere si sente rafforzato e a questo punto vuol far tornare a pesare il suo ritrovato “decisionismo”. Ma quali sono le riforme a cui il premier sta pensando? Berlusconi aveva parlato di giustizia e istituzioni prima del voto. Lo stesso Gianfranco Fini, presidente della Camera, avrebbe ricordato di essere stato sempre favorevole al presidenzialismo, ma avrebbe sottolineato la necessità di dare al tema un approccio diverso da quello propagandistico. Il premier avrebbe anche dato mandato ai vari 'pontieri' di esplorare le possibilità di confronto con l'opposizione, purché non avanzino veti. Il leader del Pd Pierluigi Bersani da parte sua ha ribadito la disponibilità a discutere di riforme purché servano al paese, ma il suo è un no netto al presidenzialismo.D'altro canto ci sono riforme in senso federalista, che vuole la Lega, e le riforme economiche che già ieri chiedevano a gran voce vari editorialisti sostenendo che ora il governo “non ha più alibi”. Stesse parole ha usato il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti: “Dopo le elezioni regionali il Governo ha la forza politica ed il tempo necessari per fare le riforme: ora non ci sono più alibi”.
Un monito era già giunto in mattinata dal Quirinale: servono “ulteriori riforme”, alle quali il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, si augura venga dato “sostanziale impulso” dai rappresentanti dei rinnovati governi regionali, anche per lottare contro l'astensionismo”. Per ora sul lato economico si è espresso solo Giulio Tremonti: la riforma fiscale “è la riforma delle riforme: la più grande che uno può immaginare in campo economico, è la sfida per i prossimi tre anni” ha detto il ministro dell'Economia.Bersani cambi linea – Il leader dell’opposizione Pierluigi Bersani apre al dialogo e chiede al governo di indicare la strada da percorrere per risolvere i problemi degli italiani. “Chi governa ora ha la responsabilità di dire che strada vuole prendere – ha detto il segretario del Pd -. Ogni tavolo che affronta problemi vicini ai cittadini ci vedrà al tavolo. Altrimenti faremo una ferma opposizione”. Per lui si apre però un periodo difficile. Quei “novemila voti” che in Piemonte hanno impedito a Mercedes Bresso di essere riconfermata presidente hanno cambiato completamente il 'segno politico' delle regionali e la minoranza interna adesso torna a farsi sentire e a chiedere un 'cambio di linea' e il ritorno alla 'vocazione maggioritaria'. Il segretario ha offerto la sua analisi del voto in una conferenza stampa, negando che il Pd abbia subito una sconfitta e rivendicando anzi un “avanzamento”, o perlomeno una “tenuta” rispetto al voto delle europee. Non solo, Bersani ha ribadito la sua linea delle alleanze, ha detto che per quanto riguarda l'Udc “non cambia niente” e che in futuro ci sarà spazio al tavolo del centrosinistra per “tutte le forze politiche che pensano che le regole vengono prima anche del consenso”.Il segretario Pd: “Non è una sconfitta” – Il segretario ha puntigliosamente rivendicato il risultato del Pd, spiegando che se si considerano anche i dati delle liste dei presidenti i democratici hanno fatto registrare un avanzamento dello 0,8% sulle europee e che la coalizione di centrosinistra nel suo complesso è al 43%, solo tre punti sotto al centrodestra che “alle europee aveva invece il 49%”. Insomma, nessuna concessione ad autocritiche o a chi chiede cambi di rotta. Una lettura che ha fatto saltare sulla sedia i principali esponenti della minoranza, in particolare Franceschini e Veltroni, in questo frangente su posizioni assai simili, nonostante le recenti divergenze.Veltroni e Franceschini: cambiamo strategia – Il Pd è andato male, sostengono entrambi gli ex segretari del partito, ma anche Giuseppe Fioroni e Piero Fassino. Ma Franceschini e Veltroni sembrano particolarmente decisi a chiedere di rivedere la strategia del Pd: non si può dire di essere andati bene, né per numero di regioni perse, né per voto percentuale, sostengono molti esponenti di Area democratica. Nessuno vuole mettere in discussione la leadership di Bersani, non c'è alcuna intenzione di riaprire congressi, assicurano, ma bisogna chiedere alla segreteria di prendere in considerazione l'ipotesi di fare un'inversione di rotta. Rispunta, insomma, l'idea della 'vocazione maggioritaria', del partito capace di “parlare al Paese”, di essere polo d'attrazione, innanzitutto per gli elettori, di centro come di sinistra. Al contrario, le parole pronunciate oggi da Bersani sono state lette come l'annuncio di un “ritorno all'Unione”, scelta considerata “fallimentare” da Area democratica.

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