L’Aquila. Un anno dopo riscrivo la mia lettera

La Stampa; La Repubblica 30 marzo 2010; con i rispettivi titoli:Pensieri d'Abruzzo un anno dopo

Caro direttore, il 14 aprile dell'anno passato pubblicaste questa mia lettera: “Pensieri la sera tardi di venerdì santo in una tenda da campo. Sono venuti in tanti gli uomini politici. Sono venuti a consolarci, a portarci aiuto, a farci le condoglianze. Molti si sono commossi; qualcuno ha persino pianto. Lacrime di commozione, non di pentimento. Non sono venuti, infatti, a chiedere perdono; non sono venuti a scusarsi, ché nulla hanno da rimproverarsi: il terremoto non l'hanno provocato loro, e gli edifici che sono crollati non l'hanno costruiti loro. I politici innocenti sono venuti a consolarci a portarci aiuto e a farci promesse. Tante promesse. Ci restituiranno l'amata e bella città, le amate case e le belle chiese e le belle strade. Ma chi potrà mai restituirmi il mio adorato bel figlio?”. M'illudevo. L'amata e bella città, con le amate case e le belle chiese e le belle strade, è ancora un ammasso di macerie. Ce la restituiranno mai?

Francesca Ribeiro

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