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Bruxelles: Capitale o Far West d’Europa ?

Bruxelles: Capitale o Far West d’Europa ?

La Città di Bruxelles e la sua amministrazione sono nell’occhio del ciclone. Un recente fatto di cronaca nera ha difatti sollevato pesanti interrogativi circa lo stato di insicurezza, se non in certi casi di terrore, in cui gli abitanti di certi quartieri di Bruxelles sono costretti a vivere ormai da tempoe cio' grazie all’indifferenza, all’impotenza o peggio ancora alla complicità di politici e amministratori “progressisti” sempre pronti a minimizzare o a nascondere sotto il tappeto situazioni per loro imbarazzanti.

Venerdì 5 marzo la città è stata scossa da un atroce fatto di sangue. Due giovani balordi armati di pistole giocattolo sono entrati in una gioielleria di Uccle (quartiere-bene di Bruxelles), hanno disarmato il proprietario, si sono impadroniti della sua arma (vera), lo hanno rapinato, sono usciti per strada hanno freddato con un colpo alla nuca la proprietaria di un'auto che volevano usare per darsi alla fuga, madre di famiglia e rea di aver loro opposto resistenza. I due sono poi stati raggiunti ed arrestati da due agenti di polizia, si badi bene, non armati. Uno dei banditi è, udite udite, un ispettore della STIB (l’azienda metro-ferro-tranviaria di Bruxelles).

All’orrore del fatto in sé si è aggiunto lo sconcerto nel vedere, ad esempio, i media locali minimizzare il tutto, riportando l’accaduto come il “braquage” (cioè rapina) di Rue Vanderkindere, anziché come “meurtre” o “assassinat” (cioè omicidio). Il Procuratore di Bruxelles ha dal canto suo aperto un fascicolo per “omicidio commesso per facilitare una rapina” (meurtre pour faciliter le vol), a significare che l'assassinio è delitto accessorio rispetto al reato principale di rapina. Complimenti vivissimi. Come se non bastasse, il sindaco di Bruxelles Ville, il compagno Freddy Thielemans, ha dichiarato che ci troviamo di fronte ad un “episodio isolato”, con questo volendo intendere che invece Bruxelles è normalmente una città tranquilla e che deve essere evitata ogni generalizzazione.

Sarebbe bello, comodo e politicamente corretto concordare con il pensiero del Thielemans, un simpatico plantigrado che noi italiani di Bruxelles ricordiamo affettuosamente per aver portato, sciarpa rossa al collo, il suo saluto beneaugurante a Francesco Rutelli nella primavera del 2001 presso il Teatro St. Michel, in occasione di un comizio elettorale che il Cicciobello nazionale pensò bene di dedicare alla platea dei tanti funzionari e lobbisti italiani espatriati con la tessera del Partito in tasca.

Tornando al presente, ci preme invece ricordare al buon “Peppone” brussellese che l’omicidio di Uccle non è affatto un caso isolato, bensì l’ennesima dimostrazione lampante di come Bruxelles, da Capitale d’Europa, si stia piuttosto trasformando nel Far West d’Europa.

Pur tralasciando il caso della Deputata Europea aggredita qualche mese fa nelle vicinanze del Parlamento, il che allorà contribuì a scuotere dal torpore le coscienze di alcuni politici alloctoni (su quelli autoctoni stendiamo invece un velo pietoso), ci limitiamo a citare alcuni significativi “episodi” occorsi a breve distanza dall’agghiacciante omicidio di Uccle, che confermano come la situazione sia ben lungi dall’essere sotto controllo.

Il 12 marzo nel quartiere di Berchem un’altra donna è stata freddata da un killer in pieno giorno lungo la strada. Un normale regolamento di conti, dicono i ben informati: bei tempi quando i belgi potevano dare di mafiosi a noi italiani e lavarsi in pace la coscienza. Il 16 marzo, nel quartiere di Laeken, a poche leghe di distanza dalla residenza dei reali belgi, si è invece assistito a una scena da “arancia meccanica”: banditi mascherati penetrano in una villa, legano ed imbavagliano il proprietario e la sua compagna, la quale, paralizzata tra l’altro con un “taser” (manganello laser), supplica inutilmente i banditi di liberare l’uomo, malato di cuore. Terminata la rapina, il poveretto spira in ambulanza.

Episodi, quisquilie, pinzellacchere, vero signor Thielemans? Come quando nell’agosto del 2009 gruppi di balordi armati di kalaschnikov terrorizzarono per diverse notti i quartieri di Molenbeek e Anderlecht, arrivando persino ad assaltare una stazione di polizia con lanci di bombe molotov. Dettagli, robetta. Più o meno come la bombola di gas scagliata sulla schiena di un poliziotto dalle finestre di un palazzo durante una delle tante “notti calde” della stessa estate (chissà, sarà colpa del riscaldamento globale).

Ci fermiamo qui per un senso di umana pietà, ma di “episodi” simili ce ne sarebbero da raccontare quasi ogni giorno, senza dimenticare un altro dato essenziale: gran parte degli autori di atti di “microcriminalità” (come il Thielemans ed altri suoi compagni amano definirli), anche gravi, sono regolarmente scarcerati a poche ore dall’arresto, anche grazie alla politica assai “liberale” di molti magistrati (il che ci ricorda qualcosa).

In questo clima di sostanziale impunità, le forze dell’ordine si sentono ovviamente sempre più abbandonate ed impotenti. Ricordiamo tra l’altro che ai poliziotti ausiliari (vedi quelli che hanno placcato gli assassini di Uccle) è vietato girare armati, etichettandosi ovviamente come “fascista” chi propone invece di dotarli di arma da fuoco.

Ora, scemata l'emozione per i fatti di Uccle ed in attesa di registrare il prossimo “episodio isolato”, si impone una riflessione razionale sull'accaduto e sullo stato dell'arte della sicurezza a Bruxelles e in Belgio. A maggior ragione proprio noi, espatriati a Bruxelles da tanti paesi diversi, non possiamo accettare che la città e il paese che ci ospitano precipitino nel baratro dell'anarchia e della paura e che la barbarie l'abbia vinta sulla civiltà. Qual è difatti il primo dovere di uno Stato di diritto se non quello di difendere l'incolumità dei cittadini? La libertà personale e il diritto di spostarsi e vivere liberamente senza temere per la propria vita è il primo tassello su cui si fonda la società civile.

La libertà e la sicurezza non hanno colore, né razza, né confine, né parte politica. La loro garanzia e difesa sono il presupposto primo ed irrinunciabile dello Stato di Diritto. Ove le prime non siano più garantite, il secondo cessa, di fatto, di esistere e lascia il campo alla barbarie, alla legge della giungla, del clan o del più forte.

Noi, comunità di espatriati che hanno conosciuto Bruxelles e il Belgio come terra di accoglienza pacifica e sicura, ci rifiutiamo di accettare che essa diventi terra di nessuno e capitale del “Far West d'Europa”.

Noi, membri del Club della Libertà e del PdL di Bruxelles e della grande famiglia del PPE, ci aspettiamo adesso fatti concreti e risolutivi, non più parole alla Thielemans, da parte delle autorità di Bruxelles e del Belgio, affinché si inverta la rotta e la situazione descritta diventi solo un triste ricordo.

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