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Campagne 2010 di Libertà  ed Eguaglianza

Mine Antiuomo

La situazione in pillole.

La tragedia delle mutilazioni e dei decessi causati dalle mine antiuomo ha motivazioni politiche ed economiche. Coinvolge l’intero sistema economico mondiale, gli interessi nazionali dei Paesi produttori ed il menefreghismo dei politicanti ostaggio del profumo dei soldi. Il nostro scopo è di arrivare alla graduale eliminazione di questo tipo di tragedie.

Tra i vari conflitti in giro per il mondo, tra i quali Afghanistan, Bosnia, Cambogia, Iraq e Vietnam, si stimano circa un centinaio di milioni di mine lasciate nel suolo di una sessantina di Paesi nel mondo. Solo nella ex-Jugoslavia si stimano tra i due ed i tre milioni di mine. Circa 20.000 persone all’anno vengono uccise o menomate dalle mine in tutto il mondo.

Le mine antiuomo causano danni al sistema sanitario, visto che la degenza ospedaliera media di un ferito da scoppio di mina è di 22 giorni, circa il 50% in più di un ferito da altro tipo di scoppio o da proiettile.

Le mine antiuomo causano danni all’agricoltura ed all’allevamento, visto che è improponibile che un allevatore od agricoltore prepari i terreni da coltivare, irrighi, e si dia alla pastorizia su terreni minati durante conflitti armati.

Le mine antiuomo causano danni alle strutture, vale a dire alle strade, ai ponti, alla rete ferroviaria, ecc. Non è una novità che interi villaggi si spostino a causa dei pozzi minati, causa prima di mancanza d’acqua e di energia elettrica, aggravando il fenomeno dell’inurbamento e le condizioni di vita della gente.

Il peso di queste tragedie ricade sui Paesi produttori e/o finanziatori delle mine antiuomo. E’ nostro dovere, quindi, rivolgerci a tutti i Paesi coinvolti, in particolare all’Europa ed, in primis, all’Italia.

Cosa fare.

Questa campagna di Libertà ed Eguaglianza è rivolta agli istituti di credito italiano per sapere se, con il nostro denaro, vengano sovvenzionate aziende che producono mine antiuomo.

Ordigni bellici di scarsa utilità militare, ma che mietono vittime e creano mutilati tra i civili, soprattutto tra i bambini. L’Italia, insieme ad altri Paesi e con l’esclusione, tra gli altri, di Cina, Russia e Stati Uniti, le ha messe al bando; i nostri arsenali ne sono, giustamente, privi. Ciò nonostante l’Italia resta uno tra i maggiori produttori di mine antiuomo.

Si tratta di una produzione industriale che, necessariamente, deve avere, per sopravvivere, un appoggio bancario sotto forma di prestito e/o affido.

Richiederemo, alla A.B.I., Associazione Bancaria Italiana, ed a Confindustria di fornire l’ammontare complessivo di questo giro economico, nonché un pronunciamento per non fornire più servizi di prestito ed affido a queste aziende.

Chiederemo, ai singoli istituti di credito, se tra i loro clienti vi siano imprese che producano o commercializzino mine antiuomo.

Chiederemo, a tutti i parlamentari italiani, di presentare apposite interrogazioni e di chiedere il perché, nonostante gli accordi internazionali ai quali aderiamo, nel nostro Paese sia ancora consentito produrre mine antiuomo o componentistica finalizzata all’assemblaggio di questi ordigni. Chiederemo al Presidente del Consiglio di sostenere, con garanzia sul credito, finanziamenti a fondo perduto e con qualsiasi altro strumento idoneo, lo stato di salute e di livelli occupazionali di quelle aziende che vorranno riconvertire la loro produzione dalle mine antiuomo e dalla componentistica da assemblaggio, in altre attività.

Chiederemo al Presidente della Repubblica di farsi garante della totale, completa abolizione della produzione delle mine antiuomo da tutto il territorio nazionale.

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Q.U.A.R.S.

La situazione in pillole.

La qualità della vita come indicatore economico.

La società moderna è assillata dal fare prodotto. E’, in altre parole, focalizzata sulla fase terminale di un processo produttivo e, spesso, si dimentica delle fasi intermedie e di come, quindi, si arriva alla produzione della ricchezza. Una società così strutturata è una società triste e smarrita che venderà sempre la ricchezza acquisita come un miglioramento della qualità della vita. Ovviamente, non è così.

L’indicatore più diffuso ed usato per valutare il benessere di un Paese è, ad oggi, il Prodotto Interno Lordo (PIL). Questo indice è così osannato dall’arena politica ed economica che ci ritroviamo continuamente bombardati dai dati sul PIL, il quale è solo un indice di quantità e non di qualità.

Il PIL, infatti, non tiene conto di quei beni che non hanno un mercato e, quindi, richiedono una misura qualitativa come i costi indotti dall’inquinamento o dallo sfruttamento non sostenibile delle risorse. Il PIL non misura la qualità della spesa pubblica.

In altre parole, il PIL misura tutto tranne ciò che rende la vita degna di essere vissuta.

Cosa fare.

Libertà ed Eguaglianza propone di utilizzare l’indicatore QUARS (Indice di Qualità Regionale dello Sviluppo) come vero indicatore di benessere di un Paese.

Il QUARS descrive un nuovo modello di sviluppo basato sull’equità, la sostenibilità e la solidarietà in quanto rappresenta e sintetizza quattro indici:

l’indice di Sviluppo Umano, elaborato dall’ONU;
l’indice di Qualità Sociale, composto da indicatori su sanità, salute, scuola e pari opportunità;
l’indice di Ecosistema Urbano, ottenuto da Legambiente;
l’indice di Dimensione della Spesa Pubblica, che valuta i livelli di spesa su istruzione, sanità, ambiente ed assistenza.

Direttivo di Libertà ed Eguaglianza

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