Site icon archivio di politicamentecorretto.com

Vogliamo, possiamo, dobbiamo vincere

Come sempre Silvio Berlusconi è sceso in campo; come si dice, “ci ha messo la faccia”. Giorni e giorni passati a discutere di carte bollate e non di fatti – non per colpa nostra – hanno sicuramente sconcertato gli elettori. Ma ora è tempo di pensare e puntare alla vittoria in queste Regionali. E la vittoria è possibile proprio tornando ai fatti.

Il Popolo della Libertà ed il centrodestra governano attualmente due regioni delle 13 in cui si vota. Diciamo subito che ogni amministrazione tolta alla sinistra segnerà comunque una vittoria. Campania e Calabria segnalano il nostro vantaggio nei sondaggi; Lazio, Piemonte e Liguria evidenziano un testa a testa.

In neppure un anno e mezzo di governo nazionale, abbiamo già conquistato tre regioni, non comprese nel turno di fine marzo: Friuli, Abruzzo e Sardegna. Ciò significa che l’esempio del buongoverno centrale e una forte campagna sul territorio hanno costituito la migliore propaganda.

Deve accadere anche stavolta. Il Lazio è stato sconvolto dall’ostruzionismo elettorale organizzato dalla sinistra, dalla magistratura amministrativa e da quei radicali che a parole si dicono paladini della tolleranza e della legalità. I radicali i quali, ogni volta che sono rimasti a secco di firme per le loro liste ed i loro referendum, non hanno esitato a ricorrere a scioperi della fame e della sete, a tirare per la giacca le istituzioni pur di ottenere comunque il risultato.

Da questi non accettiamo lezioni. Il Lazio in mano ad una coalizione composta da Pd, radicali e Di Pietro sarebbe una iattura per tutti gli elettori. Nessuna di queste tre forze ha le carte in regola per governare, e tanto meno assieme. La loro alleanza durerebbe qualche mese e poi inevitabilmente franerebbe sulle loro contraddizioni. I radicali erano antigiustizialisti ieri – presentarono il referendum sulla responsabilità civile dei magistrati dopo il caso Tortora; e quello sulle separazioni delle carriere tra giudici e pm – ed oggi si trovano alleati del paladino delle procure forcaiole. I radicali erano con Berlusconi ieri, ed oggi si “scoprono” antiberlusconiani. La stessa Emma Bonino deve la sua notorietà non a Marco Pannella, ma al fatto che venne nominata commissario europeo dal primo governo Berlusconi.

Fu lei, la Bonino, a propugnare in Tv la giustezza della guerra nel Kosovo a fianco di Xavier Solana e della Nato, ed oggi sta con i pacifisti e la sinistra arcobaleno. Non si può consegnare la regione della Capitale d’Italia a gente con la memoria tanto corta e le idee tanto confuse. Non si può consentire che la sinistra non paghi dazio dopo il malgoverno amministrativo che ha prodotto un deficit record e le tasse locali più alte d’Italia, zero servizi per i cittadini ed infine lo scandalo Marrazzo, per il quale nessuno ha mai chiesto scusa agli elettori. E dove ora la giunta uscente ha perfino il coraggio di inondare le sale cinematografiche di uno spot che vorrebbe apparire istituzionale, ma è solo ipocrita propaganda.

La nostra coalizione si presenta nel Lazio con una candidata del Popolo della Libertà che rappresenta il mondo del lavoro e la società civile. Proprio per questo Renata Polverini era in testa nei sondaggi nonostante non fosse una professionista della politica di lungo corso come la Bonino. La Polverini ha Berlusconi al proprio fianco. Deve essere lei il prossimo presidente del Lazio.

In Piemonte il PdL ha accolto la richiesta della Lega di presentare un suo candidato. Abbiamo fatto un passo indietro, come in Veneto, per riconoscere il valore strategico di un’alleanza. Non ci siamo combattuti tra noi come accade nella sinistra, non sono volati ricatti reciproci. E’ una collaborazione trasparente e leale. Il compito di Roberto Cota non è facile perché a Torino si è radicata una classe dirigente che ha l’appoggio dei poteri finanziari locali. Ma il popolo non si fida più di questa gente, così come in una delle aree più industrializzate d’Italia gli operai stanno abbandonando la Cgil.

Stesso discorso per la Liguria, dove la nomenklatura della sinistra professionista governa Genova con risultati mediocri. La città e la regione rischiavano l’isolamento dall’Europa, se questo governo non avesse sbloccato le infrastrutture indispensabili al lavoro ed al commercio. E’ quanto è accaduto in Piemonte, con la Tav: fosse stato per la sinistra, saremmo ancora qui a chiacchierare ed a subire i veti degli estremisti. Avremmo perso i finanziamenti europei, che sarebbero stati dirottati altrove.

Alla fine si faranno i conti, che si baseranno inevitabilmente su quanti cittadini sono rappresentati da noi, e quanti da una sinistra che ha ancora la faccia all’indietro, e che anziché occuparsi dell’economia, del lavoro, delle famiglie e della sanità, preferisce dedicarsi all’accanimento giudiziario, preferisce le invettive al buon governo.

Lo abbiamo visto anche durante la conferenza stampa di Silvio Berlusconi. Come ha detto il premier, noi non ci sogneremmo mai di cercare di impedire una loro conferenza stampa, così come non andremmo a contestare le loro manifestazioni. Il loro disturbatore è invece già diventato un beniamino dei loro giornali, delle loro tv, dei loro siti internet. Non sono capaci di governare, e lo hanno dimostrato a Roma e nelle regioni. Al contrario, sono attivissimi nel denigrare l’avversario e parlar male del governo.

Ecco perché dobbiamo vincere. E’ un dovere per riportare lo Stato e il buongoverno nelle nostre regioni. Come abbiamo fatto in Campania, dove eravamo alla catastrofe ambientale, legale, d’immagine. Berlusconi, a Napoli e dintorni, ha rimesso le cose a posto. Lo faremo anche altrove. Ma dobbiamo vincere anche per reagire a quanti volevano garantirsi la vittoria a tavolino. Come sempre, la sinistra cerca altre vie, altre scorciatoie non avendo nulla da dire e da proporre sul piano del governo. Non avendo alcun esempio da ricordare. Questo stato di cose deve finire, ed ecco perché noi faremo valere non solo le nostre buone ragioni, ma a questo punto anche la nostra lucida protesta.

L’intervento di Berlusconi spazza via
le incertezze elettorali

La disaffezione, il disincanto, il distacco: sono questi i sentimenti degli elettori descritti dagli opinionisti dei grandi quotidiani e da alcuni sondaggisti nei confronti del Popolo della Libertà. Finché giovedì sera alle 18 questi presentimenti sfavorevoli, più che sentimenti reali, sono stati spazzati di colpo via di colpo da un intervento deciso del Presidente Berlusconi che è passato all’attacco, innestando una nuova marcia in questa campagna elettorale. Ancora una volta gli uomini del PdL del Lazio, riuniti in un salone dell’hotel Hilton, hanno potuto vedere il Berlusconi di sempre, l’uomo dei grandi momenti, il leader capace di dire che è pronto a battere uno storico e forte pugile come Carnera al braccio di ferro. È tornato in campo Berlusconi e torna il sereno nelle file del PdL che erano state scosse in qualche misura dai problemi delle liste elettorali. C’è un disegno contro di noi condotto da una parte della solita magistratura e dai consueti mestatori della sinistra, questo è il succo del discorso di Berlusconi. Il presidente ha sottolineato come siano stati soprattutto i giudici politicizzati a dettare i tempi e i modi di una campagna elettorale quanto mai strana e inconsueta. Ci attendono ancora due settimane piene da dedicare non solo alla riconquista di tutti i consensi ma anche e soprattutto alla conquista di quei voti che non possono essere regalati ad una sinistra inconcludente e assolutamente incapace di produrre qualcosa di diverso dalle chiacchiere. La realtà è che non esiste un’alternativa reale, concreta, efficiente al Popolo della Libertà e al suo leader Silvio Berlusconi. Già il nuovo segretario della sinistra cosiddetta riformista Bersani, comincia a mettere le mani avanti e a proclamare che nel caso in cui il Popolo della Libertà riportasse solamente, bontà sua, quattro regioni, sarebbe per noi del PdL una grave sconfitta. Ecco come la sinistra, in realtà per niente riformista ma sempre più confusa in un abbraccio con gli estremismi di Di Pietro, confonde ancora gli scenari e cerca di cambiare le carte in tavola partendo da un 11 regioni a 2 a loro favore che ci può vedere da qui in avanti soltanto in forte ripresa. Occorre perciò fiducia nelle nostre forze, capacità di convincimento degli elettori che sono ancora incerti e soprattutto l’orgoglio di suggerire ogni giorno che un Governo regionale dovrebbe essere sempre affiancato da un Governo nazionale di simili principi e di simili valori. Andremo incontro alle richieste degli elettori, pronti a soddisfarle nella realtà con una serie di iniziative concrete, come sempre abbiamo fatto. E ancora una volta le chiacchiere della sinistra parolaia si scontreranno con il muro dei fatti del nostro Governo.

La loro unica arma: il mentire
Non è una tattica per vincere le elezioni, una tecnica di propaganda astuta, ma l’affermazione della verità drammatica che tiene per il collo il nostro Paese e ne soffoca la democrazia e il benessere. Questa è la ragione della presa di posizione forte di Berlusconi e della chiamata alla manifestazione del 20 marzo a Roma. La sua tecnica del resto è sempre stata questa: parlare con sincerità ai cittadini italiani, cercando di saltare la mediazione ostile della grande maggioranza dei giornalisti e soprattutto dei loro editori-finanzieri. Ed ecco che l’apparato della bugia permanente si arriccia, inietta veleno, così confermando una volta di più quanto affermato dal premier.

Come volevasi dimostrare, la reazione alle parole di Berlusconi ne conferma la tesi: in quanto accaduto a proposito delle liste, in Lombardia e in Lazio c’è un disegno. Un disegno disperato come chi veda quale unica strada per pagare i suoi debiti il delitto, confidando di farla franca per le molteplici complicità degli apparati mediatici e giudiziari.

In Lombardia il Tar con una doppia sentenza ha messo in luce che errori e rottura della legge è stata dei giudici della Corte d’Appello che avevano consentito ciò che il codice vieta, Uno scandalo. Qualcosa che dovrebbe richiedere immediatamente sanzioni disciplinari da parte del Csm. E le pubbliche solenni scuse dei magistrati penali, i quali tra l’altro hanno applicato un rigore persecutorio e illegale contro le liste di Formigoni e invece hanno allargato la manica per la lista di Penati e del Pd. Un danno gravissimo comunque.

Nel Lazio si è fatto di più e di peggio. L’ufficio elettorale si era trasformato – come dimostra la presenza di telecamere e di provocatori travestiti da funzionari di partito assai bene istruiti – in una trappola costruita apposta per impedire l’esercizio del diritto di voto. La sequenza degli avvenimenti illustrata da Berlusconi documenta il sopruso. Perfezionato dalle varie sentenze negative che per ora tengono fuori la lista del Pdl.

La strategia antidemocratica aveva un obiettivo minimo e uno massimo. Quello minimo era di seminare la denigrazione sui nostri dirigenti elettorali. Indurre gli elettori a credere che fossero degli inetti, incapaci persino a presentare delle liste in modi e tempi decenti. Questa truffa è riuscita purtroppo ad attecchire anche in qualche organo di informazione vicino al centrodestra. Il danno tuttora permane nonostante la sentenza che diventa di fatto una condanna dei denuncianti. Ma qualcuno l’ha trovata per esteso, nella sua durezza, sui quotidiani più diffusi? Sui siti internet? In televisione? Insomma: la riammissione sacrosanta imposta dai giudici amministrativi lombardi non è stato affatto raccontata dai giornali nella sua enormità.

L’obiettivo massimo è quello, per ora riuscito nel Lazio, di continuare tramite magistratura ad avallare il sopruso subito non tanto e non solo dai candidati del Pdl quanto dal popolo tutto che non può votarli e anche da quelli che non li avrebbero votati ma vengono a loro volta privati del gusto della libertà. Anche solo per questo dovrebbero ribellarsi per primi i cittadini di sinistra, trattati come bambini da imboccare dai loro capi. Ma figuriamoci se quelli hanno un soprassalto di coscienza.

Per questo la manifestazione del 20 marzo, e per questo che non sarà simbolica ma di massa. Il popolo comunicherà al popolo i fatti, la verità delle truffe, indicherà i nomi dei rapinatori di democrazia, ed esprimerà con civiltà e furore la propria indignazione. Intanto non aspettiamoci una rappresentazione onesta dei motivi della discesa in piazza di Berlusconi e della sua gente.

In che modo? Si utilizza l’arma vecchia dell’analisi psicologica del “mostro” Berlusconi circondato da servi sciocchi e divisi. Una vergogna che dà inchiostro senza pudore alle penne non solo di Repubblica, e dei giornaletti travaglieschi ma anche al Corriere della Sera. Non ci stupisce. Ci stupisce piuttosto che ci si continui a stupire della loro malafede.

Bersani è come il lupo della favola. Agghindato da buona nonnina, dispensatrice di buoni consigli e buoni tortellini, ingannerebbe Cappuccetto rosso, se non fosse per i ciuffi di peli che gli spuntano dal travestimento. Ci vuole una dose esagerata di faccia tosta e di leniniana doppiezza per entrare in campagna elettorale nella parte di chi ne ha abbastanza di lagnanze sulle liste bandite e riporta al centro della competizione le cose che contano: lavoro, sanità, scuola, trasporti…

Comodo atteggiarsi a noncuranti uomini di mondo, quando la lista scaraventata fuori pista è quella dell’avversario. Se il medesimo trattamento fosse stato riservato da un qualche magistrato fazioso dell’ufficio elettorale alla lista del Partito democratico, Bersani sarebbe sulle barricate con i peli drizzati, a ululare di indignazione.

Il richiamo alla “politica delle cose” suona ragionevole, ma è parte del grande imbroglio della sinistra. Che contribuisce alla soluzione dei problemi con il rituale sciopero generale della Cgil, come nel medioevo si organizzavano processioni contro la peste. Così come ha dato al superamento della crisi economica globale il contributo della predicazione disfattista sul “declino” nazionale, paragonato alle magnifiche sorti e progressive della Spagna del compagno Zapatero, testimoniato dal “sorpasso” sull’Italia, e perfino alla crescita impetuosa vantata dalla Grecia. Quante balle. Certo, l’economia italiana non se la passa bene di questi tempi, ma sempre meglio delle economie concorrenti.

Le misure del governo sono servite a scongiurare il peggio e ad avviare la risalita dalla china. Risalita che è in atto. Si sarebbe potuto fare molto di più, senza il peso del mostruoso debito pubblico accumulato in decenni di cedimenti alla demagogia della sinistra comunista. Le colpe dei padri ricadono sui figli.

Questa sinistra piagnona e catastrofista, sempre pronta a barare al gioco della democrazia e a indossare, se scoperta, le vesti della virtù oltraggiata, non ha nulla di buono da proporre al Paese. Soltanto vecchi intrugli scodellati dai soliti noti, pronti a tutto e buoni a niente. Oggi, quando si sono presentati in piazza a braccetto, gli italiani hanno avuto l’impressione di rivedere un brutto film dell’orrore. Con Bersani al posto di Veltroni, che non è un cambiamento in meglio.

Veltroni, se non altro, aspirava alla maggioranza per il suo partito. Avendo fatto l’esperienza delle coalizioni rissose e inconcludenti, realizzate con l’assemblaggio di partitini lunatici, si proponeva di non ricadere nell’errore. Ma ci è ricaduto associandosi Di Pietro e ne ha fatto le spese. Bersani, invece, abbraccia tutti: i fanatici incontrollabili di Di Pietro e Vendola dipinto di verde, il socialista-fantasma Nencini e i guastatori radicali di Pannella. Perfino i neocomunisti extraparlamentari Ferrero e Diliberto, resuscitati a 23 mesi dal decesso pur di raschiare anche il fondo del barile elettorale della sinistra.

La pittoresca accozzaglia non esprime una proposta di governo alternativa al centrodestra. Relitti di trascorsi naufragi e derelitti della politica sono messi insieme nello sforzo di raschiare una percentuale di voti che certifichi la consistenza di un virtuale bacino di opposizione, da cui attingere un qualche progetto politico. Sarà il risultato delle regionali a rilanciare la politica nazionale nel secondo tempo della legislatura. La sconfitta dell’orda delle opposizioni, raccolta nel segno dell’antiberlusconismo viscerale, servirà a tenere in carreggiata la governabilità del Paese e a convincere la stessa sinistra della necessità di rinnovarsi. Ma per davvero.

La nostra grande verità: il fare
Primo impegno: votare. E la vittoria verrà
· Come ha detto Silvio Berlusconi, l’obiettivo principale dei nostri avversari politici e giudiziari era la vittoria a tavolino. Escludere il Popolo della Libertà dalla competizione elettorale, a partire dalle due regioni più importanti per abitanti e peso politico, Lombardia e Lazio.

· Che di manovra si tratti, lo dimostra l’esito opposto dei ricorsi e dei giudizi della stessa magistratura amministrativa: riammessa a pieno titolo la lista di Roberto Formigoni in Lombardia, esclusa quella del Pdl nel Lazio.

· Poiché non è possibile che sul voto dei cittadini, cioè sul momento-cardine della democrazia, esistano due metri di giudizio e due giurisprudenze diametralmente differenti, ecco la prima dimostrazione che non nostra è la responsabilità, ma di chi “ci ha provato”.

· Lo stesso Corriere della Sera certifica gli effetti concreti, ad oggi, di questa operazione: il 19% degli elettori non ha ancora deciso; il 17% ha cambiato idea dopo il caos giudiziario intorno alle liste; l’astensione è prevista in aumento.

· Una ulteriore riprova viene dalle regioni considerate in bilico: Lazio in primo luogo, dove era in vantaggio Renata Polverini. E poi Campania, Piemonte, Liguria. Guarda caso, tutte regioni dove il centrodestra ha tutti i numeri ed i meriti per ambire al successo. E, guarda caso, in cima alla lista c’è proprio il Lazio.

· Dunque, reagire contro quella che è in primo luogo – ed ora è dimostrato – una manovra per dare alla sinistra la vittoria a tavolino.

· Per questo la decisione di Berlusconi di gettarsi nuovamente, in prima persona, nella battaglia elettorale, non è affatto la sfida di un “Cavaliere solitario”, come sempre il Corriere la descrive. E’ una sfida per ristabilire le regole della democrazia. Altro che storie.

· Ancora. Lo sconcerto rischia di colpire soprattutto i nostri elettori. E questo per due motivi molto evidenti: 1) non sono elettori settari e “militarizzati”; 2) non sono elettori abituati a considerare la politica come demolizione dell’avversario, a vincere truccando la partita.

· Tutto ciò smentisce fra l’altro la stanca teoria del “partito-regime” o del “partito di plastica” che certa stampa e l’opposizione ha tentato in questi mesi di propinare alla gente. Semmai esiste un “partito-truffa”, ed è la sinistra.

· Il diritto sacrosanto al voto ed alla rappresentanza elettorale non è una nostra pretesa, è perfino assurdo ripeterlo. E’ un principio che lo stesso Capo dello Stato aveva riconosciuto e fatto proprio nel momento di controfirmare quel decreto del governo così contestato dalla sinistra.

· Andare a votare, inoltre, perché i molti spettatori interessati – dalla stampa finanziaria internazionale a certi settori della grande industria – hanno ripreso a svolazzare sulla politica italiana, pretendendo di decidere loro da chi e come dovremmo essere governati. Siamo all’assurdo (ma non troppo) che una fondazione nata per rinnovare la politica – Italia Futura di Montezemolo – ora predica l’astensionismo. Proviamo a chiederci perché.

· Se in queste due settimane che ci separano dalle Regionali ci convinceremo delle nostre buone ragioni, e ci mobiliteremo, ribalteremo ogni manovra interessata e ogni “gufata”, riappropriandoci come sempre del nostro destino.

· Ciò potrà avvenire in particolare nelle quattro regioni in bilico. Che sono improvvisamente diventate in bilico non a caso, ma proprio perché su di esse si misurerà la vittoria.

· Nel Lazio, lo abbiamo già detto, la giunta di sinistra è responsabile di cattiva amministrazione e di scandali personali. Deficit sanitario a livello record, tasse più alte d’Italia, paralisi nell’edilizia, nel commercio e nel turismo, piani ambientali fermi. Ed infine la vicenda Marrazzo. Chi sostiene Emma Bonino sono gli stessi che hanno governato il Lazio finora. Se vinceranno, manterranno tutti la poltrona. E’ giusto che non paghino dazio? E’ una coincidenza che proprio lì si sia consumato il golpe giudiziario?

· Non crediamo che la Campania sia realmente in bilico. Ma anche là i misfatti della sinistra sono talmente evidenti che non meriterebbe neppure di tornarci sopra. Napoli era sommersa dalla spazzatura, ed il governo ha risolto in pochi mesi questa emergenza per loro “insormontabile. Intere aree erano in mano alla camorra, e questo governo vi ha riportato lo Stato sferrando la più efficace offensiva contro la criminalità organizzata che si sia mai vista.

· In Piemonte, prima che tornasse al governo nazionale il centrodestra, sia la sinistra di Romano Prodi sia la giunta di Mercedes Bresso erano prigionieri della sparuta e chiassosa minoranza contraria alla Tav e alla modernizzazione. Noi abbiamo risolto il problema, recuperando quei fondi europei che altrimenti sarebbero andati ad altri paesi concorrenti. Ed ora la sinistra piemontese ha anche la faccia di prendersene il merito.

· In Liguria il porto soffriva dell’isolamento dall’Europa: noi abbiamo rimesso in moto le infrastrutture necessarie, a cominciare dal Terzo valico ferroviario sul quale la regione (di sinistra) e la provincia di Genova (di sinistra) si erano azzuffate per anni affossando il progetto.

· Questi sono i fatti, su scala nazionale e locale. Ecco perché per prima cosa è importante andare a votare. E, votando, la vittoria verrà da sé.

Nostro impegno: informare. E battere l’odio

Il segno che in Italia è definitivamente scomparsa una vera classe dirigente è confermato dal fatto che si stanno ricreando le stesse condizioni che hanno reso possibile l’attentato avvenuto a Milano lo scorso dicembre nei confronti del Presidente del Consiglio. La sinistra non ha capito la pericolosità del clima di odio che alimenta contro Berlusconi e contro gli avversari politici. Oggi si sta riproponendo lo stesso clima infiammato, forse ancora più accentuato, alimentato dalle violente dichiarazioni di Di Pietro.

Il problema è che ormai una intera generazione è stata educata da più di un decennio alla politica della demonizzazione e dell’odio nei confronti degli avversari politici.

Questo fronte dell’odio, della denigrazione continua, della distruzione di tutto ciò che non è assimilabile alla propria cultura e che non si sottomette ai propri interessi, ha fatto bella mostra di sé oggi nel corso di una manifestazione in cui Bersani va a braccetto con Di Pietro e con la Bonino.

E’ il trionfo di tutto ciò che l’Italia deve aborrire, di tutto ciò che i cittadini devono temere: una miscela indigeribile di giustizialismo, di faziosità politica e di cultura radicale che è agli antipodi delle migliori tradizioni democratiche, liberali e riformiste del nostro Paese. Mai come oggi dobbiamo sapere che siamo davvero di fronte ad una scelta di campo politica e culturale.

La piazza odierna rivela una parte dell’Italia malata di odio, non solo verso Berlusconi o verso il Popolo della Libertà, ma verso la maggioranza degli italiani colpevoli di non essere come loro, di non pensarla come loro, di non leggere i quotidiani che leggono loro, di non guardare i programmi televisivi che guardano loro, di non leggere i libri che leggono loro, di non fare le vacanze che fanno loro, di non vestirsi come si vestono loro.

Se vincessero loro l’Italia sarebbe meno libera, noi tutti saremo meno liberi. Se prevalesse questa parte dell’Italia sarebbe peggio che nel 1994, quando ancora non era nata una generazione di giovani educata alle parole d’ordine dei Travaglio, dei Di Pietro e di quella compagnia di giro che ha formato in questi vent’anni un’intera generazione non alla bellezza del confronto delle idee e del galateo politico, ma all’odio antropologico verso gli avversari.

Sta a noi impedirlo, come nel 1994 abbiamo impedito agli ex comunisti di conquistare il potere solo perché avevano eliminato tutti i loro concorrenti politici.

Nostro scopo: le riforme. E le faremo

Per vincere – e noi possiamo e dobbiamo vincere – bisogna prendere per mano l’Italia! Ridare fiducia e speranza in poche settimane a quei milioni di italiani confusi, disorientati e disgustati dalla scorrettezza e dalla protervia di un gioco dei palazzi del potere che, complice la magistratura, distorce completamente la realtà e porta al rifiuto della manifestazione vitale di ogni democrazia: il voto appunto.

Per vincere dobbiamo riportare rapidamente decine di milioni di cittadini, giovani e donne sopra tutti, a guardare al cuore del problema e alla motivazione profonda per cui siamo diventati l’oggetto di un attacco concentrico che pretende di essere definitivo… In gioco non è soltanto questo o quel governatore, questa o quella bandierina azzurra che pure sventolerà sulle regioni. L’obiettivo della sinistra è impedire al premier di fare quelle riforme che solo nel triennio che il governo ha davanti da aprile del 2010 sono davvero possibili e realizzabili dopo tante attese e troppe promesse. Se Berlusconi vince questo confronto di middle term, riuscendo nell’impresa di salvare le ragioni di libertà persino ora che si è scatenata un’incredibile macchinazione burocratico – giudiziaria per impedirci di votare le nostre liste in regioni chiave e nella città che è il cuore del Paese, nessuno può più fermarlo. Qui non si tratta di avere qualche punto in più o in meno di consenso e non si tratta nemmeno di risvegliarci a fine marzo con qualche governatore strappato alla sinistra inaspettatamente. Qui si tratta di prendere per mano, come solo il buon padre di famiglia sa fare e sa spiegare, quei milioni di indecisi, di insofferenti, di delusi che si nascondono in questa vigilia tormentata dallo scandalo delle liste usato come il più potente antidoto anti berlusconiano.

Ecco perché il leader del PdL ha capito che doveva ri-parlare lui ai cittadini superando le barriere regionali e aiutandoli. Volete ancora tre anni di speranza, di libertà e di vita civile con un leader che farà di tutto per migliorare le vostre vite e per non intromettersi nei vostri spazi privati e personali o volete un nuovo corso, un regime strisciante che attraverso le Procure, i faldoni, le milioni di intercettazioni che controllano e possono ricattare tutto e tutti si impadronisca silenziosamente delle vostre vite entrando nelle case e nel vostro privato? E’ una riflessione amara, ma purtroppo niente affatto allarmistica.

Se pensiamo a quello che è successo oggi, una piazza romana che ripropone la vecchia Unione anti berlusconiana per colpire insieme il Capo del governo, il Capo del più grande partito italiano, sfiorando, per tenderlo sottotiro, persino il Quirinale, il quadro è completo. Non è un caso che Bondi pochi giorni fa, abbia lanciato un appello quasi “disperato” alla ragionevolezza nei confronti degli avversari, chiedendo “un minimo di ragionamento politico, per mantenere almeno un briciolo di rispetto per le istituzioni!”.

Exit mobile version