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SVIZZERA: REFERENDUM SULLA PREVIDENZA PROFESSIONALE, UNA VALANGA DI NO AL FURTO DELLE RENDITE

Giornata elettorale quella del 7 marzo in Svizzera, ma tra i diversi oggetti in votazione, pure su temi locali, l'attenzione di tutti, anche delle comunità straniere prive del diritto di voto, era rivolta al risultato del referendum sull'abbassamento al 6,4% dell'aliquota di conversione in rendita dell'avere di vecchiaia della Previdenza Professionale maturato all'atto del pensionamento.
Ebbene, dall'elettorato elvetico (la partecipazione al voto è stata del 45,6%) è arrivata una valanga di no (72,7%) al furto delle rendite del Secondo Pilastro. Un trionfo per il sindacato UNIA che aveva lanciato questo referendum contro la decisione del Consiglio Federale e del Parlamento elvetici che avevano voluto ridurre ulteriormente al 6,4%, dal 2016, l'aliquota di conversione dopo che già era stata abbassata gradualmente dal 7,2 al 6,8% nel 2014.
Una riduzione che, unitamente a quella del tasso di interesse sul capitale di vecchiaia, dal 4 al 2%, avvenuta in questi ultimi anni, avrebbe messo a grave rischio l'obiettivo costituzionale che le rendite del Primo (AVS) e del Secondo Pilastro debbono garantire complessivamente ai pensionati il 60% del salario percepito prima del pensionamento.
Un risultato che, da un lato, premia il sindacato UNIA che ha vinto la sua battaglia per il no, nonostante la propaganda milionaria dei sostenitori del si, ovvero il sistema bancario ed assicurativo e, dall'altro, è un segnale forte, molto forte, per quanti nel Consiglio Federale, nel Parlamento e tra la borghesia elvetica volessero insistere nel voler ridurre le prestazioni socio previdenziali di questo Paese già oggi non certamente eccelse!

Dino Nardi, Coodinatore UIM in Europa

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