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Il costituzionalista Pace: “Il legittimo impedimento è incostituzionale”

L'intoccabile di Alessandro Pace*, da Repubblica, 8 febbraio 2010

Il testo del disegno di legge sul legittimo impedimento del premier e dei ministri, approvato dalla Camera mercoledì scorso, suscita, già a una prima lettura, numerose, fortissime perplessità d´ordine costituzionale.
Di queste perplessità se ne possono contare almeno sei.

1) Il primo comma dell´articolo 1 sancisce una presunzione “assoluta” di “legittimo impedimento” con riferimento non già a talune specifiche situazioni, bensì con rinvio a varie disposizioni che genericamente prescrivono quali sono le attribuzioni del premier. Ma queste attribuzioni, singolarmente analizzate, non implicano affatto la sussistenza di un impedimento a comparire dinanzi al magistrato in quel preciso giorno e a quella data ora, il che urta contro l´enunciato dell´articolo 420 ter del codice di procedura penale, esplicitamente richiamato dal ddl approvato dalla Camera. Quella norma del codice dispone infatti che l´impedimento dell´imputato a comparire dinanzi al giudice, per essere rilevante, deve essere “assoluto”: presuppone cioè uno specifico accertamento di fatto, che invece il ddl omette.

2) L´articolo 2 del disegno di legge, come già il lodo Schifani e il lodo Alfano, esclude l´applicabilità della presunzione assoluta di legittimo impedimento ai giudizi penali per reati commessi dal premier (e dai ministri) nell´esercizio delle loro funzioni. Di qui la palese incongruenza, già rilevata dalla Corte con riferimento alle citate due leggi Schifani e Alfano. Viene prevista in favore del premier, imputato di un reato comune (nella specie, la corruzione in atti giudiziari o la frode fiscale) una prerogativa di cui invece lo stesso premier non potrebbe godere con riferimento a reati eventualmente da lui compiuti nell´esercizio delle sue funzioni di governo.
Ma se tale prerogativa non esiste per i reati funzionali (la cui disciplina di base è prevista nella legge costituzionale numero 1 del 1989, modificabile solo con un´altra legge di pari grado), a maggior ragione non se ne può sostenere l´applicabilità con riferimento a processi per reati comuni, nei quali viene in gioco «il principio della parità di trattamento rispetto alla giurisdizione»: un principio che, costituendo un principio supremo dell´ordinamento, dalla maggioranza della dottrina è ritenuto addirittura inderogabile ancorché previsto con legge costituzionale.

3) Nella sentenza 262 del 2009, relativa al lodo Alfano, la Corte costituzionale ha statuito che le prerogative (insindacabilità, scriminanti in genere, condizioni di procedibilità) di cui godono i titolari di organi costituzionali «sono sistematicamente regolate da norme di rango costituzionale», e quindi la loro previsione richiede che sia seguita la procedura di cui all´articolo 138 della Costituzione. Di qui la conferma: solo una legge costituzionale potrebbe prevedere una presunzione assoluta di legittimo impedimento del premier e dei ministri (sempre che – come già si è detto – non si ritenga che tale presunzione assoluta finisca per ledere – come in effetti lede – «il principio della parità di trattamento rispetto alla giurisdizione»).

4) È bensì vero che la Corte costituzionale, sempre nella sentenza 262 del 2009, ha affermato che la «deducibilità del legittimo impedimento a comparire nel processo penale (…) non costituisce prerogativa costituzionale», e quindi è disciplinabile dal legislatore ordinario. A tale conclusione la Corte è però giunta sul presupposto che il legittimo impedimento «prescinde dalla natura dell´attività» e costituisce una norma «di generale applicazione». Per contro il legittimo impedimento disciplinato dal ddl 889 non è norma di generale applicazione. Riguarda solo il premier e i ministri, e contro di essa non è ammissibile la prova contraria. Costituisce perciò una prerogativa del premier e dei ministri, per la cui previsione è perciò necessaria, come già detto, una legge costituzionale.

5) Secondo il disegno di legge il regolare corso del processo penale verrebbe legittimamente ostacolato poiché verrebbe in gioco il doveroso esercizio delle funzioni di governo. Ammesso pure che ciò sia vero (e non si ritenga invece che il provvedimento intenda tutelare «l´aspetto psicologico, individuale e contingente, della soggettiva serenità del singolo titolare della carica», come tale non tutelabile), deve però essere sottolineato che se è vero che la Corte costituzionale ha già deciso, in passato, nel caso Previti (sentenza 225 del 2001), che l´esercizio della funzione giurisdizionale non prevale aprioristicamente sulla politica, è altrettanto vero che, a sua volta, la politica non può prevalere aprioristicamente sull´esercizio della funzione giurisdizionale. Pertanto il bilanciamento tra i due valori costituzionali non può essere effettuato una volta per tutte dal legislatore ordinario facendo prevalere un potere dello Stato sull´altro. Ad esso dovrà provvedere solo il competente magistrato, di volta in volta e secondo le comuni regole (così, ancora, la sentenza 225/2001).
Il che – si badi bene – è stato affermato all´unanimità anche dalla Corte Suprema degli Stati Uniti, allorché respinse all´unanimità la tesi – sostenuta dal presidente Clinton, nel processo intentato contro di lui da Paula Jones – secondo la quale i suoi gravi impegni istituzionali non gli consentivano di occuparsi d´altro (e quindi il processo dovesse essere sospeso fino alla scadenza del mandato presidenziale). La Corte Suprema rilevò allora, non diversamente da quanto ha fatto la nostra Corte costituzionale nel caso Previti, che rientra nella competenza del giudice valutare l´opportunità o meno di concedere, di volta in volta, eventuali rinvii del dibattimento.

6) L´articolo 2 del ddl approvato dalla Camera prevede che le disposizioni sul legittimo impedimento si applicano fino alla data di entrata in vigore della legge costituzionale recante la disciplina organica delle prerogative del presidente del Consiglio dei ministri e dei ministri (e cioè del cosiddetto lodo Alfano “costituzionalizzato”). È allora evidente che il ddl 889 è una mera “legge-ponte” che tenta di bloccare lo status quo in attesa dell´auspicata legge costituzionale. Con ciò i proponenti di quel testo finiscono però implicitamente per ammettere che, per disciplinare il legittimo impedimento del premier e dei ministri, occorre una legge costituzionale; e che il tentativo di anticiparne l´efficacia con una legge ordinaria è palesemente incostituzionale.

* Docente di Diritto costituzionale all´Università di Roma La Sapienza

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