PDL E QUESTIONE MORALE

Qua e là – come fastidiosi foruncoli – sempre più spesso scoppiano piccoli o grandi esempi di malaffare in cui singoli esponenti del PDL (come di altri partiti) si fanno impiastricciare in affari poco trasparenti.

Non mi va di generalizzare ma neanche di minimizzare, perché se è vero che a volte è la stessa Magistratura – soprattutto verso il premier o le persone più in vista – che esagera con gravi ripercussioni e conseguenti pressioni indebite su candidature ed eletti, resta il fatto che non si possono coprire o giustificare sempre come “persecuzione politica” questi piccoli o grandi episodi di corruzione. Così come è evidente che stando al vertice di una struttura complessa a volte non si può sapere e neppure immaginare cosa combini qualche sottoposto infedele, resta il fatto che tutti portiamo la responsabilità morale di controllare al meglio le strutture che ci siano state affidate.

La storia insegna che il male, la corruzione, il furto sono a volte insiti nelle persone umane, ma è evidente che questo avviene soprattutto quando c’è un calo di attenzione morale, di etica di comportamento, di controllo. A proposito di controlli è assurdo poi che in Italia si siano in questi anni moltiplicati gli interventi legislativi di controllo formale – spesso appesantiti con una bardatura costosa di atti – e non si vada invece al concetto che chi fa politica deve avere l’autonomia e l’autorevolezza di decidere, ma che deve farlo in modo onesto, pena le sanzioni più pesanti.

Invece oggi l’onesto viene taglieggiato comunque dal “sistema” perdendoci tempo e denaro, mentre il disonesto trova sempre indebite scuse morali per cavarsela e i tempi lunghi dei processi spostano poi “sine die” una spesso doverosa e sacrosanta condanna. Non mi piace fare il moralismo, credo che l’onestà (come la disonestà) non abbiano colore politico ma – dando a tutti il diritto all’innocenza fino a definitiva prova contraria – resta il fatto che certi atteggiamenti nascono e si diffondono soprattutto quando non c’è selezione politica, culturale, professionale del candidato o dell’eletto a qualsiasi carica. Anche questi sono gli effetti di quando la gente sceglie (e spesso non può fare in altro modo) solo per la “telegenicità” di una persona e non per il suo valore.

Servono professionalità e più esperienza: è assurdo dover sostenere un esame alla Camera di Commercio per poter aprire un bar mentre si può fare il politico anche di alto livello senza nessuna conoscenza tecnico-amministrativa preventiva o un minimo di tirocinio. Non può funzionare un sistema così, come solo un controllo sostanziale e non formale dell’ amministrazione pubblica può (e non sempre) dare un po’ più di garanzia di effettiva trasparenza. Non mi interessa chi mi dirà che i nostri avversari sono peggio di noi: se nel centro-destra non ci poniamo subito e fino in fondo queste questioni con la necessaria chiarezza sottovalutiamo un problema che prima o poi da foruncolo diventerà infezione portando conseguenze gravissime per tutti, anche (purtroppo) per la grande maggioranza di chi invece si comporta in maniera più che corretta.

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