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Abbiamo una politica estera efficace

L’Iran non aveva mai reagito così duramente nei confronti di un Paese che non fosse Israele o Stati Uniti, rispettivamente definiti il Piccolo e il Grande Diavolo dal regime degli ayatollah o, più realisticamente, dal regime dei Pasdaran, i guardiani della rivoluzione che ormai tengono in ostaggio i politici e si impadroniscono delle leve economiche del Paese. Questi stessi Pasdaran che, per tenere buoni i militari “regolari” delle Forze Armate, spingono perché venga loro dato il “giocattolo terribile” dell’arma nucleare. Ovviamente, se i militari iraniani non potessero mettere nei loro arsenali la bomba, entrerebbero in conflitto con i Pasdaran e questi ultimi, probabilmente, avrebbero la peggio.

Ecco spiegati i motivi della violentissima reazione di Teheran al discorso di Silvio Berlusconi alla Knesset in cui il premier italiano ha puntato il dito contro le ambizioni nucleari dell’Iran. Perché quel dito si è incuneato tra le due forze che, grazie alla tregua sospettosa in cui vivono da anni, consentono al regime di sopravvivere.

Se Berlusconi si fosse limitato ad esaltare l’amicizia italo-israeliana, anche se rafforzata in estensione e profondità, superando le dimensioni di una visita di Stato per assurgere al livello di vertice intergovernativo, la reazione di Teheran sarebbe stata “normale”. Invece Berlusconi ha utilizzato l’evento per sottolineare con forza il pericolo che rappresenterebbe un Iran dotato di armi nucleari. E con tale fermezza che, a parte le dichiarazioni di apprezzamento americane, oltre quelle ovvie israeliane, ha spinto il presidente Obama a ritirare quella mano tesa all’Iran con cui aveva iniziato il suo mandato alla Casa Bianca e a riproporre una politica di sanzioni, pur sapendo quanto sia difficile la loro applicazione.

Anche la Russia, che pure polemizza con gli Strati Uniti per il sistema antimissili che verrà installato in Romania, è uscita dall’ambiguità ed appoggia la prospettiva di sanzioni all’Iran. Per cui solo la Cina – per evidenti ragioni di petrolio e gas, ma anche per opporsi agli Usa, dimostrare di pesare nel mondo e reagire sulla questione di Taiwan – continua ad appoggiare Teheran minacciando di porre il veto a una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu che approvasse le sanzioni.

Si è così confermata come concreta e realistica la politica estera di Berlusconi, che ritiene essenziale una stretta collaborazione tra Mosca e Washington per affrontare e risolvere i maggiori nodi della politica internazionale. Senza essere velleitaria, poiché non ha rivendicato all’Italia un ruolo particolare, questa politica si è dimostrata efficace e, nella perdurante assenza di una politica estera comune europea, può influenzare anche i partner europei. Quindi, niente fuga dai problemi interni, come ha insinuato l’opposizione, ma lo svolgimento di una politica del Governo che fa anche della politica estera un campo di applicazione della sua filosofia dell’azione.

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Abbiamo l’apprezzamento dei partner

La saggezza, la coerenza, la fermezza. La politica dell’Italia verso l’Iran sta riscuotendo solo elogi sui media italiani e internazionali. Ed è giusto che sia così. Gli squadristi degli ayatollah hanno inscenato una protesta davanti alla nostra ambasciata a Teheran, rivendicandola come reazione alle parole pronunciate da Berlusconi davanti alla Knesset, il parlamento israeliano.

Che cosa aveva detto il Presidente del Consiglio? Semplice: la comunità internazionale deve impedire all’Iran di dotarsi dell’arma nucleare anche a costo di sanzioni più pesanti, tanto più che quel regime propugna ufficialmente la distruzione di Israele, la sua scomparsa dalla carta geografica, e accompagna la minaccia con la negazione ostentata e sprezzante della Shoah. “Ora è possibile che qualcuno accusi Silvio Berlusconi di aver agito sventatamente”, scrive Vittorio Emanuele Parsi nel fondo su La Stampa.

“Ma in questo caso l’accusa apparirebbe capziosa. Come ha ricordato il ministro degli Esteri Frattini, l’Iran ha problemi con il mondo e non con l’Italia o con il governo Berlusconi. Quest’ultimo ci pare abbia invece semplicemente fatto una scelta che vanificasse l’azione che l’Italia ha responsabilmente deciso di svolgere in Libano e Afghanistan: fare la propria parte per contribuire alla sicurezza regionale e internazionale. Si tratta di una scelta di coerenza, costosa e non indolore, ma non per questo meno necessaria o apprezzabile”.

In poche parole, Parsi ha sintetizzato tutti i buoni motivi della “svolta” di Berlusconi a Gerusalemme. Una svolta che, poi, non è proprio tale, ma segue una linea di coerenza e fermezza che non contraddice i precedenti tentativi di dialogo con l’Iran, e corrisponde al ruolo che l’Italia di Berlusconi intende mantenere in Medio Oriente.

1. L’Italia ha tentato in ogni modo, d’accordo con la politica della “mano tesa” degli Stati Uniti (Berlusconi con Obama, Frattini con la Clinton) di ammorbidire la posizione di Ahmadinejad/Khamenei sul nucleare. Per ben due volte Frattini ha organizzato invano una missione italiana per conto della Ue e degli Usa, dando credito agli iraniani di buona volontà al compromesso. Ma tutte e due le volte, l’Iran ha opposto comportamenti incompatibili con la “mano tesa”, in particolare cercando d’imporre la seconda visita in una località dalla quale il giorno prima era stato lanciato un missile sperimentale destinato in futuro a colpire Israele.

2. L’Italia, pronta sempre al dialogo, ha gestito con prudenza il tema squisitamente politico dei rapporti commerciali con l’Iran, fornendo prove ai critici dell’Italia di un rallentamento dei nostri investimenti che ci ha fatti scendere nella classifica dell’interscambio dal primo al secondo posto in Europa (dopo la Germania). L’Eni, in coerenza con le decisioni del governo, ha dichiarato di rinunciare alla terza parte del suo principale contratto con l’Iran. Chiunque accusi oggi l’Italia di ipocrisia per il doppio binario politico e economico, sa di mentire e fare solo propaganda. La scelta della fermezza da parte di Berlusconi in Israele su Tehheran, purtroppo penalizza l’Italia più di altri Paesi.

3. Il coraggio delle dichiarazioni di Berlusconi si sposa con una saggia politica estera. L’Italia ha sviluppato una politica autonoma sulla scena mondiale. Il suo rapporto privilegiato con la Russia di Putin e Medvedev e la sua politica energetica in Europa hanno suscitato il malumore di diversi partner importanti, tuttavia corrispondono non solo a un interesse nazionale, ma nei momenti di crisi internazionale anche a quello di Stati Uniti e Unione Europea (come s’è dimostrato durante la crisi georgiana, quella del gas tra Russia e Ucraina, e al Vertice Nato di Strasburgo). Ma una politica spavaldamente aperta anche verso l’Iran – regime screditato, violento con l’opposizione, antisemita e fomentatore di instabilità nel Medio Oriente – sarebbe davvero troppo costosa per l’Italia.

Di qui la necessità della linea adottata. Come riconoscono anche le testate più tradizionalmente propense al dialogo in politica estera, come Avvenire (“È tempo di dare segnali”) o autorevoli come il Corriere della Sera (“Se non si riuscirà a varare sanzioni serie e convincere Teheran per questa via, sul tavolo resterà soltanto l’opzione militare”). Quanto agli stranieri, finalmente danno ampio spazio alle scelte italiane con sfumature di rispetto per la fermezza mostrata da Berlusconi a Gerusalemme.

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Il Giornale

DIETRO LA ROTTURA GLI AFFARI ITALIANI SUL PETROLIO IN IRAK

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