NIKOLAJEWKA

Fa sempre freddo la mattina di Nikolajewka, all’annuale appuntamento organizzato dagli alpini dell’ “Intra” per ricordare la sanguinosa battaglia in terra di Russia dove tanti, troppi ragazzi anche delle nostre valli morirono nel gelo della steppa.

Se fa freddo per noi in una mattinata invernale, chissà che cos’era il freddo di quelle pianure sconfinate dove a piedi, in ritirata, quei ragazzi cercavano di non rimanere circondati dai carri armati dei russi.

Ogni anno, nella domenica in cui si fa memoria di quei giorni, mi chiedo quanto abisso ci sia tra il nostro impegno, il nostro poco coraggio, i nostri problemi che ci sembrano così grandi davanti al dramma di quei soldati di allora, mandati allo sbaraglio senza neppure un equipaggiamento adeguato e così lontani da casa. Soprattutto mi domando sempre come ci si dovesse sentisse di dentro con davanti il vuoto di una steppa immensa e solo la traccia di quella striscia sottile di uomini in fila. Giorni e giorni a camminare pieni di freddo, di paura, spesso con la disperazione nell’animo di chi si sentiva solo e di stare per cedere mentre intorno gli amici cadevano uno ad uno. Un passo, un altro e un altro ancora per una marcia che non finiva mai.

Brutte cose la guerra, la prigionia, i massacri, gli eccidi, i bombardamenti, i gulag, le foibe, i campi di sterminio e tutto per la follia di pochi che trascinano i popoli e – ieri come oggi – su strade insensate.

A noi quel gelo e quel dramma ce lo hanno raccontato i nostri nonni e i nostri genitori, ma i ragazzi di oggi credo che neppure capiscano queste cose, molto più interessati dall’ultimo modello di telefonino. Ma allora, cosa resta di quei sacrifici? Restano gli esempi per quei pochi che leggono i libri, che si pongono delle domande, ma sono concetti che evocano parole lontane, dimenticate e quasi del tutto dissolte. Non doveva finire così, non deve essere così. “Per non dimenticare” dicono gli alpini di oggi, ma i testimoni scompaiono uno a uno o hanno i capelli sempre più bianchi, come la neve e il gelo di quei giorni di dramma.

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