di Carla Isabella Elena Cace
“Ho un sogno: che Israele possa entrare un giorno nell'Unione europea”. E' iniziata sotto questo auspicio la visita ufficiale di Silvio Berlusconi in Israele. “Abbiamo l'orgoglio di essere noi, con la cultura giudaico-cristiana, alla base della civiltà europea” ha affermato il premier al fianco del primo ministro israeliano, l'amico Benjamin Netanyahu.
Qual è il suo commento, senatore?
“Il fatto che Silvio Berlusconi abbia ribadito l'orientamento favorevole della maggioranza all'entrata in Europa di Israele è decisamente importante. D'altra parte è sufficiente guardare la carta geografica per rendersi conto che Israele è uno stato mediterraneo e, quindi, l'approdo, al momento opportuno, non può che essere la sua integrazione all'UE”.
Netanyahu, salutando il premier, ha citato Teodoro Herzl, l'ideologo dello Stato ebraico: “A Roma e a Gerusalemme sono state gettate le basi della cultura occidentale”. E' reale questa vicinanza culturale?
“E' talmente reale che nella stesura dello statuto dell'Unione ci battemmo per rivendicare le origini cristiano-giudaiche d'Europa. Il cuore della nostra religione, che permea di sé tutta l'Europa seppur con diversi orientamenti specifici, ha sede proprio in Israele. E' in corso un grande sforzo di avvicinamento delle diverse religioni cristiane, ma anche del Cristianesimo con il mondo ebraico. Recentemente, a partire dalla visita del Papa, sono tanti gli episodi che ci portano verso l'integrazione tra le diverse fedi”.
Altro tema cruciale dell'incontro è stato quello dei rapporti con l'Iran, tanto che Gerusalemme ha chiesto all'Italia che i guardiani della rivoluzione (pasdaran) iraniani siano inseriti nella black list dell'Unione europea. Netanyahu parla di una “dittatura sanguinaria che mette tutto il mondo in pericolo, la sfida più grande dai tempi della Seconda guerra mondiale”. L'Occidente è realmente minacciato dalla politica di Ahmadinejad?
“Per quanto riguarda le affermazioni più o meno estemporanee di Ahmadinejad, la minaccia diretta è rivolta a Israele ma, indirettamente, all'Occidente tutto. Berlusconi ha espresso parole dure e molto forti nei confronti della politica di Ahmadinejad. Essendo fallita la “politica della mano tesa” di Obama e sussistendo qualche difficoltà di dialogo tra quest'ultimo e Netanyahu, il ruolo dell'Italia è di grande importanza. Sostenendo la sua esistenza e incolumità, si allontana Israele dalla voglia o dalla tentazione di fare da sé. Ecco perché ritengo ci sia sicuramente un consenso da parte degli americani a questa politica berlusconiana, che gioca un ruolo diplomatico chiave. La grande valenza della visita non sta soltanto nelle parole di sostegno, ma nella posizione che l'Italia ha voluto assumere, proponendosi come soggetto politico intermedio tra due amici”.
Vogliamo “tirare le somme” di questa visita?
“La visita di Silvio Berlusconi in Israele ha posto l'Italia al centro del delicatissimo problema mediorientale. Si è portata una testimonianza di solidarietà e di pace e si è ribadito l'atteggiamento di fermezza nei confronti dell'Iran, accompagnato dalla prova tangibile del rispetto delle norme relative alle sanzioni. E' stata attuata una riduzione massiccia dei nostri interessi economici e la sospensione di iniziative e di finanziamenti di sviluppo. Infine, il presidente si è mosso, in questo momento di crisi, assieme a ministri di dicasteri riferiti allo sviluppo e quindi all'attività economica, riuscendo a siglare numerosi accordi di carattere economico. Un bene per tutti”.