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Etica e bioetica nella società  contemporanea

Ad un anno dalla sua scomparesa, la vicenda di Eluana Englaro, Welby e tanti altri ci impone più che una riflessione su quanto sta accadendo in una società come la nostra, sempre più multiculturale ed eterogenea. Definirei inaccettabile l’arroganza di certi sistemi di pensiero che aggrediscono i fondamenti della nostra civiltà, figlia dell’ Umanesimo e dell’ Illuminismo, è necessario riaffermare con forza gli aspetti connotativi più preziosi ed irrinunciabili: i diritti universali, la legalità, la laicità, la libera determinazione dell’opinione, la dignità umana.
Fino a non molti anni fa l’etica era un tema piuttosto marginale, veniva dopo la politica e il diritto, mentre ora ha acquisito grande visibilità. Si tratta però molto spesso di una visibilità confusa, opportunamente manipolata,che non considera l’evidenza di importanti cambiamenti politico-sociali-culturali e le proposte per promuoverli.
Creare disordine e confusione nell’opinione pubblica, è un ottimo metodo per esempio per far fallire un referendum sulla procreazione assistita, come è avvenuto non molto tempo fa nel nostro paese. Veniva allora enfatizzato il concetto di clonazione, che aveva lo scopo di evocare scenari inquietanti, si pensi a tutta la confusione che regnava intorno alla questione delle cellule staminali; altrettanto si sta facendo ora con la questione della sospensione dell’alimentazione forzata ad Eluana Englaro, adducendo che “non si fanno morire così, per fame e per sete, nemmeno i cavalli”. Non ci sono alcune basi scientifiche che avvallino questa tesi secondo la quale un corpo inanimato quale è quello della povera Eluana possa provare sofferenza, infatti il neurologo Gian Domenico Borasio dell’università di Monaco di Baviera sostiene che da un punto di vista neurologico è un controsenso, in quanto le parti del cervello che sono necessarie per provare la sensazione del dolore, non sono più funzionanti, non è empiricamente dimostrato che pazienti coscienti soffrano fame e sete; bensì al contrario è provato che la sospensione di liquidi e nutrienti non provochi alcuna sofferenza. Mentre la nutrizione artificiale, come il sondino naso gastrico, provoca sofferenza a livello sottocorticale.
In merito alla questione della ricerca sulle cellule staminali poi, si vaga nell’entropia più completa, facendo passare le cellule staminali per embrione, attraverso un uso strumentale e assolutamente non accettabile di questioni scientifiche e biologiche tranquillamente dimostrabili in senso empirico. Va ricordato a tale proposito un articolo nel 2005 di un medico americano David Prentice (uno dei fondatori di DoNoHarm: The Coalition of Americans for Reserarch Ethics, coalizione degli americani per la ricerca etica) con titolo: Live Patients & Dead Mice; in cui sono divulgati tutti i miracoli divulgati ultimamente dalla stampa popolare, soprattutto di orientamento religioso. Poco importa se molti o addirittura tutti, quei fatti siano stati smentiti o drasticamente ridimensionati.
L’unico risultato è stato che il miracolo “staminali adulte” evocato anche in Italia con grande enfasi dai politici, nonché da alcuni scienziati ecclesiasticamente e moralmente ligi, abbia provocato una totale confusione tra ipotesi e fatti, teorie e risultati. Se ne può comprendere, ma non certo giustificare, l’uso propagandistico che ne fece l’ “Avvenire”, il quotidiano della Conferenza episcopale italiana, durante la campagna referendaria del 2005, quando invitò i cittadini italiani a non esercitare il proprio diritto di voto per mantenere in vigore la legge 40. Ma l’ondata lunga di quel tipo di informazioni continua ancora oggi, e non accenna a mutare stile e atteggiamento.
Dice molto saggiamente lo scienziato Edoardo Boncinelli: “Se le cellule presenti nella blastocisti fossero già un embrione o fossero irreversibilmente avviate a esserlo, non servirebbero nemmeno come cellule staminali. Sono invece utili proprio perché non sono un embrione. Questa è una riflessione spesso ignorata”.
A tale proposito si rende necessaria una spiegazione terminologica: Il termine blastocisti significa “germe” o “origine” e, nel nostro caso, quindi la blastocisti è il risultato di un complesso movimento di migrazione e trasformazione delle cellule. I meccanismi e i fattori che determinano i movimenti di migrazione e di localizzazione delle cellule non sono noti, ma è noto che al termine di questa fase le cellula hanno potenzialità ben distinte: né le cellule del trofoblasto, né quelle dell’embrioblasto possono separatamente dar luogo allo sviluppo. Devono lavorare insieme e per questo si è convenuto di definire ”pluruipotenti”, e non più “totipotenti le cellule dell’embrioblasto. Con cellule staminali pluripotenti si intendono quindi le cellule capaci di dare origine a tutti i tessuti che compongono l’organismo adulto, ma da sole non sarebbero in grado di produrre questo organismo perché non sono in grado di dar luogo al trofoblasto, che è essenziale per lo sviluppo.
La controprova scientifica è che se le cellule dell’embrioblasto vengono isolate e trasferite in utero no si sviluppano in embrione! Quindi la differenza tra totipitenza (capacità di produrre l’organismo) e pluripotenza (capacità di produrre tutti i tessuti dell’organsimo) è fondamentale per comprendere alcuni aspetti del dibattito etico.
Il principio a cui dovremmo ispirarci in una visione laica di tali questioni, è il “principio di beneficialità”, che ispira l’etica della ricerca biomedica ed è fonte dei doveri di responsabilità che tutti noi abbiamo nei confronti delle persone che soffrono e verso le prossime generazioni. Nelle questioni morali che toccano le credenze più profonde non può esistere una sola soluzione “moralmente ed eticamente giusta” e, il mero fatto che una soluzione raccolga la maggioranza dei consensi (cosa che tra l’altro non sta avvenendo viste le ultime statistiche sul consenso degli italiani all’eutanasia) non significa che sia la soluzione più giusta, ma solo la più condivisa, il che non può bastare come spiegazione. E’ infatti immorale imporre agli altri le proprie scelte, non dimentichiamoci che stiamo parlando di scelte e di opportunità che possono avere un impatto decisivo contro la sofferenza e le malattie.
E’ indispensabile la disponibilità ad ascoltare le ragioni degli altri, evitare di presumere di essere gli unici depositari della verità, il che non significa dover rinunciare alle proprie credenze morali o religiose, bensì significa accettare che l’unico metodo per raggiungere decisioni pubbliche in materie moralmente controverse, che sia compatibile con una società laica, democratica, pluralista., è il metodo laico. Fondamentale è quindi l’autonomia e la laicità dello stato per quel che concerne il destino delle libertà, compresa quella di non riconoscersi in nessuna religione. Sono i temi su cui declinare concretamente i concetti di laicità delle istituzioni e di un’etica laica, libertaria volta al riconoscimento del diritto all’utodeterminazione, perché non si può negare che stiamo assistendo ad una riemersione di fondamentalismi di diverso tipo, alimentati da una visione etnocentrica da parte delle religioni, non si può ignorare che la democrazia si fonda sulla separazione fra politica e religione, se se oggi le nostre coscienze oggi reputano intollerabile ciò che in passato si tollerava come necessario, è solo grazie al processo di secolarizzazione, dato di civiltà dal quale molti di noi non vorrebbero più arretrare. A tal proposito mi pare significativo il fatto che secondo Demos l’ 83% degli italiani ritiene impropria e inaccettabile l’interferenza della Chiesa sullo Stato, e che uno su due vorrebbe morire se fosse in coma. Questi dati confermano la necessità che la politica si faccia carico di varare una legge sul testamento biologico, e soprattutto che la si smetta di negare il diritto all’autodeterminazioni e che la Chiesa nonché la politica lo facciano con argomenti che siano scientificamente fondati, invece di fare della demagogia e del semplice populismo credendo di intimorire le anime semplici.
Per quel che concerne la questione dei “principi irrinunciabili” da parte della Chiesa, è in corso una evidente polemica consapevole nei confronti della legislazione italiana, si tratta di un inaccettabile e draconiano ammonimento alla libertà di determinazione del Parlamento italiano. Appare chiaro l’intento di sottoporre la legislazione italiana ad un persistente “monitoraggio etico”, che include la sanzione di non entrare nell’ordinamento canonico ogni qual volta il legislatore italiano sarà colto in flagrante peccato di violazione dei “principi irrinunciabili” da parte della Chiesa.
E’ qui che si rende necessario ritrovare il perduto senso dello stato, che dovrebbe dare prova di una laicità che non può e non deve ritenersi consegnata al passato, quale unico filtro ammissibile è quello della conformità alla costituzione, unico e vero “principio irrinunciabile” in democrazia. In una società dove tante sono le divisioni e si manifestano immorali e impietose obiezioni di coscienza di fronte a casi come quello di Eluana Englaro, che esigo rispetto in quanto espressione diretta di quei diritti che si tenta di revocare in dubbio.
La Chiesa asserisce che Dio comanda ciò che è giusto per l’uomo e che la morale divina è superiore a quella umana, fa riemergere quel contrasto tra laici e cattolici. Infatti per i cattolici la ragione individua un “ordine di natura” metafisicamente fondato che sta alla base della norma morale giusta, la quale può poi essere anche perfezionata e completata dalla visione religiosa. Chi non coglie l’ordine razionale mostra una sorta di deficienza anche sul piano “umano” in quanto non riesce a usare propriamente la razionalità. Per i laici non esiste invece alcun “ordine naturale metafisico” che fondi le norme morali valide per tutti, solo attraverso il dibattito e il confronto critico è possibile giungere a soluzioni razionali accettabili. Da questa differenza ha origine il contrasto tra “etica della sacralità della vita” ed “etica della qualità della vita”, che sta alla base delle differenze di pensiero tra laici e credenti, differenze che sollevate da un gruppo di persone identificabili con il magistero ecclesiastico che, in forza di un “dono”avrebbe la capacità di conoscere meglio di altri l’ “ordine naturale”. Però forse bisognerebbe ritornare al concetto di “Contratto sociale” di Rosseau, che aveva proprio lo scopo di superare il semplicistico concetto di natura applicato alle questioni dell’uomo e di un aspetto di esso che identifica “la causa del male nell’uomo stesso come individuo”. A qusto noi possiamo rispondere “gramscianamente” che la democrazia può, e deve vivere senza un Dio, che l’uomo non è innatamente incapace di migliorare la società per via della sua propria natura, e che non è più accettabile l’idea che gli uomini abbiano bisogno di osservare e accettare le imposizioni di una qualche autorità suprema. Tuttavia potremmo accontentarci che ciò si limitasse ai soli credenti che ritengano necessaria una tale visione minimale dell’individuo .

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