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MESSAGGIO RICEVUTO

Questa volta la nostra posizione dovrebbe trovare riscontro ampio ed incondizionato. Almeno questa è la nostra netta impressione all’inizio del 2010. I “sordi”, che non sono pochi, dovrebbero degnarsi di sentire ed i fatalisti di ricredersi. Gli italiani all’estero sono sempre più una gran realtà socio/politica. Tanto importante da non poter più essere sottovalutata o, irresponsabilmente, trascurata. La questione, finalmente, dovrà essere portata alla ribalta della politica nazionale e non solo per la proposta di voto estesa anche alle Circoscrizioni elettorali nazionali. Il tempo, che è galantuomo, finirà per darci ragione. Quando c’è stato da criticare, in senso costruttivo, non ci siamo tirati indietro. Non abbiamo condiviso gli “interessi” di Palazzo. Laddove abbiamo avuto sentore d’ingiustizie, ci siamo fatti sentire con tutte le possibili considerazioni. L’attuale esecutivo, pur con tutti i complessi problemi interni ed internazionali, ha messo sotto tono la nostra numerosa Comunità oltre frontiera. Il rilevante taglio di risorse economiche ed umane si farà sentire. Ciò ci preoccupa non poco. A questo punto, però, lasciamo il Consiglio Generale degli Italiani all’Estero (CGIE) al suo incerto destino. Mentre sollecitiamo, come per il passato, una sostanziale riforma dei Comites. In questa sede, non intendiamo polemizzare sulla questione “rappresentatività”. Preferiamo, invece, muoverci sul piano, mai concretamente battuto, delle “competenze”. Nonostante le numerose segnalazioni, manca ancora un ufficio per le politiche sociali degli italiani all’estero da varare in seno al MAE. Una struttura oggi ancor più d’importanza strategica dato il varo definitivo del federalismo tanto voluto da Bossi. Insomma, senza voler tergiversare, il Parlamento dovrà prendersi carico di una serie di provvedimenti, anche di natura fiscale, che andranno a riportare giustizia sulle tante situazioni anomale sino ad ora sopportate da chi vive oltre frontiera. La figura di un “Consulente per l’Emigrazione”, malgrado le nostre numerose segnalazioni al Ministero degli Affari Esteri ed al Capo dell’Esecutivo, è ancora tutta da venire. La struttura che ipotizziamo dovrebbe essere di natura prettamente “tecnica”; ma con diritto di parere obbligatorio anche se, ovviamente, non vincolante nei confronti del Potere Legislativo. Con la proposta di legge sul voto elettronico e l’estensione dello stesso anche alle Circoscrizioni nazionali, chiediamo, da subito, chiarezza per evitare, poi, le consuete interpretazioni restrittive di un diritto. Forti della convinzione che “prevenire” sia sempre meglio che “emendare”, restiamo saldamente sulle posizioni che già avevamo manifestato al momento del varo della legge sul voto dei Connazionali all’estero. Senza modificare proprio nulla. Siamo, però, sempre disponibili ad un raffronto con chi intende contribuire ad elaborare un progetto. A questo punto, il “silenzio” non potrebbe essere più interpretato come “assenso”. Quello che conta sono le proposte innovative. Il messaggio, ora, è stato trasmesso. Ci auguriamo che sia recepito.

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