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Vince Vendola, perde tutta la nomenklatura Pd

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di Emilio Carnevali

“Io non ho mai perso un’elezione, non ho mai perso un congresso… Aspettiamo di vedere come va a finire e poi ne riparliamo”.
Così parlò Massimo D’Alema pochi giorni prima delle elezioni primarie pugliesi. Ora sappiamo come è andata a finire e qualche considerazione forse la possiamo fare. Non tanto per ricordare quello che è stato negli anni passati – a partire dalla celebre previsione dalemiana sulle Regionali del 2000 («Vinciamo 10 a 5, se siamo fortunati 11 a 4», finì 8 a 7 per il centrodestra e il primo post-comunista a Palazzo Chigi dovette rassegnare le dimissioni da Presidente del Consiglio) – quanto più modestamente per capire cosa è accaduto ieri.

Nichi Vendola, presidente uscente della Regione ma pur sempre leader di una formazione con il 2% di voti circa sul piano nazionale, ha stravinto col 73 per cento le elezioni primarie contro uno sfidante, Francesco Boccia, candidato di un partito intorno al 30 per cento. Sono andate a votare quasi 200mila persone, più del doppio di quelle che parteciparono alla precedente sfida Boccia-Vendola (vinta da Vendola per 1600 voti). Il dato della partecipazione è molto più simile a quello delle primarie per l’elezione del segretario del Partito democratico svoltesi lo scorso 25 ottobre, che videro la partecipazione in Puglia di 175.000 elettori. La mozione di Bersani incassò 92mila voti pari al 55 per cento, che sommati a quelli della mozione Franceschini (sceso nei giorni scorsi anche lui in Puglia per sostenere Boccia) fanno 154mila voti, pari al 92 per cento della cosiddetta base del partito. Se questi voti si fossero indirizzati sul candidato ufficiale non ci sarebbe stata storia. Oggi più che di una sconfitta si dovrebbe parlare di un ammutinamento generale.

Ora si mormora di una resa dei conti all’interno del Pd, ma non accadrà nulla. Le elezioni regionali sono troppo vicine e fino a quella data nessuno vorrà aprire uno scontro in cui la dinamica delle forze è più complessa di quanto appare. Chi – all’interno del Pd – mette sul banco degli imputati il duo D’Alema-Bersani non ha propriamente le carte in regola per farlo. Per altro, nessuna delle minoranze interne del partito si è schierata con Vendola, e nessuno può rivendicare la sua bellissima vittoria come una conferma della lungimiranza della propria piattaforma. Perfino Ignazio Marino, che pure dice di avere un programma “sovrapponibile” a quello di Vendola, ha evitato di esporsi contro la candidatura ufficiale nel corso della campagna elettorale.

Lo stesso progetto politico di Vendola – Sinistra e Libertà, nata dalla scissione di Rifondazione comunista con l’obiettivo di dare vita ad una “sinistra di governo” a sinistra del Pd – è in linea teorica più funzionale al disegno neoproporzionalista di Bersani-D’Alema (la nuova Grande Unione dalla sinistra radicale a Casini) che alla “vocazione maggioritaria” rimpianta dai franceschinian-veltroniani. Non è un caso se Vendola non ha mai posto veti all’allargamento all’Udc della propria coalizione: è stato l’Udc – spregiudicato nel giocare al rialzo su tutti i tavoli possibili per far pesare il suo ruolo di presunto ago della bilancia – a porre il veto sul suo nome.

Ecco perché le primarie pugliesi segnano nel contempo una sconfitta di tutta la classe dirigente del Pd e rivelano una profonda crisi dalla quale non si potrà uscire con il semplice “regolamento di conti” interno. Questa volta, come ha scritto Curzio Maltese sulla Repubblica, la Volpe del Tavoliere è finita impagliata. Ma anche le altre volpi non se la passano bene.
Speriamo solo che – impagliate o meno – le “volpi” abbiano imparato la lezione quel poco che basta per sostenere con forza Nichi Vendola alle “secondarie”, le elezioni vere che si svolgeranno il prossimo 28 marzo.

Pur fra tante ombre e opacità – sulle quali Vendola dovrà lavorare con grande attenzione in caso di rielezione – l’esperienza pugliese è l’unica in cui il centrosinistra abbia segnalato nel Mezzogiorno importanti elementi di novità, coraggio e vocazione popolare. In un panorama così avvilente non sono cose che possono essere sacrificate ai soliti giochetti della contabilità elettoralistica di corto respiro.

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