Dal presidio ZetaLab Guardate l’Italìa

“Carissima, ti scrivo dal presidio di Zetalab, reduce da una carica di Polizia di ieri sera, dura, che si è conclusa con ferimenti e fermi. Uno schifo come non vedevo da anni, in questa città. Da due giorni ho solo il cell per connettermi, pochissimo tempo, il morale sotto i piedi. Ho visto i Tag che mi hai postato.Grazie! Li commenterò più tardi, riuscendo, come spero, a riordinare pensieri, sensazioni, che al momento sono confusi e angosciati dallo stato delle cose e da tanta becera violenza.baci”
Questo messaggio “privato” , ricevuto pochi minuti fa, è di una recente amica siciliana,Lu, conosciuta su Facebook, l’ho copiato integralmente. Non mi scrive dall’estero, da chi sa quale fronte ma dall’Italia Sicilia Palermo, dopo esserci stata, non virtualmente, a via Boito, a Palermo, come centinaia di altri cittadini, per lo sgombero del Laboratorio sociale occupato e dare solidarietà .E allora vi copio integralmente l’appello di ZetaLab e ho scelto Terre Libere per raccontarla quest’altra pagina vergognosa della Storia Italiana.
Una volta ancora, c’è da scommettere che ce ne saranno altre e senza vincere niente, vi chiedo di partecipare e diffondere, perchè non sarà Hammamet la città di Palermo o Rosarno o Pecorara, perchè La Compagnia prese fuoco, perchè sapete siamo Gente strana…
Talia si dice in siciliano, guarda,guardate l’Italìa.

Doriana Goracci

SGOMBERO

“Uno sgombero violento, una violenza grauita e scientificamente organizzata, in cui le cariche e I pestaggi avvenuti nel pomeriggio sono solo la cornice di una giornata in cui si è tolto alla città uno spazio collettivo vivo e animato da quasi 9 anni ed in cui si è tolta una casa ai rifugiati del Darfur che da quasi 6 anni condividono con lo Zetalab un’esperienza di cogestione orizzontale. L’associazione Aspasia, il Comune di Palermo, lo IACP e lo forze dell’ordine (presenti in gran numero e con tanta voglia di menar le mani) hanno deciso di spartirsi in parti uguali la responsabilità di un’aggressione violenta e dissennata, uno sgombero il cui obiettivo è evidentemente quello di cancellare ogni spazio di dissenso, di libertà, di gestione autonoma e diretta del proprio spazio vitale. Sono arrivati stamattina, in grande forza e in grande numero. Hanno “preso possesso” degli spazi mentre tre di noi salivano sul tetto lì sarebbero rimasti tutta la giornata. Hanno murato ogni porta e finestra, e hanno selvaggiamente caricato, picchiato e arrestato tre cittadini solidali accusandoli di reati quali “oltraggio” e “resistenza”. Al tempo stesso hanno dovuto prendere atto che la solidarietà della città allo Zeta non si spegne così facilmente. Centinaia di persone sono transitate oggi in via A.Boito e questa notte è stato mantenuto un presidio permanente cui ha preso parte tutta la comunità sudanese residente allo Zeta che ha deciso di non accettare soluzioni provvisorie (dalla tendopoli alla notte in locanda) e sopratutto di non abbandonare la propria casa. Sul marciapiede di via Boito sono state montate alcune tende da campo, mentre al di là del cordone di polizia e carabinieri è rimasto un gruppo di compagni, compagne, amici dello Zeta per ribadire che noi da qui non ce ne andiamo. Invitiamo tutti e tutte a manifestare la loro solidarietà al presidio permanente di via Boito e indiciamo un’assemblea cittadina alle ore 16 di oggi, mercoledì 20 Gennaio”
ZETALAB NON SI TOCCA
Sgomberato lo Zetalab. Feriti ed arresti, cacciati i rifugiati sudanesi

Feriti ed arresti per lo sgombero del laboratorio Zeta di Palermo. Ancora altri migranti dispersi sulla strada: i rifugiati sudanesi provenienti dal Darfur. Persino nel portale internet del Comune lo Zetalab era indicato come uno dei luoghi di accoglienza che la città offriva. Tra gli altri è stato colpito duramente con manganellate sul viso un professore universitario fondatore di un laboratorio per la nonviolenza.
E` di cinque arrestati e tre feriti, tutti italiani, il risultato di una giornata di tensione di fronte al Laboratorio Zeta di Palermo, dove sono ospitati da anni numerosi rifugiati in prevalenza sudanesi. Il Comune di Palermo non è stato capace di chiudere la mediazione in corso da mesi, assegnando agli occupanti la gestione della struttura sita in via Boito a Palermo, nonostante i numerosi riconoscimenti dell`utilità sociale delle attività del Laboratorio Zeta e le forniture di acqua, luce e provviste.

Persino nel portale internet del Comune il laboratorio Zeta era indicato come uno dei luoghi di accoglienza che la città offriva. Adesso quel luogo non esiste più. La posizione irriducibile a qualunque soluzione di compromesso da parte di un’altra associazione assegnataria, Aspasia, ha innescato un gioco delle parti che, dopo diverse ore di finta trattativa si è concluso con lo sgombero violento della struttura.

Dopo Rosarno, lo sgombero del centro sociale Laboratorio Zeta di Palermo si configura come l`ennesimo tentativo di dispersione di migranti sul territorio nazionale. Un tentativo che passa anche attraverso gli arresti ed i ferimenti degli antirazzisti che a Palermo si battono per difendere i diritti fondamentali dei rifugiati, a partire dal diritto all`alloggio.

Tra gli altri è stato colpito duramente con manganellate sul viso ed ha una prognosi di oltre venti giorni per la rottura del naso un professore universitario fondatore di un laboratorio per la non violenza. Un cittadino come tanti altri che partecipava al presidio di protesta per lo sgombero della struttura che era intervenuto in difesa della moglie presa a manganellate durante una delle cariche degli agenti di polizia. Al momento passeranno la notte all`addiaccio venti titolari di protezione internazionale perchè il Comune non ha saputo trovare una soluzione alloggiativa per la notte.

Oltre cento antirazzisti hanno presidiato per tutta la giornata la struttura che per anni è stata al centro di iniziative sociali e culturali che hanno animato l`intero quartiere e si sono proposte come uno dei pochi spazi pubblici di solidarietà ai migranti in città. Una solidarietà che ha subito anche attacchi violenti da parte delle squadre fasciste che hanno colpito a più riprese con il lancio di sassi e bottiglie le finestre del Laboratorio zeta, mentre migliaia di cittadini palermitani hanno riempito e difeso con le loro iniziative autogestite i locali, sotto attacco convergente da parte dei gruppi più estremi della destra palermitana e ci esponenti del cd. terzo settore che ad un certo punto sono apparsi più interessati allo sgombero della struttura che alla fruizione di un altro locale immediatamente agibile, in sostituzione dei locali occupati dal laboratorio Zeta.

Un clima di condivisione e di impegno sociale a favore dei giovani e dei rfugiati che adesso è stato interrotto dallo sgombero violento posto in essere dalla polizia con ripetute cariche e violente provocazioni. E non è ancora finita, anche se nel corso della notte i tre occupanti della struttura saliti sul tetto insieme ad un consigliere comunale sono stati costretti a scendere a causa del freddo. I migranti sudanesi sono ancora accampati davanti all`ingresso della struttura presidiata dalla polizia, senza nessuna intenzione di disperdersi in città, una città che non è stata capace finora di offrire loro un altro luogo di accoglienza, un’accoglienza che sarebbe dovuta per legge, ma che in Sicilia rimane un miraggio.

La proposta di un loro trasferimento in un centro di accoglienza ubicato in un paesino della provincia di Palermo, ventilata oggi alla fine della giornata, non potrà che essere respinta perché molti di loro sopravvivono lavorando in città. Continua ad oltranza intanto il presidio antirazzista davanti alla struttura sgomberata dalla polizia e per oggi 20 gennaio alle ore 16 è stata indetta un’ assemblea sempre nello stesso luogo nel quale decine di cittadini palermitani stanno mantenendo una presenza pacifica, passando la notte all’addiaccio. Su tutti grava come una cappa di tristezza la notizia che nelle stesse ore dell’operazione di sgombero del laboratorio Zeta, in un`altra parte della città, un giovane immigrato ghanese che andava in bicicletta è stato investito ed ucciso da un automobilista che non si è neppure fermato per soccorrerlo.

Venerdì prossimo al laboratorio Zeta si sarebbe dovuto proiettare il film, finanziato anche dal’ASGI, Terra(e)strema. di Angela Giardina, Ilaria Sposito ed Enrico Montalbano, uno dei feriti di oggi, e si sarebbe dovuto presentare il libro “Gli africani salveranno Rosarno. E probabilmente anche l`Italia” di Antonello Mangano. Una iniziativa importante che adesso si svolgerà in un altro luogo, magari all’aperto, ma sempre vicino al laboratorio Zeta che ne è stato il cuore propulsivo. Una iniziativa che costituirà comunque una ulteriore occasione di informazione sugli stretti legami esistenti in Sicilia come in Calabria tra lo sfruttamento del lavoro dei migranti, mediato dalla criminalità organizzata, e l`azione meramente repressiva degli agenti statali che applicano il pacchetto sicurezza per fare fronte alle tante emergenze sociali che stanno esplodendo a Palermo come nel resto d`Italia.

Quanto successo oggi a Palermo è la prosecuzione delle operazioni di dispersione “assistita”che abbiamo già visto a Rosarno, con una partecipazione attiva delle forze di polizia che in questa ultima occasione non hanno dovuto certo proteggere i migranti né hanno individuato per loro un alloggio, ma hanno soltanto distrutto un lavoro sociale che durava da anni, del quale altre istituzioni, pur nei limiti degli scarsi mezzi disponibili, avevano riconosciuto il valore e la efficacia. Molti dei rifugiati che avevano trovato accoglienza al Laboratorio ZETA di Palermo sono stati messi sulla strada dalla polizia ma sono bloccati a Palermo perchè la Questura non ha rinnovato i permessi di soggiorno per motivi umanitari o non ha consegnato i documenti di viaggio a persone che da anni sono state riconosciute meritevoli della protezione internazionale. Un ritardo anche di due anni che si è accumulato per la richiesta pretestuosa di passaporti in corso di validità a persone che non potevano chiaramente rivolgersi alle ambasciate dei paesi di provenienza perchè rifugiati. Dove potranno andare i rifugiati allontanati dal Laboratorio Zeta se l’ufficio immigrazione della Questura di Palermo continua a negare loro il rinnovo o il rilascio dei documenti di soggiorno e di viaggio? Molti di loro hanno già perduto il lavoro che avevano perché dopo l’approvazione del pacchetto sicurezza i datori di lavoro non offrono più impiego a coloro che hanno in mano solo una ricevuta e sono in attesa del permesso di soggiorno.

Chiediamo che la Prefettura e lo stesso ministero dell’interno intervengano per sanare questa situazione che produce un grave danno esistenziale e che potrebbe integrare gli estremi del rifiuto di un atto d’ufficio. Chiediamo ancora una volta che il Laboratorio Zeta di Palermo venga restituito alla sua destinazione sociale e continui ad essere riconosciuto come luogo di accoglienza dei migranti, e chiediamo ancora che tutte le istituzioni, compresa la Prefettura, facciano il loro dovere nei confronti dei rifugiati, riconoscendo nei fatti il diritto/dovere di accoglienza, sancito anche dalle direttive comunitarie che l`Italia non applica, tanto da negare un alloggio a quanti hanno avuto riconosciuto uno status di protezione internazionale. Le associazioni antirazziste di Palermo riconfermano il loro impegno e svolgeranno tutte le iniziative legali per difendere quanti sono stati feriti dalla polizia, coloro che sono stati arrestati, ed i migranti che sono rimasti senza un alloggio. Nessuno si illuda che le operazioni di confinamento e di deportazione “assistita” già viste a Rosarno si possano estendere impunemente ad altre parti del territorio nazionale.

Lascia un commento

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.
Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy