Nomadi 2010

di Pier Luigi Ciolli

Il 2010 come l’anno di svolta per portare chiarezza sui cosi detti nomadi e l’impegno economico sociale italiano e europeo per aiutare le popolazioni ospitate in Italia.

Italia 2009 e i nomadi. Accidenti, un tema veramente difficile perché alcuni li odiavano essendo stati oggetto di furti o raggiri. Li odiavano fornendo un lungo elenco di motivazioni a supporto di tale odio. Alcuni li difendevano perché li ritenevano portatori di una specifica cultura e titolari di diritti inalienabili. Li difendevano a prescindere, affibbiando il termine razzista a chi non la pensava come loro.
Come Associazione Nazionale Coordinamento Camperisti, associazione portatrice di interessi diffusi delle famiglie che praticano il turismo itinerante in autocaravan, ci siamo trovati a confrontare il trattamento che riservano alcuni sindaci ai nomadi e subire dagli stessi sindaci una discriminazione per impedirci la circolazione sosta in autocaravan. Nel 1988 un tale intervento passò senza osservazioni mentre nel 2009 ha trovato 3 soci che hanno inviato per e-mail il proprio non gradimento, invitandoci a non fare simile confronti.
Un socio, invece, ha chiesto cosa avremmo consigliato a un Sindaco in merito alle scelte da fare sul tema nomadi.
A questo punto, come sempre, abbiamo attivato i tecnici per studiare a fondo il tema con un sistema puramente oggettivo.
Incredibile il risultato da loro raggiunto. Lo studio è qui riprodotto ma, in estrema sintesi, i risultati salienti sono:
1. nomadi è un termine generico,
2. la maggior parte di coloro definiti nomadi risiedono in modo stabile da anni in Italia ed esistono figli di terza o quarta generazione,
3. i cosi detti nomadi numericamente assommano a poche famiglie, infatti, come numero di presenze sono in fondo alla lista rispetto alle altre popolazioni che dall’Europa o dai Paesi extraeuropei sono arrivati in Italia.

Per quanto detto, sempre in estrema sintesi, il tema nomadi è alla luce dei riflettori per i fatti di cronaca e non per il loro numero sul territorio italiano. Ne consegue che il problema nomadi è uno dei problemi che consegue nell’ospitare dei popoli, quindi, l’utilizzo delle risorse economiche collettive deve essere impostato in modo da distribuire dette risorse in modo proporzionale al numero dei componenti i popoli presenti in Italia.

LO STUDIO

Per entrare nel merito della questione ricordiamo la segnalazione di un associato relativa ai provvedimenti assunti dal Sindaco di Massa durante il periodo delle feste natalizie per fronteggiare i bisogni di un gruppo nomade. Il primo cittadino del comune toscano ha provveduto ad attrezzare un pubblico parcheggio, quello di via Don Minzoni nei pressi del cimitero del Mirteto, per sopperire alle condizioni disagiate di una famiglia Iussi, nomadi, a bordo di una caravan (roulotte) garantendo loro autonomia di acqua, luce, gas.
L’operato dell’amministrazione massese ha sollevato le critiche di coloro i quali da tempo vedono pregiudicata la propria libertà di circolazione e sosta in autocaravan nelle stesse aree del comune e tanto anche in considerazione del fatto che i provvedimenti assunti altro non sono che l’ennesima dimostrazione di una politica che entra in azione solo dinanzi all’emergenza, mettendo in campo strumenti inadeguati in quanto non supportati da idonea e preventiva pianificazione.
Come già osservato in un comunicato stampa lanciato dall’Associazione Nazionale Coordinamento Camperisti, la vicenda sottende problematiche complesse che mettono a nudo le difficoltà e i limiti sia dell’azione amministrativa emergenziale sia dell’azione amministrativa ordinaria.
Tali considerazioni valgono senza dubbio in relazione all’annosa – per non dire secolare – questione dei nomadi, una realtà multiforme già solo per le diverse etnie che alla lente d’ingrandimento si rivelano: harvati, sinti, rom serbi, rom romeni, rom bosniaci, ecc…
Non solo. All’interno della generale categoria occorre avere riguardo alla distinzione tra gruppi dediti al nomadismo e gruppi che danno origine a stabili insediamenti.
La ragione della differenziazione è comprensibilmente legata al fatto che le due realtà sottopongono, a chi è chiamato al potere, problemi di gestione di ordine diverso, come di seguito si preciserà.
Ciò che preme ora osservare è che allo stato attuale per i nomadi italiani, come del resto per tutti i popoli ospiti, non esiste una legislazione completa e omogenea.
Prima di sedere al tavolo della legislazione chi è chiamato all’esercizio di quel potere dovrebbe interrogarsi su una questione di fondo: chi sono, quanti sono i popoli ospiti. Quali sono le risorse che possono essere distribuite per meglio integrarli.
La noncuranza di certi preliminari porta ad un legiferare avulso dalle concrete possibilità di amministrare.
Ne sono la dimostrazione gli esiti applicativi di alcune normative regionali in materia.
Tra le prime amministrazioni che hanno provveduto a legiferare in ordine alla questione dei nomadi la Regione Lazio con la legge n. 82 del 1985, la Regione Emilia Romagna con la legge n. 47 del 1988, il Veneto con la legge regionale n. 54 del 1989, la Sardegna con la legge n. 9/1988 (meglio nota come Legge Tiziana, dal nome di una bambina rom morta in un campo rom a causa di una polmonite): interventi occasionali sotto taluni aspetti qualificabili come “emotivi”, ma di certo di scarso impatto risolutivo.
Nei richiamati testi di legge è ricorrente la previsione normativa riguardante la realizzazione di aree o campi di sosta e di transito.
Come prescrive, ad esempio, l’art. 5 della legge Tiziana “il campo di sosta deve essere dotato di delimitazione, servizi igienici, illuminazione pubblica, impianti di allaccio di energia elettrica ad uso privato, area di giochi per bambini, acqua potabile, fontana e lavatoio, contenitori per immondizia, cabina telefonica. Nel campo dovrà essere previsto uno spazio polivalente per riunioni o altre esigenze sociali, dotato di servizi igienici. L'unità sanitaria locale competente per territorio garantisce al campo di sosta la vigilanza igienica e la assistenza sanitaria. I nomadi che intendono accedere al campo di sosta devono versare un contributo all'amministrazione comunale, con la quale concorrono congiuntamente nella gestione del campo di sosta, ed esibire, per la registrazione, i documenti di identità. L'ubicazione del campo di sosta, deve avere una superficie non inferiore a 2.000 metri quadrati e non superiore a 4.000 metri quadrati, deve evitare ogni forma di emarginazione urbanistica e facilitare l'accesso ai servizi pubblici. Il campo potrà contenere rispettivamente un massimo di 10 e 25 roulotte. La gestione e manutenzione del campo avviene con il concorso congiunto nelle spese della pubblica amministrazione e degli utenti, privilegiando al massimo l'autogestione. L'area da adibire a campo di sosta deve in ogni caso essere classificata «zona per attrezzature speciali di uso pubblico», di cui all'art. 2 del D.M. 2 aprile 1968. Qualora il comune intenda adibire a tale scopo area con diversa classificazione, si rende necessaria l'approvazione di motivata variante allo strumento urbanistico generale”. In relazione ai campi di transito l’art. 6 della stessa legge prevede che lo stesso sia “costituito di adeguata superficie delimitata e dotata di energia elettrica pubblica e presa per la privata, di acqua potabile e servizi igienici, dove possono sostare i nomadi di passaggio. Nei campi di transito la vigilanza igienico-sanitaria e l'assistenza sono affidate all'unità sanitaria locale competente per territorio. La gestione del campo avviene secondo le modalità di cui all'art. 5, comma quinto, della presente legge”.
La realtà dei fatti ha denunciato l’inadeguatezza di tali strumenti.
Assumendo un’ottica propositiva, le amministrazioni dovrebbero essere in grado di prevedere e poi censire gli afflussi dei popoli ospiti e le conseguenti necessità. In particolare e con riguardo ai gruppi che intendono stabilirsi permanentemente sarebbe necessario inserire nel Piano Strutturale delle aree edificabili nelle quali costruire, con interventi pubblici e privati, abitazioni analoghe a quelle realizzate in Abruzzo a seguito dell’emergenza terremoto. Interventi edificativi sostenibili con basso impatto sul territorio, che contrastino – tempestivamente – l’allestimento di baraccopoli senza attendere allarmi sociali ed emergenze difficilmente gestibili. L’alternativa a questo genere di politica amministrativa previdente e abile nel pianificare è la tolleranza di situazioni lesive dell’ordine pubblico, della sicurezza, dell’igiene, situazioni ai limiti della civiltà e purtroppo non estranee alla realtà del Paese.
Quanto, invece, ai gruppi di nomadi dediti al viaggiare, sarebbe utile, oltre che possibile, inserire nel Piano Strutturale delle aree edificabili, realizzabili con interventi pubblici e privati, adibite a Campeggio Municipale. Campeggi a basso costo e minimamente attrezzati ma utilissimi sia per accogliere i gruppi dediti al nomadismo sia per i turisti, oltre che per ricevere in caso di emergenza quanto previsto nel Piano Comunale di Emergenza, veicoli e uomini della Protezione Civile, secondo modelli già diffusi, specie in Francia.

Alcuni legislatori regionali hanno, invece, varato delle norme che:
• Non impegnano l’amministratore in un’azione di attenta pianificazione e trasparenza. L’intervento apprestato nei riguardi di soggetti in stato di bisogno non svincola chi amministra il potere dalla necessità di far quadrare i conti economici e sociali e a tal fine qualsiasi azione intrapresa deve rientrare in un quadro di programmazione e rispettare procedure a tutela di principi fondamentali quali il divieto di discriminazioni, l’uguaglianza formale e sostanziale. Pianificare significa stabilire priorità, destinare risorse in una direzione piuttosto che in un’altra, riservare benefici a categorie piuttosto che ad altre, incentivare servizi in luogo di altri: decidere e governare motivando le proprie scelte in nome della trasparenza, efficienza e buon andamento dell’amministrazione.
• Non prescrivono alcuna preventiva attività di controllo necessaria a discriminare le situazioni al fine di accertare l’effettiva meritevolezza degli interventi di assistenza. Il controllo non è discriminazione quanto, piuttosto, garanzia di perequazione. Si tratta della stessa logica sottesa ad ogni meccanismo sociale che consente al cittadino singolo di accedere ad un beneficio: dall’asilo nido per i propri figli, all’edilizia pubblica, alle più svariate forme di contribuzioni attraverso le quali lo Stato concede un “qualcosa in più” al singolo, destinando allo stesso una porzione di denaro pubblico in ragione della titolarità di una particolare situazione che potrebbe essere patrimoniale (reddituale), soggettiva (disabilità, inabilità fisica al lavoro). Prescindere da tali linee di fondo significa compromettere delicati equilibri sociali ed alimentare il senso di appartenenza ad una città e la strenue difesa delle proprie risorse contro chi – “estraneo” ai circuiti di produzione del benessere sociale – sembra presentarsi sotto vesti da saccheggiatore. Al contrario la presenza di una trasparente pianificazione delle risorse da amministrare, accresce nei cittadini il valore della città come bene di tutti.
• Non forniscono una definizione degli strumenti d’intervento: cos’è un campo di sosta, cos’è un campo di transito? Non definire e limitarsi all’individuazione dei servizi, delle attrezzature di cui dotare tali campi, significa non focalizzare la funzione degli strumenti in esame e non consentire all’amministrazione chiamata ad applicare il dato normativo, di pianificare con puntualità e trasparenza costi di realizzazione e mantenimento di siffatte strutture. Utilizzano termini inesistenti come roulotte quando dal 1992 la legge le definisce caravan (rimorchi).

Un concorso di responsabilità, dunque, tra chi è chiamato a legiferare e chi ad amministrare e la realtà dei fatti denuncia i limiti e le inadeguatezze di entrambe le azioni.
Ne costituisce ennesima dimostrazione il recente provvedimento emanato dalla Presidenza del Consiglio, il D.P.C.M del 28 maggio 2009 con il quale è stato prorogato fino al 31 dicembre 2010 “lo stato di emergenza per la prosecuzione delle iniziative inerenti agli insediamenti di comunità nomadi nel territorio di Campania, Lazio e Lombardia ed estensione della predetta situazione di emergenza anche al territorio delle regioni Piemonte e Veneto”.
La rubrica del provvedimento è di per sé esplicativa: una situazione di emergenza non può superare certi limiti di contingenza oltre i quali l’urgenza non può permanere se non a denuncia della inadeguatezza degli interventi apprestati.

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