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Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo, ucciso il 19 luglio 1992 a Palermo

“Tante, troppe sono le trincee in cui sarebbe necessario essere presenti ogni giorno a combattere quella lotta per la legalità e la giustizia sempre più indispensabile in questo nostro paese.
L'opposizione, la vera opposizione è ormai ridotta a gruppi di partigiani che conducono la loro lotta, piuttosto che sulle montagne, sulla rete, cioè quello che è rimasto ormai l'ultimo baluardo di democrazia. Ma dai nostri rifugi sulla rete bisogna, ogni volta che sia necessario, uscire a combattere in campo aperto e questo significato hanno quelle manifestazioni popolari che, con sempre maggiore frequenza vengono indette da movimenti e persone che dispongono, come unico mezzo di comunicazione e di chiamata a raccolta delle forze necessarie per condurre queste battaglie, appunto della rete. Questo genesi e questo significato hanno avuto appunto, per citarne solo alcune tra le più spontanee e “popolari” quelle del 19 luglio a Palermo nella quale un manipolo di combattenti armato soltanto di Agende Rosse ha impedito l'ennesima profanazione di un luogo, come Via D'Amelio, simbolo del martirio del magistrato Paolo Borsellino e della sua scorta, o quella del Popolo Viola a Roma dove centinaia di migliaia di persone, soprattutto di giovani, hanno gridato il loro sdegno e la loro ribellione per essere costretti a vivere in un paese nel quale si fa quotidiniamente strame di quella Costituzione scritta con il sangue dei martiri di un'altra Resistenza, la Prima Resistenza.
Anche la manifestazione di oggi, a San Giovanni in Fiore (Cosenza), ha questa genesi e questo significato, rappresentando, come dice il suo manifesto costitutivo, “una richiesta di Giustizia corale che sia più forte delle coperture politiche che assicurano impunità e arricchimento ai responsabili di scempi, violazione, ruberie.”.
Oggi, e me ne duole, per motivi di impedimento personale, le mie braccia non potranno fisicamente far parte di quella catena umana che simbolicamente si ergerà a difesa e salvaguardia dell'Abbazia Florense, simbolo dell'utopia dell'abate rivoluzionario Gioacchino da Fiore e vittima dell'ennesimo caso di violazione delle leggi e di malversazione dei fondi europei che trovano in una Calabria martoriata soprattutto dalla criminalità dei colletti bianchi il loro più fertile terreno di appliìcazione. Non ci potrò essere ma mi auguro che ci siano tanti di quei partigiani delle Agende Rosse che tante battaglie hanno combattuto al mio fianco. Non posso, anche se da lontano, non fare sentire la mia voce e il mio sdegno a fronte della ignominiosa affermazione che mi è stato riferito essere stata fatta nel consiglio comunale di San Giovanni in Fiore dove è stato affermato che “questa non è la città di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e i gruppi antimafia debbono andare altrove”. Sappia chi ha pronunciato queste parole e chi con il proprio silenzio o con la propria adesione le ha avallate, che ogni città, ogni più piccolo paese in Italia, sono le città di Paolo Borsellino e di Giovanni Falcone perché non per la loro città, Palermo, hanno sacrificato la loro vita questi martiri, ma per il loro paese, per la loro Patria, l'Italia, e quindi non c'è posto in Italia in cui si combatte per la Legalità e per la Giustizia in cui Paolo Borsellino e Giovanni Falcone non siano presenti in spirito e dentro i cuori di quelle persone, giovani per età o per spirito, che non andranno altrove ma saranno presenti a lottare dovunque questa NUOVA RESISTENZA che stiamo combattendo e che alla fine trionferà lo renderà necessario. Nel nome Di Paolo, di Giovanni e di Gioacchino da Fiore”.

Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo, ucciso il 19 luglio 1992 a Palermo

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