Quando le parole cambiano significato

di Luisa Capelli

Quando le parole cambiano significato o, peggio, quando si svuotano del loro senso autentico, stare fermi a guardare è da irresponsabili.

Abbiamo un partito, con la maggioranza di seggi alla Camera ed al Senato, che abusa, quotidianamente, della parola libertà. Ne hanno fatto un simbolo, loro, che in realtà la praticano e difendono solo in un senso. La libertà di fare quello che gli pare. E di giocare con i diritti dei cittadini.

Il popolo della libertà, bisognerebbe aggiungere, sottratta al prossimo. A chi non è allineato, a chi la pensa diversamente, a chi alza un dito soltanto per dire che forse così non va.
Oggi tocca alla Rete.

Hanno capito, ma lo sapevano già, che cittadini informati hanno idee più robuste di quelle che giornali di partito e tv del “padrone unico” contribuiscono a formare.
Quindi ogni pretesto diventa buono per demonizzare lo strumento.

Internet è questo. Uno strumento che milioni di persone, malgrado questo Governo pensi ai problemi di uno solo, usano ogni giorno per lavorare, fare acquisti, scambiarsi informazioni.
In poche parole Internet rappresenta, per questo paese alla deriva, una delle poche risorse rimaste per una ripresa economica di cui c'è disperato bisogno.

Per questo motivo siamo scesi in piazza per fare sentire la nostra voce contro quelle “manine” che sfruttano ogni occasione per restringere quei pochi spazi di libertà rimasti.

Sindaci che vietano ai giovani di chiacchierare nelle piazze con una birra in mano, altri ancora che vogliono decidere cosa si può mangiare oltre una certa ora. Ministri che non sanno usare la posta elettronica, ma parlano di facebook e di social network solo per proporne la chiusura.
Come se da domani al primo squilibrato che ferisce un passante con un cacciavite, si decidesse di proibirne la vendita in ferramenta.

Internet è un contenitore dove ci sta dentro di tutto. Le leggi per tutelare la dignità delle persone dalla diffamazione, dalle calunnie; per reprimere l'istigazione a delinquere o l'apologia di reato esistono già e la Cassazione, negli anno, ha dimostrato di sapere uniformare le interpretazioni dei primi giudici pur evidenziando vuoti normativi che vanno certamente colmati.
Non certo sopprimendo la libertà della Rete.

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