5 dicembre: vitamine per una democrazia gracile

di Pierfranco Pellizzetti, da “Il Fatto Quotidiano”, 26 novembre 2009

«C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi di antico». Come nella poesia di Giovanni Pascoli che studiammo ragazzini, anche la manifestazione contro il premier e le sue leggi ad personam (“No B. Day”), che si sta organizzando a Roma per il 5 dicembre, presenta una curiosa mescolanza di elementi antichi e nuovi.

Indubbiamente ci riporta indietro nel tempo la ripresa di attività dei cosiddetti movimenti di base e il loro rifiuto di farsi strumentalizzare dalle leadership ufficiali. Mentre vi sono evidenti aspetti di novità nei criteri organizzativi e di convocazione che sono stati adottati.

Tutto questo – pur a prescindere dalle diverse valutazioni dell’iniziativa – sembra un buon segno per la nostra democrazia ammalata.
Ragioniamo procedendo all’incontrario.

Certamente originale e innovativa – almeno per il nostro Paese – è la modalità scelta per l’imminente mobilitazione, che utilizza sostanzialmente i new media (dagli SMS a Facebook). Con ciò confermando una tendenza che va imponendosi nei modi più aggiornati di “fare politica”: dalla campagna elettorale di Barak Obama all’opera di contro informazione nella Cina del 2003, quando esplose l’epidemia di SARS, da parte dei familiari delle vittime e dei medici degli ospedali di Guanandong, epicentro dell’infezione. In questo secondo caso, nonostante l’azione repressiva delle autorità; che trovarono un valido partner nei colossi americani hi-tech come Yahoo (a conferma che schiavismo e capitalismo possono benissimo andare a braccetto).

Per quanto riguarda noi europei, va registrata la reazione spagnola contro l’opera d’insabbiamento della verità da parte del governo Aznar, all’epoca dell’attentato terroristico nella stazione madrilena di Atocha (11 marzo 2004). Ossia, il tentativo di addossare ai baschi responsabilità islamiche, smascherato dalle migliaia di messaggini che facevano rimbalzare un testo standard di 160 caratteri (e per alcuni giorni l’aumento di traffico nella telefonia mobile in Spagna toccò punte del 40%).

Il sociologo catalano Manuel Castells, nel suo recente saggio “Comunicazione e Potere”, parla di «autocomunicazione orizzontale di massa», che contrasta l’esproprio del diritto all’informazione mediante la privatizzazione delle telecomunicazioni e dei grandi media, a seguito dell’avvento delle televisioni commerciali: «la dissociazione tra potere della comunicazione e potere rappresentativo».

Anche in questo caso il 5 dicembre ci si preannuncia come una esperienza interessante. In quanto, grazie all’utilizzo alternativo delle nuove piattaforme tecnologiche, parrebbe stia formandosi una sorta di “mobile network society” che individua nuove modalità di partecipazione ai processi collettivi, particolarmente a misura delle recenti coorti generazionali.

Quelle generazioni (le cosiddette “tribù del pollice”, così denominate dall’uso frenetico degli SMS) date per indifferenti alla politica e che – invece – avevano solo bisogno di trovare canali mediatici in sintonia con la loro specifica cultura.

Si diceva – invece – del sapore antico che va assumendo il ritorno in campo dei movimenti sociali, intesi come «un’azione collettiva organizzata, definita e provocata da un conflitto socioculturale» (definizione del sociologo Alain Touraine). Anche perché ci avevano diffusamente spiegato il loro assoluto anacronismo. La loro definitiva estinzione.

D’altro canto, la stessa democrazia dei moderni si è sempre largamente nutrita della forza dei successivi movimenti scesi in campo per reclamare l’attuazione coerente dei suoi stessi principi: i movimenti dei lavoratori, delle donne, di liberazione dei popoli.

La crisi degli ordinamenti democratici cui stiamo da tempo assistendo (e già si teorizzava l’avvenuto passaggio alla postdemocrazia) è largamente dipesa proprio dal silenzio di una società che non riusciva più a pensare se stessa. Persa in processi di individualizzazione, a partire dai rapporti di lavoro, che producevano – di fatto – la solitudine delle donne e degli uomini concreti.

Sicché, una mobilitazione “antica” che coinvolge le nuove generazioni in forme rinnovate pone l’impellente problema di pensare democrazia a misura del Terzo Millennio; nel contesto radicalmente mutato e nell’esaurimento delle tradizionali agenzie di partecipazione. Nella consapevolezza che la democrazia minacciata dall’aggressione postdemocratica non ha bisogno di restauri ma – semmai – robuste dosi di sperimentazione.

Una sfida di creatività politica, dunque. Accantonando scorciatoie fasulle del tipo “democrazia mediatica diretta” con i suoi ridicoli televoto (una sorta di “sondaggiocrazia” permanente e in tempo reale) o le americanate sulla falsariga di quei “poll deliberativi” che tanto piacciono a un certo modernismo pompierista di sinistra, cultore appassionato degli abrakadabra consulenziali.

Il 5 dicembre segnala l’esistenza di una consistente domanda di politica reinventata; seppure aurorale.
Vada come vada, segno di vitalità che indurrebbe a una qualche speranza.

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