Il grande inciucio Scajola-Burlando prepara quello Berlusconi-D’Alema?

La Piovra a Genova?
Burlando: gli uomini ‘giusti’ nei posti chiave

di Pierfranco Pellizzetti

Un nostro lettore così scrive alla redazione di MicroMega: «Salve, per pietà, occupatevi della Liguria, della gestione Burlando-Scajola già evidenziato da Il partito del cemento e dal Il Fatto Quotidiano del 9 /10/09 a pag.12 !!!!!! Qui siamo in mano a 'Ndrangheta e Sacra Corona grazie al Pd. Per pietà, ripeto senza retorica, aiutateci. MV».

Quale genovese della combriccola provo a rispondere, nella speranza che da altre realtà locali arrivino altrettanti “gridi di dolore” come quello di MV; per iniziare a discutere fatti alla mano il degrado morale, prima ancora che economico o politico, in diffusione su tutto il territorio nazionale. Ma rispondo anche come “antemarcia della questione”, visto che proprio su MicroMega ho firmato l’inchiesta in cui si denunciava il diffondersi della malavita organizzata nell’entroterra genovese (“La Piovra a Genova?”, MicroMega La Primavera 4/2006) e che mi ha fruttato una querela dai chiamati in causa, ad oggi finita nel dimenticatoio.

Parto col dire che retoriche giornalistiche descrivono la città della Lanterna come una sorta di “laboratorio dl futuro”, in cui vengono anticipate scelte e innescate reazioni destinate a essere riprese a livello nazionale. In effetti – nel 1900 – la rivolta dei camalli contro la chiusura prefettizia della Camera del Lavoro determinò la caduta del Governo Saracco e aprì la strada all’esperimento riformista giolittiano; nel 1960 l’insurrezione della città contro il governo Tambroni, appoggiato dai neofascisti, fece da levatrice al primo Centro Sinistra.

Cosa salta fuori dall’odierno “laboratorio genovese”? Presto detto: l’azzeramento del dibattito pubblico grazie al rapporto collusivo tra i leader degli schieramenti politici locali, apparentemente in competizione: i “due Claudio”, Burlando e Scajola. Avanguardia del possibile assetto consociativo ipotizzabile per il dopo Berlusconi, quando il Cavaliere uscirà dalla scena (probabilmente più per congiunzioni astrali che non per processi politici lineari interni al sistema politico).
In effetti i “due Claudio” sono fatti per intendersi, sia per ragioni linguistico-culturali come per percorsi biografici.

Entrambi comprimari, hanno fatto la gavetta e la carriera all’ombra di un boss: Paolo Emilio Taviani l’uno, quale guardiano della marca imperiese (PET lo definiva “il killer perfetto”), Massimo D’Alema l’altro, quale componente del pacchetto di mischia del lider Massimo che fece fuori Occhetto. Ma questa naturale affinità si è rinsaldata, diventando progetto politico condiviso, nel momento in cui “Gerundio”, dopo un’infelice esperienza al ministero dei Trasporti, ha puntato al rilancio candidandosi a Governatore della Regione Liguria nel 2006.

Intanto, il titolare in scadenza – il berlusconiano Sergio Biasotti – era andato in rotta di collisione con il Ministro di Imperia, contendendogli la leadership di territorio. Per questo il vero scontro alle regionali non fu tra il candidato della Sinistra con quello della Destra, ma tra il Biasotti e lo Scajola. Scontro che determinò il successo burlandiano perché nelle urne imperiesi “scomparve” il 6% dei voti del tradizionale elettorato destrorso. Da questo favore indiretto scatta la permanente negoziazione tra i due leader, con una divisione delle aree in cui praticare i rispettivi affari: il Ponente consegnato agli amici di Scajola per cementificare la costa (come ci hanno raccontato Ferruccio Sansa e Marco Preve nel loro “Il partito del cemento”), il Levante colonizzato dagli amici di Burlando (come ha riferito Il Fatto Quotidiano del 9 ottobre). Ora il tandem affaristico si ricompone nell’ultima missione di “mettere le mani sulla sanità”, trasformando in villette strutture ospedaliere di pregio: dall’ospedale Santa Corona di Pietra Ligure, con vista mare, al policlinico San Martino di Genova, il più grande d’Europa.

I due sodali sono segnalati incontrarsi periodicamente in case compiacenti, per rinsaldare i patti taciti. In un quadro politico silenziato grazie all’opera dei rispettivi uomini di mano: un buon numero di yes-man e faccendieri per il governatore, un fiduciario locale per il ministro impegnato a difendere nei corridoi romani le proprie posizioni insidiate dagli avversari, Tremonti in particolare. Per cui funge da guardiano del podere scajoliano il deputato PdL Michele Scandroglio; di cui nessuno ricorda le passate vicissitudini nella natia Varese, quando venne condannato per bancarotta fraudolenta con sentenza passata in giudicato. Ci riferiscono anche di qualche sua giornata trascorsa nelle patrie galere. Del resto esperienza fatta pure dallo Scajola, in una storia altrettanto dimenticata che lo vide coinvolto nel tentativo di impadronirsi del casinò di San Remo da parte di chi voleva trasformarlo in una lavanderia di denaro dalla dubbia provenienza.

Ulteriore segnale dell’azzeramento della pubblica discussione è il silenziamento della stampa locale. Le pagine liguri del Giornale si limitano al killeraggio nei confronti dei nemici del Ministro e quelle de La Repubblica si sono trasformate nell’house organ del Governatore, raccontandoci le bubbole a lui gradite (tipo il decollo del distretto hi-tech grazie ai soldi canalizzati dall’Ente Regione all’IIT, l’istituto di ricerca definito “il MIT al basilico” e sorto sulle alture di Genova, quando le uniche imprese ad oggi avviate sono tre trattorie per i lavoratori dell’istituto stesso).

Nel frattempo, lo storico quotidiano regionale Il Secolo XIX in cambio di direzione (dopo quella anarchico-libertaria di Lanfranco Vaccari) pratica il pompierismo: fa commentare all’imbarazzante Dino Cofrancesco la sentenza della Corte Costituzionale sul Lodo Alfano (e lui profitta dell’opportunità per difendere i giudici che erano a favore); avvia dibattiti insignificanti tipo “i quarantenni promuoveranno il Rinascimento di Genova” (gli ex giovani tirati in ballo sono tutti figli di papà, inguattati nella rendita da establishment). E di Burlando se ne parla solo in quanto invitato a intervenire in pompa magna nel dibattito come sponsor dei presunti quarantenni alla riscossa.

In tale silenziamento generale è evidente che, mentre la civica discussione pubblica tira le cuoia e dilaga l’affarismo inciucista, la vigilanza democratica sul territorio diventa ormai una pia illusione. Per cui anche i fenomeni malavitosi (che Micromega denunciava già nel 2004) sono destinati a radicarsi ancora di più e a diffondersi incontrastati.

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