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La via “comunitaria” all’apprendimento organizzativo

Le Communities of practice sono composte da gruppi di persone, che svolgono una qualsiasi attività, interagendo tra loro in modo informale. Il file rouge che lega ogni singola comunità è lo spirito di gruppo che rende coese le aggregazioni sociali. Le cdp(comunità di pratica) possono svilupparsi e nascere spontaneamente in qualsiasi organizzazione, attraverso un processo di socializzazione, finalizzato alla condivisione delle esperienze quotidiane e delle pratiche lavorative.
Sono articolate come delle vere e proprie tribù che mirano all’apprendimento continuo, alla condivisione del know how e generano conoscenza organizzata a cui ogni individuo può accedere liberamente.
Le cdp sono prive di gerarchie, nascono attorno a interessi condivisi, alimentandosi di contributi reciproci e vivono finchè esistono interessi comuni.
Spesso non godono di un riconoscimento perché la loro natura non è istituzionale, ma volontaristica e ciò le rende difficilmente controllabili da un punto di vista burocratico- formale.
L’obiettivo delle comunità è il miglioramento collettivo, basato sul metodo costruttivista, che punta ad una conoscenza costruita attivamente dall’individuo e condivisa all’interno del gruppo.
Le comunità di pratica sono un modello molto utile per affrontare la gestione della
conoscenza, visto che offrono una struttura concreta per la realizzazione del sogno di un’organizzazione che apprende.
Le organizzazioni devono fronteggiare attivamente e trasformare in termini produttivi l’abbondanza di informazioni che la società glocalizzata e l’esplosione di internet riversano sul mercato.
Opporsi al cambiamento attraverso una chiusura operativa è inutile per le imprese, perché porta solamente a rifiutare una realtà da cui è impossibile tornare indietro.
Il cambiamento va favorito e promosso, trasformandolo in un’occasione di crescita, attraverso la valorizzazione delle innovazioni radicali kuhniane basate sul sapere.
La costruzione della conoscenza passa per le nuove tecnologie, in primis internet, che ha agevolato l’abbattimento delle frontiere geografiche tra le persone, avvicinando culture che altrimenti sarebbero entrate difficilmente in contatto e creato, quindi, una sorta di villaggio globale virtuale.
Le comunità di pratica online e i social network sono divenuti oggetto di grande attenzione per le organizzazioni, grazie alla loro forza innovativa, incentrata su modalità di condivisione e collaborazione.
L’impegno alla reciprocità deve divenire un elemento basilare dell’organizzazione comunitaria e consiste nella volontà individuale di interagire e condividere le esperienze allo scopo di accrescere l’apprendimento collettivo e la fiducia, attraverso rapporti di mutuo soccorso reciproco, finalizzati al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del gruppo.
Per agire sulla fiducia dei membri occorre fornire un riconoscimento che conduca verso un’ appartenenza reale, condita di dibattiti e discussioni circolari.
Un repertorio condiviso di conoscenze, artefatti, strumenti è indispensabile per
formare un sapere collettivo e alimentare la memoria del gruppo.
Nelle comunità si creano, con il trascorrere del tempo, una cultura, un linguaggio ed un vocabolario comuni, rafforzati da una medesima interpretazione degli eventi che si manifestano.
L’apprendimento in questi contesti è un processo sociale condiviso che matura e si accresce via via che la collaborazione tra gli individui raggiunge soglie di solidità maggiori.
Inoltre, l’apprendimento è situato, si basa sull’interazione tra esperienza e competenza e la correlazione tra queste due dinamiche è il motore che fa crescere la comunità. Infatti apprendere una pratica vuol dire essere in grado di svolgere un’attività con abilità e competenze che permettono di agire in modo veloce e allo stesso tempo efficiente

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