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LE ELEZIONI IN GERMANIA

Grande successo dei liberali, della sinistra socialista (Linke) e dei Verdi, soprattutto a spese della SPD, ma anche della CDU-CSU.

di Felice Besostri

La Germania è la maggiore potenza economica d'Europa, il suo prodotto interno lordo nel 2008 è stato superato soltanto da tre paesi, gli USA, il Giappone e la Cina, ma quest'ultima rappresenta il 19,64% della popolazione mondiale e la RFT soltanto lo 1,21%.
Con più di 82 milioni di abitanti è di gran lunga il più popoloso paese della UE, nell'intera Europa è superata soltanto dalla Russia, ma compresi i territori asiatici al di là dei monti Urali. Nessuno si meraviglia, pertanto, che le contemporanee elezioni portoghesi, con i suoi 10 milioni e mezzo di lusitani, non concentri la stessa attenzione: eppure se ci saranno sorprese politiche, queste verranno dal Portogallo, piuttosto che dalla Germania. Così è stato con una vittoria in rimonta, rispetto ai sondaggi dei socialisti di Socrates con il 36,8% dei voti.
La campagna elettorale è stata noiosa e d'altra parte difficilmente potevano scannarsi in pubblico la Cancelliera e leader della CDU, Angela Merkel, con il suo Ministro degli Esteri e leader della SPD, Frank-Walter Steinmeier, cioè due personaggi dello stesso governo, la Grosse Koalition, imposta dai risultati del settembre 2005.
Il programma di governo è stato rispettato e, quindi, nessuno se ne può prendere i meriti esclusivi, mentre tutti e due i partiti sono responsabili per le cose negative: la Germania ha un tasso di disoccupazione superiore a quello italiano.
I disoccupati e chi ha subito tagli del welfare non voteranno né CDU/CSU, né SPD, che, infatti perdono rispetto al 2005. La CDU,/CSU passa dal 35,2% al 33,8% (-1,4%), il peggior risultato dopo il 31% del 1949: un risultato non esaltante per una Cancelliera che aveva quasi il 70% di opinioni favorevoli. La SPD crolla dal 34,3% al 23% (-11,3%), il peggior risultato del dopoguerra, da rendere persino radioso il 28,8% del 1953.
In questa situazione è stato agevole pronosticare un successo dei liberali della FDP, (14,5%, +4,7%) un partito comunque più a sinistra del PdL di Berlusconi e meno intollerante della Lega Nord, e della LINKE (12,2% +4%) sia pure per opposte ragioni. I Grünen (10,5%, +1,8%), cioè i Verdi nella versione italiana, sono consolidati da anni e quindi, paradossalmente non sono percepiti come una novità. In effetti i Liberali sono fuori dal governo federale da lunghissimo tempo e la LINKE è veramente una formazione nuova, talmente nuova, che è riuscita a far dimenticare gli oltre 40 anni di SED e DDR di molti suoi esponenti.
Alcuni dati: alle elezioni hanno partecipato 29 partiti, gli aventi diritto al voto sono 62,2 milioni, di cui 32,2 milioni donne. Sono anche le elezioni alle quali partecipano per la prima volta quelli nati dopo il crollo del Muro. I nuovi elettori, quelli nati tra il 19 settembre 1987 e il 27 settembre 1991, sono ben 3,5 milioni, con i maschi in maggioranza. Tuttavia non ci sono, ancora, dati disponibili, che abbiano influito sui risultati complessivi, a meno che le analisi sui comportamenti elettorali dimostrassero, in futuro, che abbiano massicciamente votato per un solo partito, o al massimo per due. Le classi di età che più pesano elettoralmente in Germania sono quella dei 40-49 anni (20,6% dell'elettorato) seguiti a ruota dai 70 anni e più (18,3%) e dai 50-59 anni (17%): insieme sono più del 50% dell'elettorato. Nella RFT,oltre che dalle classi di età, il voto è condizionato territorialmente: Nord-Rhein Westphalen, Baviera, Baden-Würtemberg e Berlino, cioè 4 Länder su 19 hanno più del 50% degli elettori. In questi 4 Länder la SPD non è più il partito dominante, tranne che a Berlino, se a ciò si aggiunge il peso delle maggiori classi di età degli elettori il risultato della SPD, un pietoso 23,4% delle prime proiezioni, ulteriormente ridotto al 23%, è facilmente spiegato con la reazione di pensionati e lavoratori maturi ed alla soglia della pensione. In questa campagna elettorale, per la prima volta la SPD non ha avuto un visibile appoggio sindacale, né dalla DGB, che dai due maggiori sindacati, IG Metall e Ver.di e con buone ragioni.

In termini assoluti e percentuali i veri vincitori sono i Liberali con il loro 14,5%, con chiarezza il terzo partito. I Liberali, come già accennato sono un partito fortemente impegnato, dalla elezione, alla sua presidenza, di Guido Westerwelle per la difesa delle libertà civili: hanno combattuto con Verdi e LINKE contro le leggi sulla sicurezza della Grande Coalizione e di crescente controllo della rete e dei server in Internet.

Il loro successo, anche a spese della CDU, rende, peraltro precario un governo democristian-liberale.. Soltanto la lotteria degli Überhangsmandaten, i seggi aggiuntivi per riproporzionare la composizione del Bundestag, nel caso che un partito abbia ottenuto un numero di mandati diretti eccessivi, renderà possibile una coalizione giallo-nera, di FDP/CDU-CSU, ma con una ristrettissima maggioranza. Nella distribuzione dei seggi aggiuntivi la Corte Costituzionale Federale ha già lanciato un severo ammonimento per i vantaggi che procura al partito più grande e per la violazione del principio del voto diretto e, perciò dovremo attenderci un ricorso alla Corte Costituzionale, in ogni caso e, a maggior ragione, in caso di sostanziale parità.

La Bundesverfassungsgericht, a differenza della Corte Costituzionale italiana ha mostrato poca riverenza nei confronti delle esigenze della classe politica, come ha dimostrato nel recente Lissabon Urteil, con l'ampliamento dei poteri del Parlamento tedesco (Bundestag e Bundesrat) nelle future ratifiche dei Trattati UE. Resta il fatto che CDU-CSU (33,8%) e FDP (14,5%) non superano il 50% del voto popolare, anche se hanno raccolto più voti della somma di SPD (23%), LINKE (12,1%) e Verdi (10,5%). Le differenze programmatiche tra CDU e FDP non sono poca cosa in materia di riduzione delle tasse e del welfare. Allo stato non ci sono aspettative, che, a conclusione della vicenda elettorale, come in tragico gioco dell'oca, si torni alla casella di partenza: una Grosse Koalition come stato di necessità e non come libera scelta. Tuttavia nella riedizione di una Grande Coalizione la CDU guadagna e la SPD perde. Rispetto al 2005 la SPD ha più di 11 punti percentuali in meno e soprattutto non ha un'alternativa, nemmeno da brandire come minaccia, come era la maggioranza numerica teorica rosso-rosso-verde del precedente Bundestag.

Il problema centrale è quello della socialdemocrazia tedesca, che ha raggiunto il peggior risultato dal dopoguerra, talmente pessimo, come detto sopra,da essere sotto di oltre 5 punti percentuali rispetto al precedente record negativo di ben 56 anni fa..

La socialdemocrazia tedesca, “die deutsche Sozialdemokratie” è sempre stata la socialdemocrazia per eccellenza, benché i suoi risultati non siano paragonabili a quelli conseguiti dalle socialdemocrazie scandinave.

Soltanto da pochi anni in quei paesi nordici la socialdemocrazia ha perso la sua indiscussa egemonia conquistata negli anni 30 del secolo passato e durata ininterrottamente per un cinquantennio.

L’esperienza scandinava, tuttavia, è stata caratterizzata da un modello concreto di gestione, da una prassi, piuttosto che da una teoria. In Germania, invece, si sono affrontati i temi più controversi del movimento operaio e socialista europeo: basta un accenno ai programmi di Eisenach, Gotha, o di Erfurt od al Bernstein Debatte.

Con Karl Kautsky si sono dovuti confrontare esponenti di altri filoni della sinistra dal socialismo rivoluzionario di Rosa Luxemburg al comunismo di Vladimir Lenin.

Senza risalire così lontano, basta pensare al programma di Bad Godesberg del 1959 con il quale la SPD si è trasformata da “Klassenpartei” (Partito di classe) a “Volkspartei” (Partito del popolo).

Punti fermi nell’accettazione dell’economia di mercato rimanevano la “Mitbestimmung” (Codecisione) nelle grandi imprese e l’orientamento sociale del mercato, la cosiddetta Soziale Marktwirtschaft in un quadro che non escludeva un intervento pubblico nell’economia attraverso la Pianificazione, quando e in quanto necessaria.

La SPD prima del declino, che si è accentuato con la riunificazione tedesca sotto l’egida del democristiano Helmut Kohl, era un partito con iscritti, che superavano il milione, con una capillare organizzazione territoriale ed un rapporto fortissimo con il Sindacato compresi la IG Metall ed il pubblico impiego, che è organizzato nel più numeroso sindacato unitario europeo il Ver.di (Verwaltungsdienst: pubblico impiego all'italiana).

Intorno alla SPD ed al Sindacato gravitavano una catena di cooperative di consumo e di costruzione (Neue Heimat) ed una banca (Bank für Gemeinwirtschaft), nonché case editrici e la Fondazione Ebert.

Tutti strumenti che consentivano una proiezione internazionale della SPD, sia diretta, che indiretta, attraverso l’Internazionale Socialista ed il PSE.

La SPD ed i suoi leader, in particolare Willy Brandt, sono stati i protagonisti della politica di distensione Est Ovest e di nuovi rapporti Nord Sud.

In quel periodo aureo, se vi è stato un errore di impostazione, era la coincidenza di interessi tra Partito e Governo, in altre parole tra Partito e Stato.

La politica di distensione doveva legittimare la DDR e la SED, ma proprio per questo la SPD sarebbe stata particolarmente debole nei nuovi Länder, ad eccezione del Brandeburgo, dove nel 1994 aveva la maggioranza assoluta..

Il rifiuto del comunismo poliziesco tedesco orientale ha in qualche misura coinvolto la forza organizzata della SPD, tanto più che gli ex-comunisti della SED confluiti nella PDS (Partei des demokratischen Sozialismus), a differenza di quanto avvenuto nella maggioranza dei paesi dell’ex Patto di Varsavia, non si erano trasformati in socialdemocratici, anzi con la costituzione, insieme con la dissidenza socialdemocratica, della LINKE, in loro pericolosi concorrenti.

Negli anni d’oro la Socialdemocrazia poteva contare sui bastione rossi dalla Nord-Rhein Westphalen all’Assia, con le città stato di Brema ed Amburgo, tutti Länder nei quali la SPD aveva la maggioranza assoluta o vi si avvicinava, così come nelle città di Francoforte, Berlino o Monaco di Baviera.

Non solo la SPD nei suoi periodi migliori si era espansa in Länder tradizionalmente conservatori, come la Rheinland Pfalz, la Saar ed addirittura nel Land Schleswig-Holstein, con una forte minoranza danese.

La socialdemocrazia tedesca è stata investita direttamente dalla Guerra Fredda e dalla divisione dell'Europa in due campi contrapposti: anche simbolicamente la linea di divisione passava in Germania e divideva persino la sua capitale imperiale, Berlino. In quest'ultima città, di cui è stato sindaco dal 1957 al 1966 il suo più grande esponente del dopoguerra, Willy Brandt, si sono verificati tre degli episodi caratterizzanti lo scontro Est Ovest: il Blocco di Berlino del 1948, la costruzione del Muro nel 1961 ed il suo crollo nel 1989. L'eredità di quella divisione, che rappresentava anche quella tra il Comunismo e il Socialismo Democratico, non è stata ancora liquidata, come i conflittuali rapporti tra SPD e la LINKE, stanno a dimostrare.

Nel dopoguerra due sono stati i periodi nei quali la SPD ha diretto il Paese: il primo dal 1969 al 1982 (prima Willy Brandt e poi Helmut Schmidt) ed il secondo dal 1998 al 2005 (Schrõder).

Nel primo periodo in alleanza con i liberali della FDP e nel secondo con i Verdi, die Grünen.

Mentre a livello di Länder le alleanze tra partiti sono sempre state le più varie, nel Governo nazionale CDU/CSU e SPD si sono sempre presentate come alternative, con le due sole eccezioni delle Grandi Coalizioni del 1966-1969 e di quella in carica del 2005-2009.

La prima Grosse Koalition, sempre a guida democristiana segnò l'inizio della predominanza socialdemocratica, mentre la seconda, con la Cancelliera Merkel sta segnando il punto più basso del consenso elettorale della SPD, che in queste elezioni 2009 rischia di essere sostituita dai Liberali, od anche da un'inedita coalizione CDU/CSU e FDP, allargata ai Verdi, chiamata Giamaica, dai colori di quella bandiera nazionale, che corrispondono a quelli dei partiti tedeschi, il nero democristiano, il giallo liberale ed il verde degli ecologisti. Questa possibilità teorica e numericamente più solida di quella giallo-nera, è stata, però, esclusa dal leader dei Verdi tedeschi, il cittadino tedesco di origine turca Cem, per le differenze sul nucleare fortemente sostenuto dalla FDP e dalla maggioranza della CDU. Tuttavia i Verdi non sono più legati alla SPD, come ai tempi del binomio Schröder Fischer, i Castore e Polluce teutonici, e perciò hanno le mani libere, come è la tendenza, anche europea sotto l'impulso di Daniel Cohn-Bendit (Finlandia docet) e sperimentata a livello di singoli Land.

Mi immagino già i gridolini di gioia di settori della sinistra italiana: assolutamente giustificati, chi non supera il 4% non può che mettersi in adorazione di una formazione che in pochi anni ha riportato risultati a due cifre. La PDS fino al 2004 ha superato la soglia di sbarramento soltanto nel 1998, ma era presente fin dal 1990 per deroga alla Sperrklausel nelle prime elezioni della Germania riunificata e successivamente grazie alla elezioni di tre mandati diretti la Germania tutela le minoranze politiche meglio delle leggi elettorali italiane. Ho qualche perplessità, per antiche reminiscenze, nel valutare i risultati elettorali, come l'unico criterio di giudizio, e come logico di usare il criterio soltanto quando il vincitore ci è simpatico. Se il successo elettorale è la misura dei valori tutta la sinistra italiana avrebbe dovuto diventare socialdemocratica nel 1999, quando 12 Primi Ministri su 15della UE erano di partiti affiliati al PSE. La SPD è in un cul de sac: non ha una alternativa alla Grande Coalizione e la Grande Coalizione, carta canta!, la indebolisce. Alla Grande Coalizione si può applicare quanto il fine Ciu-enlai diceva degli accorsi tra le superpotenze USA e U.R.S.S: “dormono nello stesso letto, ma fanno sogni diversi”. Il sogno della Merkel è chiaro, fare un governo con la FDP con una chiara e forte maggioranza parlamentare. Il problema della SPD è che è diventata incapace di sognare.

Se Sparta piange, Atene non ride o, almeno non dovrebbe. Ogni partito ha il diritto di festeggiare le sue vittorie e, come ci insegna la saggezza popolare chi si accontenta gode, tuttavia se la politica fosse qualcosa di appena più serio della tifoseria da “Curva Sud” mi chiederei per quale ragione la LINKE raccolga soltanto una frazione (4%) delle perdite (-11,3%) della SPD e non mi accontenterei del fatto, che la sinistra nel suo complesso sia al 35,2%, cioè appena sotto il livello della sola SPD al tempo del vituperatissimo Schröder, per non parlare dei risultati della SPD di Brandt e di Schmidt e dello Schrõder del 1998, sempre sopra al 40%. La LINKE dal 2005 e dalle successive elezioni regionali ha vinto la scommessa dell'esistenza., non è più una forza di pura testimonianza, quindi deve essere la prima a preoccuparsi della perdita di peso della sinistra e della stessa possibilità di costituire un'alternativa ai governi liberal democristiani. Le percentuali sono spietate e lo saranno ancora di più cifre dei voti in assoluto. Buona parte dei guadagni in percentuale di Verdi e LINKE sono conseguenza della forte diminuzione dei votanti, appena il 70,8% (-7%) (la più bassa percentuale di votanti da quando esiste la RFT): è un fatto che la sinistra rosso-verde che aveva il 51,1% nel 2005, ora raggiunge il 45,7%, una perdita del 5,4%, quindi superiore al guadagno della LINKE.

Il 7% in meno di votanti corrisponde a circa 4.340.000 voti: praticamente la consistenza dei Grünen (4.641.197). In percentuale i Verdi aumentano del 27% e la LINKE del 50% rispetto ai propri voti del 2005, in voti assoluti i Verdi passano da 3.838.326 a 4.641.197 e la LINKE da 4.118.194 a 5.143.884, cioè complessivamente guadagnano 1.828.561 voti a fronte di una perdita SPD di 6.205.822 voti, tre volte tanto!

Un giudizio complessivo e definitivo sulle elezioni tedesche sarà possibile soltanto con la distribuzione dei seggi dopo la riproporzionalizzazione e conosciuti i risultati di due Lãnder, che votavano contemporaneamente alle elezioni federali, il Brandeburgo e lo Schleswig-Holstein. Ci si dimentica spesso che la Germania è una repubblica federale e che per governare è necessario aver una maggioranza anche nella seconda Camera, quella rappresentativa dei governi dei Lãnder. La CDU è stata già sconfitta in Turingia e nella Saar e lo sarà nel Brandeburgo. La Merkel potrà, però, dormire sonni tranquilli, perché in Turingia, malgrado il passo indietro del vincitore delle elezioni, il capolista della LINKE, Bodo Ramelow, non si è trovata la quadra, come nella Saar del resto dove ai problemi politici dei rapporti tra SPD e LINKE si aggiungono quelli personali con Oskar Lafontaine. La SPD è un partito dove formalmente sono vietate le correnti organizzate, tanto che per diventare membri della Presidenza Federale, i candidati si devono conquistare uno ad uno i voti della maggioranza assoluta dei delegati. Chi lascia il partito è un traditore, un riflesso piuttosto leninista, che turatiano.

Con tutta probabilità dovrà crescere una nuova dirigenza politica nei due partiti, che, anche per ragioni anagrafiche, non sia più condizionata dalla divisione tedesca.

Gli elettori di sinistra appaiono più avanzati dei loro dirigenti: nei collegi uninominali la SPD prende, come nel 2005, ben due milioni in più, di cui un milione e duecentomila da elettori di Verdi e LINKE.

Il muro fisico è crollato nel 1989, ma un muro spirituale c'è ancora, se un giornale conservatore come la FAZ fa la previsione che nel prossimo Parlamento per la prima volta ci saranno più ex collaboratori della Stasi, la polizia segreta della DDR, che dissidenti tedesco orientali.

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