Caro Beppe, siamo in Italia e non nell'America degli anni della forte immigrazione, dove migliaia e migliaia di persone di varie nazionalità sbarcavano per popolare e rinvigorire economicamente e finanziariamente quell'immenso (allora) Paese. I presupposti per emigrare in America, Argentina, Venezuela e Brasile c'erano tutti, spazi immensi da popolare, economia da costruire, risorse naturali più che abbondanti, necessità di mano d'opera, insomma erano nazioni che stavano sorgendo o si rafforzavano. Ma noi? Noi siamo in Italia, Paese stretto, montagnoso, molto popolato, lo spazio comincia a mancare, mano d'opera ne abbiamo che ci avanza, infatti le aziende mandano via i dipendenti anche quando l'economia tira (sembra però che tiri sempre per gli altri), risorse naturali quasi assenti a parte o' sole e o' mare e la canzone napoletana, classe politica lungimirante e preparata assente, i capitali privati pronti ad essere investiti per lo sviluppo attualmente sono a godersi l'esentasse dei paradisi fiscali nelle varie parti del mondo, giovani tanti ma alcuni li abbiamo persi fra le sniffate di polveri varie (polveri sottili e smog compresi), alcol e movide e… gli studi quando avanza tempo, gli altri sono alla perenne, angosciosa e frustrante ricerca di un lavoro (fate gli imprenditori dice mister B.), i laureati non devono cercare solo lavori qualificanti (dice Sacconi), fosse facile trovare anche gli altri dico io. Le case ci sono, costano solo un po' troppo per chi ha redditi da lavoro e in affitto non si trovano facilmente a mensili abbordabili. Perciò non mi vergogno e non mi considero razzista se dico che di immigrati e profughi in Italia non dovrebbero più entrarne. Se le cose continueranno come ora c'è il rischio che si possa scatenare una feroce tensione sociale, i poveri nostrani contro i poveri d'importazione, altro che coesione sociale, bontà e aiuto reciproco, tutto verrebbe annullato dalla necessità di sopravvivere. A chi gioverebbe tutto questo?
Alfio Caltapiano, caltapiano.alfio@hotmail.com
