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DIRITTO DI CITTADINANZA

Sono passati solo dieci giorni e di tutto il gran dibattito per la presunta rissa tra Berlusconi e Fini nessuno ne parla più: mi chiedo a volte se la politica non sia come le lampadine che si accendono o spengono con il “click”. Mi interessa però accennare a un altro tema che divide l’opinione pubblica: la possibilità di richiedere ed ottenere la cittadinanza italiana, con relative polemiche. Ai lunghi discorsi preferisco una proposta concreta visto che secondo me non è il fattore “tempo” (di soggiorno in Italia) ad essere l’aspetto qualificante ma il “come” si viva o meno questo periodo. Ricordando che da quando sono sindaco di Verbania ho attuato la “Festa della cittadinanza” proprio per dare importanza a questo evento riunendo in un'unica occasione diversi neo-cittadini per il giuramento e facendo diventare l’appuntamento un’occasione di socialità e di incontro, ecco alcune proposte: 1) Resti di 10 anni il termine normale per chiedere la cittadinanza a chi soggiorna nel nostro paese. 2) Per ottenerla deve essere comunque necessario superare un esame serio di lingua e di conoscenza storica e sociale (a chi non ce l’ha si imponga di seguire un corso di approfondimento: vale di più la cittadinanza o la patente di guida?). 3) Il periodo sia più breve per chi è residente nell’UE e ne sia già cittadino, estendendo tale possibilità anche per altri paesi dell’Europa Occidentale (Svizzera, Norvegia, Islanda) non facenti parte della UE. 4) Sia possibile richiederla dopo un periodo minimo (ad esempio 5-7 anni) facendone istanza motivata. Il punto 4) è importante perché vi sono spesso situazioni chiare, obbiettive e logiche per non dover aspettare 10 anni. Gente che è perfettamente integrata, che parla l’italiano benissimo per vicende famigliari, che ha titoli di studio e magari è di origine italiana. Non sia quindi più tanto il decennio trascorso la condizione per ottenere la cittadinanza ma un esame obbiettivo, serio, documentato e verificato del singolo caso l’elemento determinate per la concessione. Chissà se su questo tema sarà possibile un dibattito parlamentare serio, meditato, soprattutto che tenga conto delle realtà umane e dei bisogni di tanta gente, ma anche delle condizioni spesso del tutto insufficienti della nostra realtà consolare all’estero anche perché chi ne ha il diritto non è giusto attenda poi altri anni solo per ritardi burocratici di cui non ha colpa.

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