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L’identità  del cortile di casa. La secessione leghista è in corso

Si abbattono i simboli di ieri e quelli di oggi

Inutile provarci, non si riuscirebbe a fare capire nulla, qualunque sia la qualità degli argomenti, la loro bontà, le motivazioni e tutto il resto. La classe dirigente leghista vive nel cortile di casa propria e non esce nemmeno per fare la spesa. Quando lo fa, pretende di essere scortata per non correre pericoli, rappresentati, come si sa, dalla gente che ha la pelle scura, o dai rumeni che hanno la pelle chiara, vengono da est e non possono essere deportati nei lager libici. I leghisti devono rifare tutto da capo: la letteratura, la storia e la preistoria, i dialetti, le bandiere, i miti. Tutto. E non possono permettersi di guardare in faccia nessuno. Non lo fanno per male, non vogliono offendere alcuno, né derubricare la qualità di chicchessia. Solo che chi non è nato accanto al cortile di casa, non ha diritto di essere ricordato, non fa parte della storia, non fa parte della comunità.

Non ha diritto né al passato né al presente. Se non fossero così determinati come farebbero a “sequestrare” il Nord in una identità che deve essere fabbricata mattone dopo mattone, dall’ampolla ad Alberto da Giussano, dai celti agli eroi del quartiere. Sicché, le gesta del popolano che guidò l’asino in vetta al colle nonostante il nubifragio, hanno diritto di essere ricordate più di Cavour o di De Gasperi, che pure un nordista fu. Ma che nordista, cari lettori. Stava dalla parte di tutti, lo governava come meglio poteva, tanto da fare dimenticare che era nato e cresciuto fra gli italiani mezzo tedeschi. Altro nord, altra cultura.

Ora dobbiamo guadagnarci la sopravvivenza dell’Italia come nazione, cercando disperatamente di reggere alle mutilazioni quotidiane di Umberto Bossi e dei suoi “fratelli padani”, con il beneplacito, compiaciuto, delle più alte cariche dello stato e l’apprezzamento dei meridionali colti che si sono dati alla politica e che sono unicamente interessati a capire come si fa a conquistare il 30 per cento dei suffragi in pochi anni. Come si fa? Basta inseguire gli impulsi, gli istinti, le paure, gli egoismi,della gente che non si muove dai cortili di casa. Basta costruire muri di incomunicabilità con i diversi, fare della solidarietà sintomo di idiozia e ingenuità, fare della sicurezza lo strumento per allontanare quelli che non parlano la nostra lingua, non pregano nelle nostre chiese, non si sposano con i nostri riti. Basta fare della cristianità una setta per i nativi, espellendo chi non ci sta. Basta abbattere i simboli della comunità nazionale, come Peppino Impastato.

La giunta leghista di Ponteranica, paese in provincia di Bergamo, è stata inflessibile sulla dedica della biblioteca a Impastato, l’ha sostituita. Ciò che è accaduto nei giorni scorsi a Pontedera non riguarda solo un siciliano ammazzato dalla mafia e “respinto”, come memoria, dalla legge del “cortile di casa”, ma il sintomo di una malattia che sta contagiando il Paese: la rimozione della storia, il rifiuto della memoria, della cultura, dell’arte, di tutto ciò che ha fatto dell’Italia, la culla della civiltà. Perché rifiutare il passato, significa respingere ciò che ha fatto grande l’Italia, ciò che ancora oggi permette agli imprenditori del Nord di essere accolti con straordinaria attenzione in ogni parte del mondo. Ma come si fa a fare capire queste elementari associazioni? Peppino Impastato è stato offeso come qualunque altra rimozione storica. Non si deve e non si può abbattere targhe, quelle che ci piacciono e le altre che non ci piacciono, perché è un’operazione, sempre, diseducativa e dannosa per il patrimonio culturale, storico del Paese.Olttre ai costi delle operazioni a carico dei contribuenti

Che sia Palmiro Togliatti, De Gasperi, Garibaldi o Giulio Cesare, bisogna tenersela stretta la storia, per non dimenticarne una sola pagina. Di essa un Paese ha bisogno per non ripetere gli errori commessi e per trovare i giusti modelli di comportamento, per sentirsi parte di una comunità, poterne rivendicare con orgoglio i meriti. Il cortile di casa non può offrire nulla di simile. Rinunciare a Peppino Impastato, dunque, non è solo l’offesa alla memoria di un ragazzo che credeva in ciò che faceva e stava dalla parte giusta, è una picconata a ciò che siamo, il sintomo della regressione che stiamo vivendo, la testimonianza dell’involuzione dei nostri costumi. Prendersela con Ponteranica, tuttavia, ci pare riduttivo, perfino ingiusto. Da tempo non ascoltiamo parole che ci facciano riflettere sui valori, i principi, i diritti ed i doveri. Siamo sequestrati dall’arroganza, dal narcisismo, dalle piccole cose di ogni giorno. Accendiamo la TV e ascoltiamo le parole di Barack Obama, che incitano all’unità, alla solidarietà, alla giustizia, non quelle dei Ministri italiani, impegnati a rivendicare la loro grandezza.

Non rispondendo neanche alle richieste di aiuto nei riguardi dei nostri connazionali

ingiustamente, all´estero, incarcerati da anni.

(fonte S.i)

Rosario Cambiano-Colonia

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