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EURO SACRIFICI

Farci i conti in tasca è sempre un’impresa dolorosa, ma, spesso, necessaria per tentare di capire dove va l’economia spicciola italiana. In atri termini, faremo nostra la realtà dell’uomo qualunque. Quella che, in definitiva, conta. Per poter avere precisi parametri di riferimento, abbiamo preso in esame i prezzi di parecchi prodotti merceologici all’ottobre 2000, (quando ancora si acquistava in lire) e nell’ ottobre del 2008, in piena area euro. Quindi, otto anni in esame a cavallo tra le due monete. Per non falsare i nostri conti, abbiamo considerato l’inflazione che, per il periodo in esame, è stata del 22,6% ( percentuale complessiva). I valori riportati, poi, si riferiscono ad una media nazionale perché, guarda caso, i prezzi degli stessi prodotti differiscono, anche di molto, da regione a regione. Il Pane comune, secondo noi il migliore, è rincarato del 17,5%. La pasta alimentare del 23,1%. La carne di manzo del 21%. Lo zucchero ha fatto un balzo del 13,2%. Le verdure, anche se in tempo di grandi raccolti, sono vendute con un incremento del 18%. L’olio d’oliva nazionale del 15%. Il latte dell’ 11%. Gli stipendi dei lavoratori e le pensioni, per lo stesso periodo, hanno registrato un incremento dell’ 8,5% ( al netto delle trattenute fiscali). Insomma, il potere d’acquisto dei salari non ha seguito la dinamica dei prezzi reali dei generi di largo consumo. C’è chi ha attribuito la colpa all’introduzione della moneta unica europea (Euro), altri si sono convinti di una speculazione a monte da parte di chi avrebbe potuto evitarla. Una riflessione grossolana, ma evidente, meglio può chiarire la nostra posizione. Ad esempio, ciò che costava Lit.1000 nel 2000, nel 2008 prezzava 2 Euro. Se la matematica non è un’opinione, il rincaro è stato del 400%; con tutti i problemi che ne derivano. Del resto, uno stipendio di Lit. 2.000.000 (al netto d’imposta), consentiva, nel 2000, una vita tranquilla per una famiglia di quattro persone. Anche se con affitto da pagare. Oggi con Euro 2.000, una famiglia tipo tira avanti come può. Soprattutto se deve anche pagare l’affitto che incide non meno del 30% sullo stipendio. Calando la liquidità, quindi la disponibilità a spendere, la crisi si è accentuata. Negli altri Paesi dell’Area Euro, però, la salita dei prezzi è stata più contenuta e le retribuzioni più adeguate (+13,7% rispetto al 2000). Tant’è che i paragoni danno, purtroppo, ragione alle nostre tesi. Col senno del poi, sarebbe, forse, stato più opportuno proporre un referendum sull’adesione all’Euro; dopo un periodo di sperimentazione. Del resto la Gran Bretagna, che non naviga in acque migliori delle nostre, continua ad usare la sterlina. Fotografato il valore di un Euro in Lit. 1936,27, l’economia della moneta unica ha fatto il suo corso e le speculazioni ci sono state. Il futuro è incerto. Il Terzo Millennio più che benessere, ci ha portato problemi. Di chi le responsabilità? L’interrogativo, secondo noi, dovrà trovare risposta nelle nuove generazioni.

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