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La terra mé

Meditazioni d’un terremotato dell’Aquila

…Invece qui, sulle pendici di questo monte arido e brullo, dalla cui cima lo sguardo si allarga verso le quattro direzioni dello spazio e, per chi è preparato, anche dell’anima, nulla pare cambiato. Ogni cosa è al suo posto, a Monte Calvo, montagna “facile”, alla quale la nebbia, il ghiaccio, l’arsura, il vento, i repentini e inspiegabili mutamenti dell’atmosfera conferiscono quella dose di rischio che basta a far desiderare la fatica. E l’avventura.
Sulla ripida costa nord, in un giorno che mimava silenzi artici, ho visto scivolare a valle mio fratello e gli ho tesa la mano e il resto del corpo, per rotolare con lui verso un ignoto rivelatosi infine benevolo. Dalla parte opposta risalivano un giorno i pellegrini, seguendo l’illusione di una bandiera della pace (“summit for peace”), nella mente una preghiera, “ciascuno nel nome del suo Dio”.
Tra loro, mio padre, con la sua migliore faccia da montagna, e una ragazza che quasi non conoscevo e che qualche tempo dopo ci avrebbe dato un figlio. La fata, il castello, il verde lago, i sogni dei pastori sono ancora lì, la favola permane, basta crederla vera.
Oggi si allatta un vitello ai seni generosi della Madre, il passaggio dell’uomo invisibile ne rallenta i sogni per il tempo di un soffio. Dalla base della croce sommitale si solleva, in volo d’augurio, una poiana, in forma d’aquila, come nei nostri intenti. Vola a comprendere, in un abbraccio solo, monti valli città, dov’è la storia nostra ed il futuro, incognito, dei figli.
Non credetemi uno sciocco colonizzatore, o un vacuo conquistatore dell’inutile, ma questa terra, sotto questo cielo, per quanto tremi, questa è la “terra mé” (cioè la NOSTRA, del Popolo dei Sassi, che non crolla).

Sandro Cordeschi – “Sasso”

scordeschi@yahoo.it

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