di Andrea Scanzi
Chiedo scusa per la lunga assenza. Cioè, in realtà non la chiedo, ma tra voi comunisti la finta educazione è di casa. Quindi mi adeguo.
In queste settimane ho avuto molto da fare come cubista di destra. Ho cercato di allietare, roteando gonadi e bacino, le feste di Villa Certosa e Palazzo Grazioli.
Ho davvero avuto molto da fare. Sono stati bei momenti, di grande spensieratezza. Esempi veri di democrazia, col sorriso sulle labbra e la mente sgombra.
Molti ricordi satollano (?) la mia mente, ottenebrandola di malinconia. Rammento come fosse ieri la festa in cui ho ballato tutta la notte sopra un cubo a forma di cervello di Gasparri (era un cubo molto piccolo). Ballavo con un tanga pervinca di Winnie The Pooh, e credetemi Winnie The Pooh mi dona un casino. Esalta eroticamente le mie adenoidi.
La musica riempiva la stanza, che era poi l’immensa sala di Villa Certosa. Gli altoparlanti in legno di comunista propagavano Luca era gay nella versione Padania Remix di Dj Maroni.
Quella sera abbiamo ballato fino a tarda notte. In un parossismo di ormoni azzurri, ricordo il mio muoversi sinuoso e ammiccante, con Mara Carfagna che mi guardava colma di vivido ludibrio.
Alla destra del mio cubo, Calderoli digeriva con fierezza il settantesimo falafel di gladioli bresciani, esalando tenui flatulenze forcaiole in segno di stima.
Alla sinistra del mio cubo, come Dimaco sul Golgota, Sandro Bondi declamava le sue poesie magicamente in equilibrio tra Gozzano e Don Lurio. Maurizio Lupi chiedeva sempre di ascoltarle un’altra volta, non per piacere personale ma perché alla prima non le capiva mai (è un po’ duro, Lupi, ma a noi piace così).
Al centro, davanti a tutti noi, il Sultano raccontava per la trecentesima volta la sua barzelletta preferita. Noi fingevamo di non conoscerla, per donargli il piacere del nostro plauso convinto.
A fine festa, Niccolò Ghedini ci faceva firmare una liberatoria, nella quale dichiaravamo che non eravamo mai stati lì e se un giorno un grumo giustizialista ce l’avesse chiesto, avremmo dovuto trincerarci dietro il mantra Mavalà, ripetuto come l’Om mani padme hum buddista.
Sono davvero stati bei momenti, soprattutto quando Lucia Tanti è uscita nuda da una torta-gigante a forma di Schifani. La torta era piena di panna e quella scena mi ha titillato l’ormone come neanche Kelly LeBrock ne La signora in rosso.
Di quelle feste, ora, serbo nel cuore la convinzione di essere stato parte attiva della Storia. Di avere fatto il mio dovere. Di non aver mulinato il bacino invano.
E questo ciondolo, in mezzo al collo, a forma di farfalla scandinava albina, sta lì a dimostrarlo.
Lo guardo scintillare alla luce del sole, e l’orgoglio pervade le mie ariane membra. Sono davvero fiero di me. E ho al contempo (?) pena della vostra pochezza bolscevica. Non siete che rigurgiti del tempo, boli mal digeriti di un Percorso di cui mai farete parte. Siete solo carne morta (cit).
Esaurita questa premessa, di cui vado giustamente fiero, desidero parlare del vero evento di queste settimane. Non l’imminente G8, non le foto sovversive di Zappadu, non le rivelazioni criminose della D’Addario. No. L’evoluzione abbacinante del Pd. Cioè il Partito Disastro.
Ne sono affascinato. Tale crescendo rossiniano mi inebria. Neanche la rubrica di Don Vittorio Zucconi su Radio Capital mi piglia così. Sono tutto un fremito, quando sento parlare il Pd dell’imminente redde rationem.
Il Pd è il faro della nostra coscienza, il baluardo della democrazia, l’ultima frontiera della politica. Il Pd è riuscito laddove tutti hanno fallito: si è definitivamente sganciato dalla società civile. Anzi, dalla società e basta. Si è emancipato dalla realtà. E’ avulso dalla manovra, laddove “manovra” è qui da intendersi come sinonimo di “Mondo”.
Se, prima del Pd, i partiti – banali – affidavano le loro mosse ai desideri dell’elettorato e agli alambicchi della storia, il Pd se ne disinteressa totalmente. E non per sbadataggine: per scelta.
Vive in un mondo tutto suo, ignifugo agli agenti esterni. Se la canta e se la suona.
Il Pd non è un partito: è un buco nero. Risucchia tutto, tranne i dirigenti. Loro sono immortali, come un meteorite fuori asse, tenacemente ancorato alla propria esistenza di tracciante stellare senza arte né parte. Eppur vivo.
La loro capacità di gestire la crisi è meravigliosa. La maggioranza arranca, non ne indovina mezza, ma il Pd non affonda il colpo. No. E quando perde le elezioni, esulta perché “almeno non siamo scomparsi”. Un po’ come se uno, dopo aver scoperto di aver perso vista, udito e parola per un morbo incurabile, dicesse “eh sì, però ho ancora l’alluce sinistro”. A suo modo, un capolavoro nell’arte di accontentarsi. Pragmatismo ruleZ.
Il Partito Disastro è oltre tutti noi. Loro sanno e noi no. Loro non sono antiberlusconiani (a differenza di voi rosiconi) perché è dimostrato che l’antiberlusconismo non paga (non si è mai capito CHI l’abbia dimostrato, ma loro sanno che è così. E non è certo il caso di sottilizzare).
Loro sono nuovi, sono buoni, sono colti.
Loro sanno, a differenza di noi.
Loro sono loro e voi non siete un cazzo.
Ci attendono nuove magnifiche sorti e progressive.
Vagliamole (?).
Partito Dalema. Il mio preferito. D’Alema è uno che, da quando è nato, vive per minare dalle fondamenta la sinistra europea, con un sadismo – gli va riconosciuto – instancabile. Ma non è tanto questo, il suo merito. No: è piuttosto la capacità di ripresentarsi, ogni volta, come guaritore di quella stessa crisi che lui ha generato. Stupendo. Sarebbe come se io, un giorno, venissi in casa vostra, vi distruggessi i mobili con una mazza da baseball e poi me ne andassi. Dopodichè, qualche giorno dopo, tornassi da voi come nulla fosse, e vi obbligassi a rifare il mobilio di casa secondo il mio gusto (e i vostri soldi). Per poi distruggervelo un’altra volta. E via così, nei secoli dei secoli. D’Alema non è un politico: è un trojan horse. L’hardware sinistrato lo conosce, ma si rifiuta di combatterlo: per fedeltà alla causa (persa).
Partito Marino. E questo chi cazz’è? Dice: “il leader dei piombini”. Ah. Ma io continuo a non saperne molto. Però la sua candidatura ha fatto arrabbiare Marini (MARINI!!!!!!!!!!!!!!!!!!). E questa, tutto sommato, non è una credenziale da poco.
Conclusioni. Comunque vada, sarà un insuccesso. Con questi leader non vinceranno mai. E neanche faremo più girotondi.
E ora scusate, torno sopra il Cubo Gasparri. Dj Maroni ha appena messo Datemi un martello. La ballerò con Laura Ravetto, mi vida e mi corazon. Daje.