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Allarme nuove povertà : le “madri sole”. Giovanni D’Agata chiede più tutele per questa fascia debole della cittadinanza

Un grave problema della nostra Provincia come dell’Italia intera è l’emergente fenomeno della femminilizzazione della povertà e delle donne sole con figli, che costituiscono oggi un nuovo gruppo sociale, particolarmente esposto ai processi di impoverimento e al limite della esclusione sociale.Vivere sola per una donna comporta un rischio di povertà doppio rispetto a quello di un uomo, soprattutto nel caso delle “madri sole” in presenza di figli minori. E’ importante ricordare, in questi casi, come povertà di una famiglia monogenitore riguardi il problema emergente della povertà del bambino a carico.
Le famiglie monogenitore a capofamiglia donna costituiscono da qualche anno un fenomeno emergente nella società italiana. Sebbene infatti situazioni di questo tipo già esistessero, l’aumento della speranza di vita e dell’instabilità matrimoniale hanno portato a cambiamenti radicali nella composizione delle famiglie monogenitore. Questa tipologia di nuclei è in crescita senza contare i nuclei che sfuggono alle rilevazioni statistiche perché spesso le giovani mamme riprendono a convivere con i propri genitori.
In Italia la maggior parte delle donne sole con figli lavora a tempo pieno, con poca diffusione del part-time, e ha un titolo di studio prevalentemente medio-basso, solo il 27,8% ha almeno un diploma o la laurea, ed è comunque più basso di quello delle donne in coppia con figli. Il 38,1% delle madri sole è occupato, ma si arriva al 63,7% con figli fino a 26 anni. Specifica criticità va attribuita al 14,2% delle occupate atipiche o a tempo determinato. Le madri sole lavorano in media più delle altre donne e la motivazione dominante addotta è la riduzione del reddito derivante dal part-time non sostenibile per una madre sola. La situazione economica è un aspetto particolarmente critico: l’incidenza di povertà più elevata si registra comunque tra i nuclei di madri sole con figli fino ai 26 anni, e lo svantaggio è spesso acuito da un’abitazione spesso troppo piccola e in affitto. Nella percezione delle madri sole è anche il fattore di massima criticità.
La rete informale degli aiuti ha un ruolo importante se non essenziale: il mantenimento del sostegno che ricevono dalle famiglie d’origine è una strategia fondamentale, ma, innanzitutto, l’aiuto per la madri in coppia è maggiore perchè possono contare su una rete di parentela doppia e, in secondo luogo, si evidenzia chiaramente un problema di carenza nell’offerta e di elevati costi per la fruizione dei servizi per la prima infanzia che riguarda tutti ma che condiziona soprattutto le madri sole.
E’ evidente, quindi, che non è tanto – o solo – la condizione di genitore unico in sé a rendere più vulnerabili economicamente e socialmente, quanto quella di “genitore unico donna”. Queste situazioni rendono più acceso il contrasto tra una cultura politica che pensa alla famiglia fondata sul matrimonio quale unica base della società e perciò sola degna di essere tutelata e un sistema di welfare poco attento a questi nuovi nuclei-base della società, anche per la mancanza di politiche attive dell’occupazione femminile e di misure per la conciliazione tra lavoro per il mercato e attività quotidiane, come pure per la scarsa efficacia e implementazione delle politiche di pari opportunità.
Il componente del Dipartimento Tematico Nazionale di Italia dei Valori Giovanni D’AGATA ritiene che il tema delle madri sole con figli, necessiti di un riconoscimento ed un intervento pubblico, anche attraverso un efficace azione legislativa che si occupi direttamente del fenomeno e che si muova, in particolare, su due filoni principali: innanzitutto, sulla cronica carenza nell’offerta di servizi sociali pubblici per le madri sole e, insieme, gli elevati costi per la fruizione di servizi per la prima infanzia che riguardano tutti i bambini ma che condizionano la possibilità di utilizzo soprattutto per le madri sole; in secondo luogo, sulla carenza anche di informazioni sugli aiuti esistenti, che può nutrire, i pregiudizi di inefficienza nei confronti delle strutture di sostegno.
Lecce, 23 giugno 2009 Giovanni D’AGATA

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