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Morire di "informazione"o farcene una noi

Continua il percorso delle testate libere catanesi per costruire insieme un giornale che veramente racconti la città. E' stata messa in funzione l'Associazione Lavori in corso, è stata completata la prima inchiesta. Ma perché l'informazione, qui e ora, è così importante?

Pare che Mauro Rostagno sia stato ammazzato dai mafiosi. Dopo ventun anni è ufficiale, sembra che anche Peppino Impastato sia stato ucciso da loro e non (come dicevano Corriere, Repubblica, Giornale di Sicilia e televisione) da una bomba mentre faceva un attentato.
Bene. La verità prima o poi viene a galla, qua in Sicilia. Magari – come nel caso di Peppino – dopo dieci anni. O come per Giuseppe Fava, ucciso dalla mafia e non – come dicevano Toni Zermo, Tino Vittorio e gli altri pezzi grossi catanesi – per qualche storia di donne. E Borsellino, e Falcone? Professionisti dell'antimafia, secondo i giornali isolani ma anche secondo il nobile Corriere.

E Francese, e De Mauro, e Alfano, e quelli di Portella? La mafia, secondo i giornalisti siciliani, non ha mai ucciso quasi nessuno. Qualcuno è morto sì, ma perché irrispettoso o caustico o, peggio di tutto, comunista. In quasi tutti i casi la verità vien fuori grazie a pochissime persone (Umberto Santino per Impastato, I Siciliani per Fava, ecc.), contro la stampa “perbene” e nell'indifferenza della maggior parte dei siciliani.

L'omertà della stampa rincretinisce sempre più i lettori, che essendo rincretiniti vogliono una stampa sempre più omertosa. Questo circolo vizioso, che una volta era tipicamente siciliano, adesso è felicemente nazionale, e produce i governi. La rozza Sicilia, riducendola al proprio livello, s'è infine così vendicata della civile Lombardia. Sicilia capta probum victorem smerdavit.

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La questione dell'informazione (disinformazione scientifica, propaganda) qui e ora è la più importante di tutte, senza paragone. E' lei che fa Cosa Nostra e Berlusconi. E' lei ha creato i Bossi e i Ciancimino (ma qualcuno sa più chi era fra i politici Ciancimino? E qualcuno nota più cosa veramente dice Bossi?), lei che accoltella o affoga in mare gli emigranti, lei che un tempo sparava ai sindacalisti. I politici vengono dopo, si limitano a raccogliere i frutti di ciò che l'”informazione” ha seminato.

Non è una situazione riformabile dall'interno. L'informazione ufficiale nel suo complesso, tecnologie o non tecnologie, può forse peggiorare (non ha ancora proposto, ad esempio, la sterilizzazione degli zingari o il lavoro forzato nei centri-lager) ma non può migliorare assolutamente, salvo che in individui singoli e pronti a finir male.
Perciò siamo tanto fanatici dei nostri pochi giovani e della nostra poca e povera libera informazione. Son pochi, ma esistono. Potrebbero attraversare il ventennio – 1994-2014: vent'anni – come fu attraversato il primo. Debbono rafforzarsi, debbono collegarsi, debbono – Gobetti – cercare lo scontro senza illusioni, non l'ottimismo.

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Le cose, qui in Italia, vanno come in fondo sono sempre andate. C'è piazza Venezia piena, c'è il duce, c'è la difesa della razza, ora c'è anche Claretta. Che buon popolo buffo saremmo stati, se in mezzo ai gerarchi panzoni, ai professori con tessera e ai tengo-famiglia non ci fosse anche quel cinque-dieci per cento di nazisti fanatici, di incamiciati sbraitanti, di assassini. Avrebbe potuto essere una commedia italiana, una delle tante: così invece, se non succede qualcosa (ma cosa?), finirà prima o poi in dramma, alla croata. San Libero 382

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