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LA VISIONE DEL MONDO E DELLA REALTA’

Il “significare attivo” del soggetto

Il disagio risulta dilagante in ogni situazione e tra i diversi ruoli degli attori sociali che operano con ragazzi a rischio in contesti ambientali, in situazioni, spazi e tempi che creano disagio. Anche il disagio del docente interagisce con le difficoltà degli studenti, per cui si crea una realtà complessa nel fare scuola. L’appartenenza al gruppo dei pari è estremamente connaturale all’età adolescenziale. All’interno dei gruppi giovanili si costruisce l’identità adolescenziale nella maturazione della sfera psicologica, affettiva e cognitiva che condurrà verso la soggettività piena. Il gruppo di pari ha subito trasformazioni attraverso il tempo, mantenendo la funzione di contenitore psichico collettivo con la percezione dell’identità soggettiva che giunge a compimento quando la percezione di sé si integra con il riconoscimento da parte degli altri. L’adolescenza rappresenta un legame tra vari continua esistenziali e momenti apicali vissuti anche in passaggi transgenerazionali.

L’interpretazione della realtà

Ogni individuo in quanto soggetto vivente e pensante rivela nell’intenzionalità della coscienza, nella propria capacità di investire di senso e significato il mondo naturale e sociale, la sua caratteristica essenziale. Un primo modo tramite cui l’attività intenzionale della coscienza si traduce nel “significare il mondo”, la coscienza diviene punto di vista, tracciando figure rilevanti di vari aspetti del reale. Il riconoscimento dell’Altro come alter-ego, garantisce che il mondo sia oggettivo. La genesi del mondo per sé si alimenta sempre nella concezione del mondo per tutti, la personale visione del mondo si staglia su uno scenario intersoggettivo, ma a questo scenario ritorna per confermarlo, per modificarlo, per smentirlo, per trascendere continuamente i confini e le resistenze. La famiglia, l’ambiente sociale e culturale, il momento storico in cui la vita di un individuo ha inizio e si svolge, propongono regole implicite di interpretazione della realtà, un insieme di significati e valori condivisi. La storia del soggetto ha un passato essenzialmente intersoggettivo e interrelazionale e rinvia ad un continuo intrecciarsi di genesi attive e passive. Il “significare attivo” del soggetto comincia da un mondo già connotato, ma va oltre quelle caratteristiche e se la capacità di andare oltre è a sua volta vincolata alla capacità intenzionante dell’altro, non ne è una riedizione. L’attività intenzionale opera per scarti continui, eccedendo sempre la sua matrice intersoggettiva.
Lo sviluppo del soggetto si iscrive dunque in una rete di autonomie e dipendenze. Lo sforzo educativo e rieducativo dovrebbe infatti dirigere il soggetto verso la progressiva conquista della sua coscienza come costrutto intenzionale, verso la consapevolezza della sua capacità di intenzionare attivamente il mondo. La relazione educativa quale comunicazione intersoggettiva e trasmissione culturale di valori è centrale nell’indirizzare il processo di formazione della soggettività. L’intervento pedagogico, recuperando la centralità insita in ogni azione educativa, può indirizzarla all’orientamento del soggetto verso l’adeguamento di quel livello di esistenza chiamato soggettività.

L’azione educativa e la capacità di “significare” il mondo

Occorre riconoscere che ciascun individuo, proprio per la sua capacità di intenzionare si costruisce una propria visione del mondo. Giungere alla consapevolezza del proprio contributo nella costruzione della personale esistenza, significa considerare ogni individuo nella sua singolarità e nell’origine del senso che si attribuisce al mondo in cui ogni ragazzo è continuamente implicato. Se ogni individuo contribuisce alla sua visione del mondo che sia la motivazione cardine del suo agire sociale, l’individuo stesso sarà dunque radice responsabile delle sue parole, delle sue azioni, delle sue emozioni. Educare e ri-educare non significano perseguire l’onnipotenza del soggetto o liberarlo dalle dipendenze naturali, storiche e culturali, significa portarlo alla consapevolezza della sua autonomia entro quelle dipendenze, le possibilità di autodeterminazione entro le determinazioni, ma anche renderlo consapevole delle responsabilità che gli derivano dal suo essere soggetto attivo nel mondo e con gli altri. L’azione educativa si dispiega sul soggetto in formazione come strumento di apertura verso la realtà oggettiva, attribuendo modalità di ricerca di senso e significato nel mondo che risulta imprescindibile dalla conoscenza di sé in rapporto al proprio essere e in relazione con gli altri che interagiscono nell’essere, in sé e per sé, all’interno della realtà data. Nell’agire pedagogico è insita una sensibilità verso la libertà personale dell’educando e aperta alla prospettazione di orizzonti e punti di vista, di valori non stereotipati, ma costruiti e ripensati durante quell’incontro intersoggettivo della relazione educativa. Il rapporto pedagogico per essere autentico deve fondarsi su una reale comunicazione con l’altro, nella comunicazione come interscambio. L’educazione e la costituzione della soggettività sono legate da un’intima relazione in quanto premessa indispensabile all’analisi del problema del disagio dei giovani difficili e allo studio dei modi e dei fini che sono pertinenti alla loro educazione

Bibliografia:

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Bertolini P., L’esistere pedagogico, La Nuova Italia, Firenze1990
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Merleau-Ponty M., Fenomenologia della percezione, Giunti e Barbera, Firenze
Palmonari A., Identità imperfette, Il Mulino Bologna
WinnicottD.W., Sviluppo affettivo e ambiente, Armando, Roma 1989
Zanelli P., Uno sfondo per integrare, Cappelli, Bologna

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