TERREMOTO: LEGNINI, UN DECRETO PIENO DI PROMESSE NON MANTENUTE

Miglioramenti solo grazie a pressioni Pd. Voto d'astensione pieno d'amarezza
“Dopo le tante dichiarazioni del presidente del Consiglio sul terremoto in Abruzzo si è avuta la conferma che quanto detto non corrispondeva alla verità”. Lo ha detto il sen. Giovanni Legnini in dichiarazione di voto per il gruppo del Pd.
“Non è vero infatti – ha proseguito – che l'emanazione del decreto era avvenuto in tempi più ristretti delle occasioni precedenti. Non erano vere neanche le cifre che i vertici del governo fornivano all'opinione pubblica e ai cittadini terremotati, ansiosi allora come oggi di conoscere la loro sorte, il futuro delle loro famiglie, delle loro attività economiche e lavorative. Dei 150.000 euro e degli 80.000 euro non c'era traccia sul decreto. Non erano veri e certi gli 8 miliardi in tre anni: 3.165 mdl erano e sono rimasti stanziati a rate dal 2010 al 2032; 4,5 mld erano stati attinti dalle risorse destinate al sud del Paese, già destinate a combattere un'altra emergenza, quella economica e sociale, a valere in gran parte sui famosi FAS da spendere nell'arco temporale 2007/2013”.
“Si è scoperto, e non ci voleva molto – ha aggiunto il senatore del Pd – che non veniva garantita la ricostruzione integrale della prima casa (per non parlare di quelle secondarie e degli edifici destinati ad attività produttive e di servizi, degli edifici storici e dei beni culturali, degli edifici pubblici per i quali vi siano mere enunciazioni di principio). Le proteste dei cittadini e la forte iniziativa del Pd e delle altre opposizioni, uniti all'imbarazzo della maggioranza e del Governo, hanno determinato questa importante conquista”.
“Volevamo norme chiare e determinate ma le chiusure del centrodestra lo hanno impedito – spiega – Abbiamo chiesto il finanziamento almeno dei primi interventi di riparazione e ricostruzione di aziende ed uffici privati e pubblici per far ripartire l'economia e i servizi; la ricostruzione delle case ulteriori, dei palazzi storici per far rinascere i centri storici; le risorse per colmare le voragini finanziare degli enti locali e delle aziende pubbliche; le risorse per l'Università e la scuola, che non sanno come riavviare le loro attività. Nessuna di queste richieste minimali è stata accolta. Volevamo che i titolari dei poteri locali scelti dai cittadini fossero i protagonisti della ricostruzione, i costruttori del futuro delle loro comunità. Dal governo solo parole, impegni generici per il futuro e null'altro”.
“Ci rimane quindi molta amarezza – ha concluso Legnini – per le promesse non mantenute e per l'occasione mancata. Dall'inizio di questo dramma, il più grave dopo il terremoto dell'Irpinia, ci siamo imposti misura e senso di responsabilità. Ci siamo assegnati l'imperativo di tenere a mente sempre e solo l'interesse di quelle popolazioni e di quei territori. Continueremo a farlo senza sosta. Questo senso di responsabilità non ci ha impedito e non ci impedisce di formulare un giudizio negativo che giustificherebbe un voto contrario a questo provvedimento pasticciato e gravemente lacunoso. E invece ci siamo astenuti solo perché vogliamo mantenere aperta una speranza, la speranza di ottenere alla Camera ciò che al Senato non si è voluto accogliere e riconoscere, la speranza che futuri provvedimenti possano risolvere i tanti enormi problemi non risolti. Questo è il terremoto che è stato trattato peggio di tutti gli altri. Altro che record mondiale”.

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