GLI IDEALI UTOPICI E L’INSEGNAMENTO DEL PASSATO

La cultura d’opposizione, la realtà attuale e il confronto critico

Recensione al libro di Romano Madera, L’animale visionario. Elogio del radicalismo, Il Saggiatore, Milano 1999

Davvero ci si chiede se la cultura di opposizione attualmente ha fallito e se la realtà che ci circonda è davvero così perfetta da non necessitare alcun confronto critico. Gli ideali utopici hanno ancora molto da trasmetterci e si deve salvaguardare l’insegnamento del passato: gli ideali non sono più norme infallibili e rigide, ma guide per scoprire la nostra natura spirituale, per costruire una società più giusta.

Il Novecento dei movimenti

Un fenomeno sembra imporsi per la sua unicità, i gruppi sociali esclusi dal dominio politico si sono organizzati per conquistarlo e per la prima volta la protesta ha creato istituzioni con lo scopo di rivendicare diritti e promuovere la partecipazione al potere degli esclusi e dei sottomessi.
Il movimento delle lotte operaie:
nelle nazioni più progredite quelli che attualmente riteniamo diritti scontati, sono risultati delle richieste e dei programmi delle organizzazioni dei lavoratori: il suffragio universale, la libertà di costituire partiti e sindacati, il diritto all’istruzione, le vacanze pagate.
Parità dei diritti:
la convinzione che differenze razziali, culturali, religiose, di genere siano interne alla specie umana, percepita come unica e uguale nei diritti fondamentali è anch’essa il risultato di una secolare lotta di emancipazione delle nazionalità oppresse. Anche qui il legame fra lotta al colonialismo e ispirazione comunista è macroscopico: le pari dignità d’esistenza non sono state raggiunte in virtù di una concessione di qualche élite, ma sono state imposte con la forza e strappate.
La differenziazione:
attualmente pare che la diversificazione delle culture si riveli per noi, oggi popolo unico, la maledizione di un passato che non vuole scomparire. Al contrario si dovrebbe far agire la tendenza alla differenziazione, non per assicurarsi la sopravvivenza contro altri gruppi umani, ma a partire da un patto di equilibrio e di pace che assicuri una convivenza comune.
Autorealizzazione individuale e solidale:
la tendenza alla differenziazione dovrebbe avere un aspetto più fine giungendo all’individuazione le cui tracce sono visibili ad esempio nella cura di sé, non per narcisismo, e nelle pratiche religiose come cura dell’irripetibilità del singolo.
Il capitalismo globale

Con l’espressione Capitalismo Globale si intende innanzitutto la mercificazione universale ovvero il fatto che i nostri rapporti reciproci e l’interrelazione con la natura avvengono esclusivamente in forme mercificatorie.
Non solo i prodotti del lavoro, ma le stesse forze di produzione dipendono dai movimenti delle merci sul mercato: la specializzazione imposta dal mercato porta alla frammentazione dei processi lavorativi e inoltre la mondializzazione del mercato dei capitali ha apportato il colpo decisivo al già tramontante potere degli stati, alla possibilità di influenzare con le politiche statali il corso degli avvenimenti. Altra caratteristica del capitalismo globale è la fine dell’indipendenza degli stati dato che la loro politica economica diventa pura esecuzione di ricatti finanziari al fine di ottenere crediti.
Al mosaico delle caratteristiche del capitalismo globale occorre aggiungere lo sfruttamento planetario della natura, la cancellazione delle differenze sessuali, il dominio del patriarcato viene sostituito dal dominio della neutralità sessuale, una norma uguale per tutti che ha come rappresentanti preferenziali soggetti maschili, ma che non presuppone più come immediatamente dominanti e la riduzione di tutte le culture a mercato di un’unica rete di informazione-spettacolo.

Le tendenze della società capitalistica

Si vuole indicare una configurazione culturale tramite la quale tentare di cogliere le costanti del capitalismo moderno; si tratta di una variazione interpretativa sui temi di Weber per dare conto alla genesi del capitalismo e di Marx per esprimere le tendenze permanenti.
L’ascetismo, del quale parla l’autore, è volto al mondo dell’aldiqua: lavorare per dimostrare il proprio segno di elezione conduce al lavoro per il lavoro. Da qui l’assurdità di un’attività economica che occupa la specializzazione e le collocazioni precise, ma, al contrario quella che si definisce nel testo “sincretismo biografico”, ovvero la difficile arte di tenere insieme gli spezzoni di tempo, lavori, esperienze di luoghi in cui l’esperienza del soggetto è frammentata. Un tratto sembra caratterizzare le nuove forme di resistenza ossia che esse si muovono dal basso, tra le pieghe del territorio: ai processi che intendono contrastare oppongono la propria concretezza e densità, il proprio stare nelle cose senza trasformarsi in esse.
E questo aspetto, le relazioni territoriali, la contiguità con la vita nella sua quotidianità, è forse un segreto di possibile successo: un modello di alterità da vivere, non da edificare che fa del volontariato una delle potenziali uscite di sicurezza del Novecento.

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