Gentile Vittorio Feltri,
leggendo il suo editoriale di oggi 16 aprile sulla vicenda della sospensione del vignettista Vauro alla Rai, c'e' un “passaggio” che mi ha lasciato perplesso e stupito:
“I giornalisti del servizio pubblico hanno l'obbligo di rispettare gli abbonati, la loro sensibilita' e le loro idee, non dimenticando mai che sono al servizio di quanti pagano il canone e non i padroni dello studio, delle telecamere….”.
La questione non e' come lei scrive. Restando nell'ambito del suo argomentare, i giornalisti non avrebbero l'obbligo verso gli abbonati e non sarebbero al servizio di quanti pagano il canone, ma sarebbero obbligati e al servizio dello Stato.
Come lei sa, l'abitudine di chiamare abbonati coloro che pagano l'imposta di possesso di un apparecchio atto a ricevere trasmissioni tv (anche se la Rai non la vedono mai), e' foriera di confusione, fraintendimenti e dissapori. I giornalisti hanno un contratto con una societa' di proprieta' dello Stato ed e' a questo che dovrebbero far fede: tra loro e i contribuenti che pagano questa imposta c'e' il medesimo rapporto che, per esempio, intercorre tra chi paga l'Iva e un dipendente di un qualunque ufficio statale.
Il rapporto diretto e “missionario” che lei indica nel suo editoriale, anche se siamo in un periodo di tentativo di unita' nazionale contro i disastri della stessa Nazione, contrattualmente non esiste. Forse potrebbe esistere professionalmente, ma questo e' un altro discorso.
Se avra' voglia e tempo, potra' approfondire quanto le dico sull'ampia documentazione in merito che abbiamo sul nostro sito Internet e che ci serve come grimaldello per la battaglia abolizionista di questa imposta:
Grazie dell'attenzione e buon lavoro
Vincenzo Donvito
presidente Aduc (associazione per i diritti degli utenti e consumatori)