Sono solo decine le cifre dei morti che non coincidono tra Gaza e Israele, più di 1300 in ogni caso e mi tengo sotto per difetto: non sono numeri da giocare al lotto. Una cifra in ogni caso è incontestabile: *Durante l’ultima offensiva israeliana contro la Striscia di Gaza, Vittorio Arrigoni è stato l’ unico italiano che, in qualità di testimone oculare, sia riuscito a raccontare – dalle colonne del Manifesto – gli orrori, le sofferenze e le conseguenze dell’operazione Piombo fuso*. Lascio parlare lui:
Cari Hermanos, il nostro adagio “Restiamo umani”, diventa un libro.
E all’interno del libro il racconto di tre settimane di massacro, scritto al meglio delle mie possibilità, in situazioni di assoluta precarietà, spesso trascrivendo l’inferno circostante su un taccuino sgualcito piegato sopra un’ambulanza in corsa a sirene spiegate, o battendo ebefrenico i tasti su di un computer di fortuna all’interno di palazzi scossi come pendoli impazziti da esplosioni tutt’attorno.
Vi avverto che solo sfogliare questo libro potrebbe risultare pericoloso, sono infatti pagine nocive, imbrattate di sangue, impregnate di fosforo bianco, taglienti di schegge d’esplosivo. Se letto nella quiete delle vostre camere da letto rimbomberanno i muri delle nostre urla di terrore, e mi preoccupo per le pareti dei vostri cuori che conosco come non ancora insonorizzate dal dolore.
Mettete quel volume al sicuro, vicino alla portata dei bambini, di modo che possano sapere sin da subito di un mondo a loro poco distante, dove l’indifferenza e il razzismo fanno a pezzi loro coetanei come fossero bambole di pezza.
In modo tale che possano vaccinarsi già in età precoce contro questa epidemia di violenza verso il diverso e ignavia dinnanzi all’ingiustizia. Per un domani poter restare umani.
I proventi dell’autore, vale dire Vittorio Arrigoni, me medesimo, andranno INTERAMENTE alla causa dei bambini di Gaza sopravvissuti all’orrenda strage, affinché le loro ferite possano rimarginarsi presto (devolverò i miei utili e parte di quelli de Il Manifesto al Palestinian Center for Democracy and Conflict Resolution, sito web: , per finanziare una serie di progetti ludico-socio-assistenziali rivolti ai bimbi rimasti gravemente feriti o traumatizzati ).
Nonostante offerte allettanti come una tournee in giro per l’Italia con Noam Chomsky, ho deciso di rimanere all’inferno, qui a Gaza. Non esclusivamente perché comunque mi è molto difficile evacuare da questa prigione a cielo aperto (un portavoce del governo israeliano ha affermato :”e’ arrivato via mare, dovrà uscire dalla Striscia via mare”), ma soprattutto perché qui ancora c’è da fare, e molto, in difesa dei diritti umani violati su queste lande spesso dimenticate.
Non avremo certo gli stessi spazi promozionali di un libro su Cogne di Bruno Vespa o una collezione di lodi al padrone di Emilio Fede, da qui nasce la mia scommessa, sperando si riveli vincente.
Promuovere il mio libro da qui, con il supporto di tutti coloro che mi hanno dimostrato amicizia, fratellanza, vicinanza, empatia. Vi chiedo di comprare alcuni volumi e cercare di rivenderli se non porta a porta quasi, ad amici e conoscenti, colleghi di lavoro, compagni di università, compagni di volontariato, di vita, di sbronza. E più in là ancora, proporlo a biblioteche, agguerrite librerie interessate ad un progetto di verità e solidarietà. Andarlo a presentare ai centri sociali e alle associazioni culturali vicino a dove state.
Si potrebbero organizzare dei readings nelle varie città, (io potrei intervenire telefonicamente, gli eventi sarebbero pubblicizzati su Il Manifesto, sui nostri blog e aggiro per internet) e questo potrebbe essere anche una interessante occasione per contarsi, conoscersi, legarsi. Non siamo pochi, siamo tanti, e possiamo davvero contare, credetemi.
Il libro lo trovate fin d’oggi nelle edicole con Il Manifesto, e fra due settimane nelle librerie.
Confido in voi, che confidate in me, non per i morti ma per i feriti a morte di questa orrenda strage. Un abbraccio grande come il Mediterraneo che separandoci, ci unisce. Restiamo umani.
vostro mai domo
Vik
“Questo libro è un progetto verità”, ci spiega Vittorio che abbiamo raggiunto a Gaza, “dato che si dice che la verità è la prima vittima di ogni guerra, in effetti a Gaza è stato così. Un progetto affinchè si venga sapere cosa di tragico è avvenuto e perchè una cosa del genere non si ripeta più”.
[ audio ]
Link
Blog di Vittorio Arrigoni
“Pacifista dell’International solidarity movement, scrittore e autore del blog guerrilla radio, durante le tre settimane di bombardamenti scattati il 27 dicembre scorso, Arrigoni ha aiutato i paramedici palestinesi a soccorrere i civili e ha raccolto le storie della popolazione con cui tuttora vive. Ha rappresentato una voce unica, in un panorama
informativo quasi completamente azzerato dalla censura israeliana, che ha vietato alla stampa l’accesso alla Striscia per tutta la durata delle operazioni militari. Il ruolo della propaganda di guerra e il coinvolgimento di civili
innocenti sono tra i temi centrali delle riflessioni di Arrigoni, che abbiamo raccolto in forma di diario nel volume “Gaza. Restiamo umani” (pp. 128, euro 7), con prefazione di Michele Giorgio e postfazione di
Tommaso Di Francesco. Il libro sarà in edicola e in libreria dal 20 marzo”.
Di seguito invio alcune informazioni raccolte in questi giorni sul Tema: i palestinesi arrestati nel solo 2009, il lancio del Tribunale Russel a Bruxelles, i racconti di guerra dei soldati israeliani , pubblicati su Haaretz nell’ultimo attacco israeliano per tre settimane nella Striscia di Gaza. Perchè come dice Vik: poco importa se ci denigrano come antiisraeliani, o peggio filoterroristi, banditi . Non importa specie se pensiamo che bandito, terrorista era tacciato Ghandi, seduto sui binari delle ferrovie inglesi, Martin Luther King che occupava le scuole proibite ai neri. (Guerrilla Radio)
Doriana Goracci
Da Infopal: Più di 1000 palestinesi arrestati dall’inizio del 2009 Il numero dei detenuti ha così superato gli 11 mila, distribuiti in sole 25 strutture carcerarie…Di questi, 200 sarebbero avvenuti nella Striscia di Gaza durante l’ultima guerra, 30 a Gerusalemme e il resto in Cisgiordania. In quest’ultima area si contano 9 donne e più di 100 bambini sequestrati, in aggiunta alle centinaia di palestinesi accusati di non avere i permessi di lavoro”
Il 4 marzo a Bruxelles : “Oggi è stato lanciato il tribunale Russell sulla Palestina, ad una conferenza stampa presieduta dall’ambasciatore francese Stéphane Hessel”.Come iniziatori, Ken Coates, Presidente della fondazione Bertrand Russell per la pace; Leila Shahid delegata Générale della Palestina presso l’Unione Europea, del Belgio e del Lussemburgo; e Nurit Peled, Premio Sacharow per la Libertà di Pensiero, hanno presentato la cronistoria e le ragioni che li hanno condotti a richiedere la costituzione di questo tribunale. In nome del Comitato Organizzatore, l’ex senatore belga Pierre Galand ne ha spiegato il funzionamento. Fra il centinaio di personalità internazionali che hanno accettato di patrocinare quest’iniziativa, i sig. Ken Loach, Paul Laverty, Raji Surani, Jean Ziegler, François Rigaux, Jean Salmon e François Maspero hanno tenuto ad essere presenti per esprimere il loro sostegno. Nella linea del tribunale Russell sui crimini di guerra in Vietnam, il tribunale Russell sulla Palestina è un atto cittadino che mira a ribadire il primato del diritto internazionale come base di regolamento del conflitto Israeliano-palestinese, e destare la coscienza sulla responsabilità della Comunità Internazionale nella perpetrazione del rifiuto del diritto del popolo palestinese.
Nel suo funzionamento, il tribunale Russell sulla Palestina si baserà su comitati di esperti e di testimoni, incaricati di stabilire i fatti e gli argomenti giuridici che saranno sottoposti al tribunale. Alcuni comitati nazionali d’appoggio si assumeranno la preparazione di relazioni di perizia, garantiranno la mobilizzazione popolare e mediatica attorno al progetto e lo sviluppo dei mezzi ed alle risorse del tribunale. Si può già contare su forti appoggi che provengono dall’Inghilterra, la Francia, il Belgio, la Spagna, la Svizzera, l’Austria, i Paesi Bassi, il Portogallo, l’Irlanda, il Libano, l’Algeria, l’Australia, l’Italia, il Sudafrica, l’Egitto e, certamente, dalla Palestina e da Israele. Altri contatti sono in corso perché la costituzione di comitati sia estesa ad altri paesi e continenti.
Una volta i dossier a carico costituiti ed i testimoni ascoltati, le sessioni del tribunale saranno organizzate inizio 2010 in molte grandi capitali. Una giuria composta da persone conosciute e riconosciute per le loro alte qualità morali sarà allora incaricata di prendere conoscenza dell’insieme delle relazioni, di intendere i testimoni a carico ed a discarico. Questa giuria enuncerà le conclusioni che, ne siamo persuasi, comporteranno un’ampia adesione dell’opinione pubblica internazionale, e da qui, delle istanze decisionali politiche, in attesa di contribuire ad una pace giusta e duratura nel Medio Oriente.
Contatto tel/fax: 00 32 (0) 2 2310174
Tel. portatile: 00 32 (0) 479 12 95 32
e-mail: trp_int@yahoo.com
web: www.russelltribunalonpalestine.com
Tribunale Russell sulla Palestina
Il testo:
La guerra recentemente condotta dal governo e l’esercito israeliano nella striscia di Gaza, già vittima di un blocus, rimette in evidenza la responsabilità degli Stati Uniti e dell’Unione Europea nella perpetrazione dell’ingiustizia fatta al popolo palestinese, privato dei suoi diritti fondamentali. C’è l’urgenza di mobilitare le opinione pubblica perché le Nazioni Unite e gli Stati membri adottino le misure indispensabili per porre fine all’impunità dello Stato di Israele, e per arrivare in una fine giusta e duratura di questo conflitto.
All’appello delle tre personalità Ken Coates, Nurit Peled e Leila Shahid, e sotto la garanzia di un centinaio di personalità a livello internazionale riconosciute, si è così deciso di organizzare un tribunale Russell sulla Palestina.
Fondato sul parere della Corte Internazionale di Giustizia del 9 luglio 2004 e le risoluzioni pertinenti dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, questo tribunale Russell sulla Palestina è un’iniziativa popolare, che si propone di rimettere il diritto internazionale al centro della questione Israeliano-Palestinese.
Oltre alla evidente responsabilità israeliana, si tratta di dimostrare in quale misura gli stati terzi ed organizzazioni internazionali sono complici, con la loro passività e/o con il loro sostegno attivo, delle violazioni dei diritti del popolo palestinese commesse da Israele, e del fatto che questa situazione perdura e peggiora.
Si tratterà successivamente di stabilire come questa complicità dà luogo a delle responsabilità internazionali.
L’organizzazione di un tribunale Russell sulla Palestina, con modalità di funzionamento decentrate, delle udienze pubbliche, risponde anche all’obiettivo di realizzare una vasta arringa, in gran parte mediatica. L’organizzazione di un tribunale Russell non avendo carattere ufficiale, la portata delle sue affermazioni e le sue conclusioni si basa sulla sua capacità di mobilitare l’opinione pubblica che farà, a sua volta, pressione sui governi per ottenere i cambiamenti politici indispensabili alla realizzazione di una pace giusta e duratura nel Medio Oriente.
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Pubblicati su Haaretz. Disprezzo per i palestinesi, culto della
forza fisica, regole d’ingaggio super-elastiche, “piombo fuso”
Racconti shock dei soldati israeliani
“Così a Gaza abbiamo ucciso civili”
E il ministero della Difesa apre un’inchiesta
dal nostro corrispondente ALBERTO STABILE
GERUSALEMME – Eccoli i racconti di guerra, l’ultima, combattuta per tre
settimane nella Striscia di Gaza. Racconti che non si vorrebbero mai
sentire. Perché non soltanto non c’è niente di eroico, ma c’è molto di
raccapricciante e di moralmente rivoltante, in un tiratore scelto che
spara su una madre e i suoi due bambini che hanno sbagliato strada,
perché così vogliono le regole d’ingaggio, o in un soldato che fa fuoco
su una vecchia che cammina smarrita, o su altri giovani in divisa che
abusano della loro forza per danneggiare, deturpare, offendere una
popolazione civile palestinese che, in fin dei conti, viene considerata
tutt’uno con il nemico combattente.
Questo e molto altro ancora lo si è appreso non dalla propaganda
palestinese, ma dai racconti dei diretti interessati, decine di allievi
dell’accademia Yitzhak Rabin, convenuti lo scorso 13 febbraio per
discutere le loro esperienze nell’ambito dell’Operazione “Piombo fuso”.
Racconti duri, pesanti come macigni, capaci creare molto imbarazzo ai
vertici delle forze armate. Al punto che il procuratore militare, quasi
a voler bilanciare l’inevitabile scalpore con un gesto rassicurante, ha
deciso di rendere pubblica la decisione di aprire un’inchiesta.
È stato Haaretz a svelare i contenuti di quella riunione. Ma il merito
di aver fatto scattare l’allarme su tutto ciò che queste testimonianze
implicano, va al direttore del programma pre-militare dell’accademia,
Danny Zamir, che, sentiti i resoconti fatti dai giovani ma già esperti
allievi, s’è rivolto direttamente al Capo di Stato maggiore, Gaby
Ashkenazy.
“C’era un casa con dentro una famiglia – ricorda il comandante di una
piccola unità di fanteria – . Ordinammo alla famiglia di stare tutti in
una stanza. Poi ce ne andammo e arrivò un nuovo plotone. Dopo alcuni
giorni venne l’ordine di rilasciare la famiglia. Avevamo messo un
tiratore scelto sul tetto. Il comandante rilasciò la famiglia, dicendo
loro di andare verso destra, ma dimenticò di avvertire il tiratore
scelto che quella gente veniva liberata e che era tutto ok, e non
avrebbe dovuto sparare”. Anziché a destra, la madre coi due figli
prende a sinistra. Il cecchino li vede avvicinarsi alla linea che,
secondo quanto gli era stato detto, nessuno avrebbe dovuto
oltrepassare. Così “ha sparato subito, uccidendoli”.
“Non credo – continua la testimonianza – che si sia sentito troppo
male. L’atmosfera generale, da quello che ho capito parlando coi miei
uomini, era, come dire, che le vite dei palestinesi sono molto, molto
meno importanti delle vite dei nostri soldati”.
Regole d’ingaggio assai elastiche, “disprezzo sfrenato”, culto della
forza fisica, il pregiudizio che “i palestinesi sono tutti terroristi”,
questa la miscela esplosiva che ha portato agli eccessi che le
organizzazioni umanitarie hanno denunciato come crimini di guerra.
Un’accusa che Israele ha respinto, ribattendo che le perdite tra i
civili palestinesi sono state causate dal fatto che i miliziani di
Hamas si facevano scudo della popolazione che affolla i centri abitati,
nel cuore dei quali, però, l’esercito israeliano non ha esitato ad
adoperare una potenza devastante.
Qui tuttavia non si parla né di bombe al fosforo né di altri micidiali
ordigni sconosciuti. Si parla, per quanto possa sembrare fuori logo
trattandosi di una guerra, di morale. Non è un caso che il ministro
della Difesa, Ehud Barak, si sia precipitato a ribadire che l’esercito
israeliano “è la forza armata più morale che esista al mondo”.
Aggiungendo che, al massimo, quelli da chiarire sono “episodi
individuali”.
Non la pensano così, invece, i protagonisti dei racconti. A parte
alcuni casi di fuoco senza avvertimento contro civili, un comandante
descrive alcuni episodi di vandalismo. “Scrivere “morte agli arabi” sui
muri (delle case occupate), prendere le foto di famiglia e sputare su
di esse soltanto perché lo puoi fare, credo che questa sia la cosa più
importante per capire quanto le forze armate israeliane siano
precipitate sul piano della morale”.
(20 marzo 2009)
Foto video e link su