VESTIRSI PER ANDARE A SCUOLA LA LIBERTA E LA PRUDENZA

Vuole per favore spiegare lei a queste madri ignoranti (per non dire peggio) che continuando a mandare in giro le figlie vestite come ragazze “facili” verranno trattate come tali? Ho insegnato 33 anni e negli ultimi sei o sette non sono riuscita a farlo capire neanche alla segretaria della mia scuola. Naturalmente questo non vuole essere una giustificazione per i violentatori, ma se si lascia la porta aperta, i ladri entrano anche se non è giusto.

Anna Alessio, | annaalessio01@alice.it

Cara Signora, All'inizio degli anni Ottanta una ragazza che prendeva il sole nuda su una spiaggia calabrese fu aggredita e violentata. L'episodio, allora molto più raro, suscitò allarme e indignazione. Il giornale per cui scrivevo occasionalmente mi chiese di commentarlo. Feci qualche inevitabile considerazione sociologica sul mutamento dei costumi sessuali e dissi che le donne avrebbero fatto bene a dar prova di una certa prudenza, soprattutto nel modo di vestire e nei loro pubblici comportamenti. L'articolo non piacque ad alcuni dei miei lettori. Qualcuno mi rimproverò un atteggiamento conservatore e bigotto. Altri sostennero che le mie considerazioni nascondevano una posizione obiettivamente ostile alla emancipazione femminile e aggiunsero che le donne dovevano poter fare un libero uso del loro corpo. Ame sembrò che in quegli argomenti vi fosse una contraddizione. Capisco che la donna sia stanca di recitare con modestia e discrezione la parte della madre, dell'amante, dell' “angelo del focolare”, e altri simili luoghi comuni della ipocrita retorica maschile. Non è, non deve essere trattata alla stregua di un “oggetto sessuale”. Ma perché, allora, cedere alla tentazione di fare un uso ostentato delle sue attrattive, vale a dire di quelle che sono state le sue maggiori risorse in tempi nei quali non poteva essere “eguale”? Tutti, uomini e donne, desideriamo piacere. Ma vi sono luoghi e occasioni in cui i comportamenti dovrebbero essere più discreti e professionali. Una donna in ufficio o una ragazza a scuola sono forse meno libere se evitano di distrarre i loro colleghi lanciando segnali disinibiti? O non sono forse più libere di fare bene il loro lavoro e i loro studi? Mi resi conto che questi ragionamenti non “passavano “. Eravamo entrati in una fase storica in cui la minigonna, il topless e l'ombelico erano diventati bandiere di libertà. Un osservatore dei costumi sociali, soprattutto uomo, avrebbe dovuto comprendere che così andava il mondo e avrebbe fatto bene a non mettersi di traverso. Costretto a scegliere fra la libertà e la prudenza, doveva scegliere la libertà. Ma ho continuato ad avere qualche dubbio, rafforzato dalla sua lettera. Quale dovrebbe essere in queste situazioni il ruolo dei genitori? Hanno maggiore esperienza. Sanno che la vita non è priva di rischi: il ladro, lo scippatore, il drogato, il balordo, il ragazzo abituato nel suo Paese ad altri costumi e stili di vita. Perché non spiegano alle loro figlie che il miglior modo per ridurre i rischi è quello di cercare, per quanto possibile, di evitarli? So che non è possibile confrontare le famiglie d'oggi a quelle di una o due generazioni fa. I ragazzi sono ora soggetti a sollecitazioni e influenze che entrano nella loro vita attraverso tre canali (la televisione, il cellulare e il computer) che sono ormai i compagni quotidiani della loro esistenza. Quello del padre e della madre è diventato un mestiere terribilmente complicato. Ma il loro ruolo non è per questo meno cruciale.

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