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La Svizzera è un «paradiso fiscale»?

In questi giorni la Svizzera sta panicando di fronte all’eventualità di figurare nella «lista nera» dei cosiddetti «paradisi fiscali» che dovrebbe essere approvata dal G20 durante il vertice che si terrà a Londra il prossimo 2 aprile.
Per alcuni leader politici di Stati Uniti, Gran Bretagna e Germania non c’è alcun dubbio, per altri leader europei «è molto probabile» (Nicolas Sarkozy), per altri «non sembra» (Silvio Berlusconi) che la Svizzera debba essere inserita in quella lista.
E’ interessante notare che, tra i grandi leader politici europei, a non aver dubbi sulla serietà del sistema fiscale svizzero è solo Silvio Berlusconi, probabilmente per aver sperimentato che di fronte ad accuse pesanti di frode fiscale, la Svizzera non nega la sua collaborazione fornendo ampia collaborazione. «Per quanto ne so – egli ha detto recentemente – la Svizzera è sempre stata aperta ad offrire informazioni quando le sono state richieste».
La Svizzera ufficiale, governo e partiti politici, si difendono e non sono per nulla intenzionati a fare da capro espiatorio per le deficienze del sistema finanziario internazionale che ha le principali sedi fuori della Svizzera, soprattutto negli Stati Uniti e in Gran Bretagna.
Nell’opinione pubblica, il dibattito sembra concentrarsi sul famoso «segreto bancario svizzero». Per la maggioranza degli svizzeri esso non va toccato. Solo una minoranza ritiene che purtroppo attraverso quella porta entrano in Svizzera ingenti quantità di denaro evaso ed è comprensibile che in tempi di crisi come quello attuale i vari Stati reclamino i «loro» soldi.
In generale si tende a respingere ai mittenti le varie accuse. I «colpevoli» non sarebbero tanto quegli Stati che attraggono i soldi dei cittadini» stranieri, quanto piuttosto quei Paesi che li mettono per così dire in fuga con il loro malgoverno e la loro eccessiva pressione fiscale. Del resto proprio in quei Paesi si registra spesso un’enorme evasione fiscale attraverso l’economia sommersa, ben più consistente del trasferimento di valuta nei cosiddetti «paradisi fiscali».
In molti si domandano inoltre con stupore da che pulpito viene la predica. Se oggi viviamo in piena recessione mondiale non è certo per colpa del segreto bancario svizzero. I veri responsabili andrebbero cercati proprio nei principali accusatori della Svizzera, negli Stati Uniti e nella Gran Bretagna, per non aver controllato a sufficienza i bilanci artefatti dei valori immobiliari americani e non aver saputo valutare la tossicità di quei fondi speculativi noti come Hedge Fund domiciliati in autentici «paradisi fiscali» dell’area anglosassone come le Isole del Canale o le Antille britanniche.
Perché dunque accusare Paesi come la Svizzera di dar rifugio a speculatori e capitalisti senza scrupoli, come se il sistema bancario svizzero permettesse a chiunque di portare qui capitali di qualunque provenienza a fini di riciclaggio? Le banche e le autorità di sorveglianza svizzere sono concordi nel ritenere che oltre a disporre di una delle leggi sul riciclaggio di denaro più moderne al mondo, la Svizzera fornisce assistenza giudiziaria ogniqualvolta uno Stato estero lo richieda per colpire reati finanziari punibili anche in Svizzera.
In realtà, il punto debole della questione non sta tanto nel segreto bancario svizzero, quanto piuttosto nella distinzione che la legislazione svizzera fa tra frode fiscale ed evasione fiscale.
In Svizzera solo la frode fiscale è un reato punibile con pena detentiva, mentre l’evasione fiscale è solo una contravvenzione punita con la multa. In che cosa consiste la differenza? Secondo la legge svizzera, «commette frode fiscale chiunque, allo scopo di conseguire una sottrazione d'imposta e di ingannare le autorità fiscali, fa uso di documenti falsi, alterati o contenutisticamente inesatti, quali libri contabili, bilanci, conti economici o certificati di salario e altre attestazioni di terzi».
Si ha invece evasione fiscale o «sottrazione d'imposta» quando un contribuente «intenzionalmente o per negligenza fa in modo che una tassazione sia indebitamente omessa (ad es. compilando la dichiarazione d'imposta in modo erroneo oppure non compilandola).
Visti i continui attacchi al segreto bancario svizzero, secondo un recente sondaggio la maggioranza degli svizzeri sarebbe favorevole al fatto che la Svizzera collabori con le autorità straniere anche nei casi di evasione fiscale. In effetti, la distinzione tra frode ed evasione fiscale è una peculiarità svizzera, di cui secondo il parere di esperti si potrebbe fare a meno senza che venga intaccato minimamente il segreto bancario, ritenuto da autorità e popolo svizzero irrinunciabile. Anche il presidente dell’Associazione svizzera dei banchieri ha affermato recentemente che la distinzione tra frode ed evasione fiscale non è così evidente e non dovrebbe essere mantenuta in maniera assoluta
Che tale distinzione abbia ancora vita breve sono in molti a prevederlo, soprattutto in seguito alle forti pressioni provenienti sia dall’Unione Europea che degli Stati Uniti. Il Consiglio federale, pur di evitare l’inserimento nella «lista nera» che verrà stilata dal prossimo G20 a Londra – a cui non è stata invitata la Svizzera – sembra intenzionato non tanto a rivedere il sacrosanto «segreto bancario» ma a fare qualche «concessione».
E’ evidente che a questo punto non è né nell’interesse della Svizzera né in quello dell’UE irrigidirsi nelle rispettive posizioni, per cui è prevedibile che la Svizzera non entri nell’elenco dei paradisi fiscali da sanzionare, ma debba sacrificare probabilmente la contestata distinzione tra frode ed evasione fiscale e si impegni a riversare ai Paesi di provenienza dei capitali esteri gestiti in Svizzera le imposte da essi generate.
Giovanni Longu
Berna, 5.3.2009

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